Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 509 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 22/11/2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 509 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Terlizzi il 03/04/1999
avverso la sentenza del 05/10/2023 della Corte d’appello di Bari visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 5/10/2023 la Corte di appello di Bari confermava la sentenza del Tribunale di Trani del 21/01/2022, che aveva condannato NOME COGNOME in ordine al delitto di cui all’articolo 73, comma 4, d.P.R. 309/1990, alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed euro 10.000 di multa.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione formulando sei motivi.
2.1. Con un primo motivo, lamenta violazione dell’articolo 73 comma 4 d. P.R. 309/1990 per quanto riguarda la sostanza stupefacente rinvenuta nell’abitazione, evidentemente destinata all’uso personale.
2.2. Con un secondo motivo lamenta violazione dell’articolo 73 comma 4 d. P.R. 309/1990 per quanto riguarda la sostanza stupefacente ritirata da NOME. La sostanza non Ł mai stata ricevuta dall’imputato, quindi difetta l’elemento oggettivo del reato contestato.
2.3. Con un terzo motivo lamenta violazione dell’articolo 73 comma 4 d. P.R. 309/1990 per quanto riguarda la ritenuta insussistenza della destinazione all’uso personale.
2.4. Con il quarto motivo lamenta vizio di motivazione in relazione al giudizio di colpevolezza: la Corte di appello trascura completamente di ricostruire le fasi precedenti la ricezione dello
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
stupefacente (chi ha pagato per lo stesso? Chi l’ha ordinato? Come?). La Corte non ha poi apprezzato gli elementi positivi di valutazione offerti dalla difesa.
2.5. Con il quinto motivo lamenta il mancato riconoscimento del comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/90.
2.6. Con il sesto motivo lamenta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
In data 11/11/2024 l’Avv. NOME COGNOME per l’imputato, depositava memoria in cui insisteva per l’accoglimento del ricorso.
4. Il ricorso Ł inammissibile.
4.1. Tutti i motivi (peraltro formulati in modo confuso e accavallato, posto che i primi quattro sostanzialmente reiterano la medesima doglianza) costituiscono infatti pedissequa reiterazione di censura già dedotta con l’atto di appello, motivatamente disattesa dalla Corte territoriale.
E’ infatti inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, non massimata e Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217).
4.2. Nel caso di specie, la Corte territoriale a pagina 2, con motivazione tutt’altro che illogica, precisa che deve farsi riferimento al quantitativo complessivo di stupefacente (sia quello rinvenuto in casa che quello sequestrato fuori), ricostruendo in modo preciso le fasi che hanno portato al sequestro dello stesso e le ragioni per cui lo ‘COGNOME‘, destinatario della sostanza, non poteva essere altri che l’imputato.
Inoltre, il quantitativo e le dosi ricavabili, le modalità di approvvigionamento, l’eterogeneità delle sostanze sequestrate, il rinvenimento di materiale per il confezionamento analogo a quello rinvenuto per confezionare lo stupefacente, per la Corte territoriale per un verso consentono di escludere la destinazione all’uso personale – con ciò facendo buon uso dell’insegnamento di questa Corte (Sez. 6, n. 2652 del 21/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258245 – 01), secondo cui la finalità di spaccio non può essere desunta facendo ricorso al solo dato ponderale della sostanza detenuta; per altro verso – alla luce di una valutazione globale del fatto – escludono la riconducibilità del fatto all’ipotesi lievi di cui all’articolo 73, comma 5, t.u.s. (quinto motivo di censura).
Tale ultima affermazione Ł conforme agli insegnamenti delle Sezioni Unite della Corte, la quali hanno affermato (Sez. U, Sentenza n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911-01) che la fattispecie in esame Ł configurabile «solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio». Tale principio Ł stato poi ribadito, dopo l’autonomizzazione della fattispecie, dalle Sezioni semplici, affermandosi (v., ex plurimis , Sez. 3, Sentenza n.23945 del 29/04/2015, COGNOME, Rv. 263651-01). Di talchØ anche la quinta doglianza Ł manifestamente infondata.
Del tutto priva di pregio Ł inoltre la deduzione relativa alla mancata realizzazione della condotta tipica punibile, ossia la cessione.
Questa Corte ritiene infatti (Sez. 3, n. 33415 del 19/05/2023, COGNOME, Rv. 284984 – 01) che in tema di stupefacenti, il delitto di cessione può perfezionarsi, in conformità alle modalità realizzative del reato progressivo, in forma contratta, al momento dell’accordo tra cedente e cessionario, nel caso in cui ad esso non segua la dazione, e in forma ordinaria, con la materiale consegna della
sostanza, nel caso in cui intervenga la “traditio”, nella quale Ł assorbito, perdendo la propria autonomia, il previo accordo.
Il ricorso, che si limita a riproporre le medesime argomentazioni già dedotte in sede di appello, Ł pertanto complessivamente inammissibile per genericità.
Analogamente, quanto all’articolo 62bis cod. pen. (sesto motivo di censura), la sentenza impugnata a pagina 4 disattende, analiticamente, tutti gli elementi dedotti dalla difesa per la loro concedibilità (incensuratezza, labilità della prova, mancato accertamento di alcuna cessione), con motivazione, anche qui, rispettosa della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62bis , disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non Ø piø sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, Sentenza n, 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01)».
Il motivo Ł quindi generico, non confrontandosi criticamente con la sentenza impugnata.
7. Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 22/11/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME