Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando le Censure sul Fatto non Passano
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità e delle ragioni che conducono a un ricorso inammissibile. La Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto. Analizziamo il caso di un soggetto condannato per detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio, il cui ricorso è stato respinto proprio perché mirava a una rivalutazione del merito.
I Fatti di Causa: la Condanna per Spaccio
Un individuo veniva condannato dalla Corte d’Appello per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti, ovvero per detenzione a fini di spaccio di una quantità non modesta di sostanza stupefacente. Nello specifico, si trattava di 443 grammi di marijuana.
Contro tale sentenza, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, articolando due principali motivi di doglianza:
1. La contestazione sulla destinazione della sostanza allo spaccio, sostenendo che le prove non fossero sufficienti a dimostrare tale finalità.
2. La critica alla dosimetria della pena, ritenuta eccessiva.
Il Ricorso Inammissibile e i Limiti del Giudizio di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, fornendo importanti chiarimenti sulla distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.
La Valutazione dei Fatti: un Compito del Giudice di Merito
Con riferimento al primo motivo, la Corte ha sottolineato che le censure erano unicamente tese a provocare una “rivisitazione in fatto” del materiale probatorio. Tale attività è di esclusiva competenza dei giudici di primo e secondo grado (giudici di merito) e non può essere svolta in sede di legittimità.
La Corte d’Appello aveva, infatti, già valutato analiticamente gli elementi a carico dell’imputato, ritenendo la sua motivazione logica e coerente. Gli elementi decisivi erano stati:
* Il non modesto dato ponderale (443 grammi).
* La previa suddivisione della sostanza.
* L’assenza di giustificazioni plausibili sulla sua provenienza.
Questi indizi, valutati complessivamente, avevano portato la corte territoriale a concludere, senza illogicità, per la destinazione della droga allo spaccio. Tentare di offrire una lettura alternativa di tali fatti in Cassazione si traduce in un motivo inammissibile.
La Discrezionalità nella Dosimetria della Pena
Anche il secondo motivo, relativo alla quantificazione della pena, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ricordato che la graduazione della sanzione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato nel rispetto dei principi fissati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato e capacità a delinquere del reo).
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato i criteri seguiti per la determinazione della pena, che si attestava peraltro su un livello prossimo al minimo edittale. Una censura che mira a una nuova valutazione della “congruità” della pena, senza evidenziare vizi logici o violazioni di legge nel ragionamento del giudice, non è ammissibile in Cassazione.
Le Motivazioni della Decisione della Suprema Corte
La decisione della Corte di Cassazione si fonda sulla netta separazione tra il giudizio di fatto e quello di diritto. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava violazioni di legge o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata, ma si limitava a riproporre argomentazioni di merito già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. La Suprema Corte ha applicato il principio consolidato secondo cui non è possibile trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito. Di conseguenza, ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, alla dichiarazione di inammissibilità è seguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma che per avere successo in Cassazione, un ricorso non può limitarsi a contestare le conclusioni a cui sono giunti i giudici di merito. È necessario, invece, individuare specifici errori di diritto o palesi illogicità nel percorso argomentativo della sentenza impugnata. Qualsiasi tentativo di sollecitare una nuova e diversa valutazione delle prove si scontrerà inevitabilmente con una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non denunciavano vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge o illogicità della motivazione), ma miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività che è preclusa alla Corte di Cassazione e spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
La Corte di Cassazione può modificare la quantità della pena decisa da un altro giudice?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare la congruità o l’adeguatezza della pena, poiché la sua determinazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Può intervenire solo se la motivazione sulla scelta della pena è inesistente, manifestamente illogica o contraddittoria, oppure se il giudice ha violato i limiti minimi o massimi previsti dalla legge.
Quali elementi sono stati considerati decisivi per provare la finalità di spaccio?
La Corte d’Appello ha ritenuto decisivi tre elementi, la cui valutazione complessiva è stata giudicata logica: il “non modesto dato ponderale” della sostanza sequestrata (443 grammi di marijuana), la circostanza che la droga fosse già suddivisa e la mancanza di idonee giustificazioni da parte dell’imputato riguardo alla sua provenienza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22804 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22804 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a CENADI il 11/10/1983
avverso la sentenza del 14/10/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe e con la quale è stato condannato per il reato previsto dall’art.73, comma 5, d. 9 ottobre 1990, n.309.
Il primo motivo di ricorso deve ritenersi inammissibile, in quanto contenent unicamente censure tendenti a provocare una – non consentita – rivisitazione fatto del materiale probatorio già valutato dai giudici di merito e, comunq reiterativo di argomentazioni già proposte con l’atto di appello.
In particolare, il profilo di fatto illustrato in sede di motivo di ricorso a contestare la destinazione a fini di spaccio della sostanza stupefacent sequestro – è stato analiticamente affrontato dalla Corte territoriale, la qu rilevato, con motivazione non illogica, il carattere decisivo da attribuire a modesto dato ponderale (essendo stata riscontrata la detenzione di g 443 d marijuana) oltre al dato della previa suddivisione della sostanza, unito mancanza di idonee giustificazioni in ordine alla sua provenienza.
Il secondo motivo di ricorso, attinente alla concreta dosimetria della pena, inammissibile atteso che il ricorrente non si confronta con il percorso motivaziona debitamente sviluppato sul punto dalla Corte territoriale, che appare corre nell’esercizio della valutazione attribuita sul punto al giudice di merito.
In proposito, va ricordato che la graduazione della pena rientra nel discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita, così come per fiss pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., si è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuov valutazione della congruità della pena (Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, dep. 2008 Cilia, Rv. 23885101); nel caso di specie, con valutazioni non illogiche e n tangibili in questa sede, la Corte territoriale ha dato atto dei criteri posti a del suddetto potere discrezionale, giungendo comunque a una determinazione della sanzione prossima al minimo edittale.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrent al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa depe ammende.
Così deciso il 20 maggio 2025
Il Consigliere estensore
La Preqdnte