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Ricorso inammissibile per spaccio: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile proposto contro una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente chiedeva la derubricazione del reato in ‘piccolo spaccio’, ma i motivi del ricorso sono stati giudicati come una mera riproduzione di argomentazioni già respinte in precedenza. La Corte ha confermato la condanna e ha imposto il pagamento delle spese processuali e di una sanzione.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Spaccio: Quando i Motivi sono Ripetitivi

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: la presentazione di un ricorso inammissibile perché meramente riproduttivo di motivi già esaminati e respinti nei gradi precedenti di giudizio. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere i limiti del ricorso per cassazione e le condizioni per la sua ammissibilità, specialmente in materia di reati legati agli stupefacenti.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro una sentenza della Corte di Appello di Napoli. L’imputato era stato condannato per un reato concernente la detenzione e lo spaccio di sostanze stupefacenti. Il punto centrale del suo appello, e successivamente del suo ricorso in Cassazione, era la richiesta di derubricazione del fatto nella fattispecie di lieve entità, il cosiddetto “piccolo spaccio”, previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti (d.P.R. 309/1990).

La Corte d’Appello aveva già rigettato questa richiesta, fornendo argomentazioni giuridiche dettagliate basate su specifici elementi fattuali e logici. Nonostante ciò, l’imputato ha deciso di portare la questione davanti alla Suprema Corte, riproponendo le medesime censure.

La Decisione della Corte di Cassazione: il Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione si fonda su una valutazione preliminare dei motivi addotti, ritenuti non consentiti dalla legge in sede di legittimità. In sostanza, il ricorso non presentava vizi di legittimità della sentenza impugnata, ma si limitava a riproporre le stesse questioni di merito già adeguatamente affrontate e risolte dal giudice precedente.

La conseguenza di questa decisione è stata non solo la conferma della sentenza di condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni alla base dell’ordinanza sono chiare e si concentrano su due aspetti principali.

La mera riproduzione dei motivi di appello

Il cuore della decisione risiede nel constatare che i motivi del ricorso erano “meramente riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito”. Il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riproporre le stesse valutazioni sui fatti. Esso serve a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Proporre argomenti identici a quelli già respinti, senza individuare specifici errori di diritto, rende il ricorso inammissibile.

L’esclusione del ‘piccolo spaccio’

La Corte ha specificato che la decisione del giudice d’appello di escludere l’ipotesi del ‘piccolo spaccio’ era ben motivata. La sentenza di secondo grado, infatti, si basava su “precisi elementi – fattuali e logici” che giustificavano la qualificazione del reato in una forma più grave. Riproporre tale questione senza contestare la logicità di quelle motivazioni si traduce in una richiesta di rivalutazione del merito, preclusa in sede di legittimità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza rafforza un principio cardine del sistema processuale: l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e pertinenti alla funzione della Corte di Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione di merito; è necessario dimostrare che tale decisione è viziata da un errore di diritto o da una motivazione illogica o contraddittoria. La presentazione di un ricorso ‘fotocopia’ non solo è destinata al fallimento, ma comporta anche ulteriori conseguenze economiche per il ricorrente, come la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. La pronuncia serve da monito sulla necessità di un approccio tecnico e rigoroso nella redazione degli atti di impugnazione dinanzi alla Suprema Corte.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una mera riproduzione di argomentazioni già valutate e respinte con corretti argomenti giuridici dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove questioni di legittimità.

Qual era la richiesta principale del ricorrente?
Il ricorrente chiedeva la derubricazione del reato contestato nella fattispecie di lieve entità, conosciuta come ‘piccolo spaccio’, ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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