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Ricorso inammissibile per spaccio: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un individuo condannato per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90). L’inammissibilità deriva da due ragioni: il motivo del ricorso, relativo alla responsabilità, non era stato sollevato nel precedente grado di appello, e la condotta illecita era stata chiaramente provata dall’osservazione di due tossicodipendenti e dal sequestro di 23 dosi di eroina, rendendo il ricorso manifestamente infondato. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non Entra nel Merito

L’ordinamento giuridico prevede diversi gradi di giudizio per garantire una giustizia equa e ponderata. Tuttavia, l’accesso alla Corte di Cassazione non è automatico e richiede il rispetto di precisi requisiti. Un recente provvedimento della Suprema Corte illustra perfettamente le conseguenze di un ricorso inammissibile, specialmente quando i motivi non sono stati correttamente sollevati nei gradi precedenti. Analizziamo una decisione che chiarisce i limiti dell’impugnazione in materia di spaccio di stupefacenti.

I Fatti del Caso: Detenzione di Eroina

Il caso ha origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di un individuo per il reato di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, come previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. L’attività illecita era stata accertata dalle forze dell’ordine a seguito dell’osservazione di due noti tossicodipendenti che si erano recati in un locale specifico per contattare l’imputato. L’osservazione è stata poi confermata dal sequestro di un quantitativo significativo di droga: ben 23 dosi di eroina. Di fronte a questa condanna, la difesa ha deciso di presentare ricorso per Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha troncato sul nascere le speranze del ricorrente, dichiarando il ricorso totalmente inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi, entrambi centrali nella procedura penale.

Motivi non Dedotti in Appello

Il primo, e forse più decisivo, motivo di inammissibilità è di natura procedurale. La Suprema Corte ha rilevato che il ricorrente contestava l’affermazione della sua responsabilità penale. Tuttavia, questo specifico punto non era mai stato sollevato nell’atto di appello. In quella sede, infatti, la difesa si era limitata a criticare esclusivamente il profilo sanzionatorio, ovvero la quantificazione della pena, accettando implicitamente l’accertamento della colpevolezza. È un principio fondamentale del nostro sistema processuale che i motivi di ricorso in Cassazione non possano riguardare questioni non devolute al giudice d’appello.

La Manifesta Infondatezza del Ricorso

Anche superando l’ostacolo procedurale, la Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato nel merito. Le prove raccolte sono state giudicate solide e convincenti. La condotta di detenzione finalizzata alla cessione era stata provata non solo dal quantitativo di stupefacente sequestrato (23 dosi di eroina), ma anche dall’attività di osservazione degli agenti, che avevano notato il comportamento inequivocabile di due tossicodipendenti diretti proprio verso l’imputato per un contatto. Questi elementi, combinati, rendevano la tesi difensiva priva di qualsiasi fondamento.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte sono chiare e lineari. La dichiarazione di ricorso inammissibile non è una sanzione arbitraria, ma la logica conseguenza del mancato rispetto delle regole processuali e della palese debolezza delle argomentazioni difensive. La Corte ribadisce che il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito, dove riesaminare i fatti già accertati. Inoltre, sottolinea l’importanza di costruire una strategia difensiva coerente attraverso tutti i gradi di giudizio. Introdurre per la prima volta in Cassazione un motivo relativo alla colpevolezza, dopo averlo omesso in appello, rappresenta una violazione del principio devolutivo che regola le impugnazioni.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, evidenzia l’importanza cruciale di una corretta formulazione dei motivi di appello: ciò che non viene contestato in secondo grado non può, di regola, essere oggetto di ricorso per Cassazione. In secondo luogo, dimostra che un ricorso basato su argomentazioni palesemente deboli di fronte a un quadro probatorio solido è destinato all’inammissibilità. Le conseguenze non sono solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e un’ulteriore somma alla cassa delle ammende, che in questo caso ammonta a tremila euro.

Per quali ragioni principali un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile in un caso come questo?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due motivi: primo, perché contestava l’affermazione di responsabilità, un punto che non era stato sollevato nell’atto di appello precedente (dove si criticava solo la sanzione); secondo, per manifesta infondatezza, dato che le prove a carico erano state ritenute solide e inequivocabili.

Quali prove sono state considerate sufficienti per confermare l’accusa di detenzione a fini di spaccio?
La condotta di detenzione a fini di cessione è stata ritenuta accertata sulla base dell’osservazione da parte degli operanti del comportamento di due tossicodipendenti che si erano recati nel locale per contattare l’imputato, e confermata dal successivo sequestro di 23 dosi di eroina.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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