Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9467 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9467 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA
NOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/3/2023 della Corte di appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiarare inammissibili i ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 20/3/2023, la Corte di appello di Brescia confermava la pronuncia emessa il 19/5/2022 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo, con la quale NOME COGNOME e NOME COGNOME erano stati giudicati colpevoli di condotte di cui all’art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, condannati alle pene di cui al dispositivo.
Propongono distinto ricorso per cassazione i due imputati, deducendo i seguenti motivi:
COGNOME NOME:
Inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 73 contestato; violazione dell’art. 125 cod. proc. pen.; mancata assoluzione ed illogicità della motivazione. La Corte di appello avrebbe confermato la condanna con argomento viziato, interpretando in modo frettoloso le conversazioni riportate in sentenza; non vi sarebbe alcuna certezza, peraltro, che l’interlocutore fosse proprio colui che aveva ceduto lo stupefacente. Ancora, la sentenza non avrebbe adeguatamente valutato che la piena paternità della detenzione sarebbe stata assunta dal soggetto che era insieme al ricorrente, e la diversa conclusione accolta dalla Corte appare ispirata all’intento di riscontrare ad ogni costo la tesi dell’accusa. Gl elementi indiziari indicati dai Giudici, pertanto, non apparirebbero sufficienti per ritenere certa o probabile la responsabilità dell’imputato, che avrebbe dovuto essere mandato assolto.
COGNOME NOME:
Inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 73 contestato; violazione dell’art. 125 cod. proc. pen.; mancata assoluzione ed illogicità della motivazione. La Corte di appello avrebbe rigettato il gravame con argomento congetturale e viziato, frutto di una errata interpretazione delle intercettazioni: da tali captazioni, infatti, non emergerebbe in alcun modo: a) che il ricorrente fosse salito in auto con i due cugini NOME ed NOME, alle 11.59, andando con loro a Cinisello Balsamo; b) che il ricorrente, anche ad ammetterlo a bordo, vi fosse rimasto fino all’arrivo a destinazione (considerando che alle 12.19 NOME aveva parcheggiato il mezzo a Stezzano, poi ripartendo alle 14.04 verso Capriate, da solo); c) che i tre avessero acquistato almeno 600 grammi di cocaina per 29.500,00 euro, non risultando alcuna prova a riguardo; d) che, in ogni caso, il ricorrente avesse offerto un qualsiasi contributo causalmente rilevante, rimasto privo di ogni riscontro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. I ricorsi risultano manifestamente infondati.
Al riguardo, occorre innanzitutto ribadire che il controllo del Giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale dell decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247).
4.1. In tal modo individuato il perimetro di giudizio proprio della Suprema Corte, osserva allora il Collegio che le censure mosse al provvedimento impugnato sono inammissibili; dietro la parvenza di una violazione di legge o di un vizio motivazionale, infatti, entrambi i ricorsi tendono ad ottenere in questa sede una nuova ed alternativa lettura delle medesime emergenze istruttorie (intercettazioni) già esaminate dai Giudici di merito, sollecitandone una valutazione diversa e più favorevole, in termini propri di un giudizio di merito.
Il che, come riportato, non è consentito.
La doglianza, inoltre, trascura che la Corte di appello – pronunciandosi proprio sulle questioni qui riprodotte, ossia sull’interpretazione delle conversazioni – ha steso una motivazione del tutto congrua, fondata su oggettive risultanze dibattimentali e non manifestamente illogica; come tale, quindi, non censurabile.
