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Ricorso inammissibile per tentata rapina: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentata rapina. I motivi sono stati rigettati in quanto uno verteva su doglianze di mero fatto, non riesaminabili in sede di legittimità, e l’altro era una semplice riproposizione di argomenti già respinti in appello. La Corte ha colto l’occasione per ribadire che il fine di profitto nei reati contro il patrimonio può avere anche natura non patrimoniale. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Perché la Cassazione ha Rigettato un Appello per Tentata Rapina

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione affronta i ricorsi, sottolineando i limiti del suo giudizio e le ragioni che portano a una dichiarazione di ricorso inammissibile. In questo caso, un imputato condannato per tentata rapina ha visto il suo appello rigettato non per il merito delle sue argomentazioni, ma per vizi procedurali e di impostazione del ricorso stesso. Analizziamo la decisione per comprendere meglio i principi applicati.

I Fatti del Caso: dalla Condanna in Appello al Ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la responsabilità penale di un individuo per il reato di tentata rapina. L’imputato, non accettando la condanna, ha deciso di proporre ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di contestazione.

Il primo motivo metteva in discussione la motivazione della sentenza d’appello riguardo alla valutazione della prevedibilità dell’evento da parte dell’imputato, elemento che avrebbe potuto escluderne la punibilità. Il secondo motivo, invece, contestava la ricostruzione degli elementi oggettivi e soggettivi del reato, sostenendo una errata valutazione delle prove da parte dei giudici di merito.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi e li ha giudicati entrambi inammissibili, confermando così la condanna e aggiungendo l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione di tremila euro alla Cassa delle ammende. La decisione non entra nel vivo della colpevolezza o innocenza, ma si concentra esclusivamente sulla correttezza formale e sostanziale del ricorso presentato.

Le Motivazioni della Cassazione: Analisi dei Motivi del Ricorso Inammissibile

La Corte ha fornito una spiegazione dettagliata per la sua decisione, analizzando separatamente i due motivi del ricorso.

Primo Motivo: Le Doglianze di Fatto non Ammesse in Cassazione

Il primo motivo è stato rigettato perché costituito da ‘mere doglianze in punto di fatto’. Questo significa che l’imputato non ha criticato un errore di diritto commesso dalla Corte d’Appello, ma ha tentato di ottenere una nuova valutazione dei fatti del caso. La Corte di Cassazione, tuttavia, non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare le prove (come testimonianze o perizie), ma è un giudice di legittimità. Il suo compito è assicurarsi che la legge sia stata applicata correttamente, non ricostruire gli eventi. Pertanto, qualsiasi tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti è destinato a essere dichiarato inammissibile.

Secondo Motivo: La Reiterazione degli Argomenti e il Concetto di Profitto

Anche il secondo motivo è stato ritenuto inammissibile. La Corte ha osservato che le argomentazioni presentate erano una ‘pedissequa reiterazione’ di quelle già esposte e respinte dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione deve contenere una critica specifica e argomentata alla sentenza impugnata, spiegando perché essa sia errata in diritto. Limitarsi a ripetere le stesse difese senza confrontarsi con le motivazioni dei giudici precedenti equivale a non formulare un vero motivo di ricorso.

Inoltre, la Corte ha rafforzato la decisione dei giudici di merito sul concetto di ‘ingiusto profitto’. Citando una recente sentenza delle Sezioni Unite, ha ricordato che il fine di profitto nei reati contro il patrimonio, come la rapina, non deve essere necessariamente economico. Può consistere in qualsiasi vantaggio o utilità, anche di natura non patrimoniale, che l’autore del reato intende conseguire. Nel caso di specie, l’impossessamento dell’arma era stato correttamente qualificato come fonte di ingiusto profitto.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non è un’ulteriore opportunità per discutere i fatti. Per avere successo, un ricorso deve essere tecnicamente ben impostato, concentrarsi su specifiche violazioni di legge e confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza che si intende impugnare. La decisione sottolinea l’importanza di presentare motivi di ricorso nuovi e pertinenti, evitando la semplice riproposizione di argomenti già valutati, pena una inevitabile dichiarazione di inammissibilità con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano viziati: il primo consisteva in mere doglianze sui fatti, non riesaminabili in sede di legittimità, mentre il secondo era una semplice ripetizione di argomenti già respinti in appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove di un processo?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti o le prove, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità). Le critiche sulla ricostruzione dei fatti sono considerate inammissibili.

Il ‘profitto’ in una tentata rapina deve essere per forza di tipo economico?
No. La Corte, richiamando una sentenza delle Sezioni Unite, ha confermato che il fine di profitto nei reati contro il patrimonio può consistere anche in un vantaggio di natura non patrimoniale. Nel caso specifico, l’impossessamento di un’arma è stato considerato un profitto ingiusto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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