Muovendo dal ricorso proposto da NOME COGNOME, la sentenza ha richiamato le numerose intercettazioni in atti, dalle quali risultava che questi si era accordato con un connazionale per la fornitura di 50 grammi di cocaina; la trattativa era stata condotta personalmente dal ricorrente, che poi aveva curato la consegna della sostanza in concorso con il complice NOME COGNOME. A conferma di tale conclusione, il Collegio di appello ha poi menzionato una conversazione successiva all’arresto di quest’ultimo e alla denuncia a piede libero del ricorrente, nel medesimo 11/11/2014; ebbene, questi, parlando con una donna, le aveva raccontato dell’intervento dei Carabinieri, peraltro precisando – su richiesta dell’interlocutrice (“E adesso?”) – che “eh, adesso… mi ha coperto e hanno preso lui poverino…”. Alla luce di questi elementi di prova, la sentenza ha dunque concluso – con affermazione non certo manifestamente illogica – che l’imputato, se fosse stato estraneo al traffico illecito, non avrebbe avuto bisogno di ricorrere a una simile espressione, “che sottintende una dissimulazione circa il suo pieno coinvolgimento”; così da vanificare, sul piano istruttorio, la paternità della sostanza che il coimputato NOME si era accollato.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Alle stesse conclusioni, e per le medesime ragioni, il Collegio giunge poi anche sul ricorso proposto da NOME COGNOME, che lamenta una motivazione complessivamente congetturale, basata su indizi privi di gravità, precisione e concordanza, in assenza di ogni elemento a conferma della responsabilità.
8.1. L’ampia censura, infatti, trascura che la Corte di appello, anche in questo caso, ha confermato la responsabilità del ricorrente con adeguato e logico argomento, in forza di una lettura delle intercettazioni – ma anche di quanto
accaduto successivamente al 29/3/2015 – priva di illogicità manifesta o di carenze strutturali; come tale, dunque, non censurabile.
La sentenza, in particolare, ha evidenziato che la conversazione di cui al progressivo 660 dava conto della presenza del ricorrente a bordo della vettura nella quale si trovavano i cugini NOME e NOME, e che il primo vi era salito alle 11.59. Di seguito, era stata registrata una conversazione tra tre soggetti, nel corso della quale proprio NOME aveva parlato con gli altri due, peraltro “riferendo di sapere dove si trova il mercato e ricevendo l’invito dei sodali ad andare con loro”. Ancora, la Corte di appello ha riscontrato che il viaggio non si era interrotto fino a destinazione, dovendo da ciò ritenersi, in via logica, che il ricorrente non fosse sceso; nello stesso percorso, peraltro, i due cugini avevano discusso della fornitura di stupefacente che stavano per acquistare, nonché di approvvigionamenti di merce da altri canali, oltre che della qualità della droga.
9.1. Muovendo da questi elementi in fatto, oggetto di un’adeguata valutazione insindacabile da questa Corte, la sentenza ha quindi concluso che la trattazione di tali argomenti, in piena trasparenza, alla presenza del ricorrente dava conto della sua consapevolezza di partecipare ad un traffico illecito e della fiducia che i complici nutrivano nei suoi confronti. Peraltro, era stato stabilito che uno dei tre, NOME, sarebbe rimasto sulla vettura a fungere da staffetta, mentre gli altri due avrebbero trasportato lo stupefacente a bordo di una diversa auto.
9.2. Con riguardo, poi, all’effettivo acquisto di sostanza a Cinisello Balsamo, la sentenza ha contestato la tesi difensiva – riproposta in questa sede – che vorrebbe la circostanza priva di riscontri; in particolare, è stato evidenziato che le varie conversazioni riportate nell’informativa del 14/3/2017 davano conto dell’operazione in diretta, sia durante il viaggio (progr. 660, 662), sia sul posto ove era avvenuta la transazione, tanto da sentirsi i venditori contare il denaro portato dagli acquirenti (progr. 668, 670, 674). In forza di questi obiettivi elementi, la Corte di appello ha quindi concluso – con motivazione priva di vizi, perché logica – che la condivisione del programma criminale e la piena sinergia nell’azione dei complici escludeva che il ricorrente potesse essere considerato un mero connivente, avendo egli agevolato il compito dei sodali, anche in ragione della sua conoscenza di Cinisello Balsamo.
9.3. Infine, sebbene come elemento di contorno, le sentenze hanno evidenziato che NOME era soggetto tutt’altro che estraneo al traffico di stupefacenti, come confermato dal suo arresto – nel giugno 2015 – in possesso di 1,1 chili di cocaina e dalla successiva condanna definitiva, rispetto al qual fatto quello oggetto del presente giudizio è stato riunito in continuazione già dal Tribunale.
10. I ricorsi, pertanto, debbono essere dichiarati inammissibili. Alla luce sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, n fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia propost ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilit alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 6 cod. proc. pen. l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versament della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in eur 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Il Presidente
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2024
Il onsigliere estensore