Ricorso Inammissibile per Spaccio: la Cassazione Conferma la Condanna
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: un ricorso inammissibile, perché basato su motivi generici e sulla richiesta di una nuova valutazione dei fatti, non può trovare accoglimento. Il caso in esame riguarda una condanna per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio, aggravata da recidiva, dove la difesa ha tentato, senza successo, di smontare l’impianto accusatorio basato sugli appostamenti della polizia giudiziaria.
I Fatti del Processo
La vicenda giudiziaria trae origine da una condanna emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte di Appello. L’imputato era stato ritenuto colpevole del reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, per aver detenuto diverse tipologie di sostanze stupefacenti destinate allo spaccio. A suo carico pesava anche l’aggravante della recidiva reiterata infraquinquennale.
La condanna si fondava su prove concrete raccolte durante le indagini, tra cui gli esiti di appostamenti delle forze dell’ordine, il ritrovamento di un manoscritto con nomi e cifre, somme di denaro di provenienza non giustificata e la presenza di un complice, anch’egli in possesso di droga e denaro.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Contro la sentenza della Corte d’Appello, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, articolando due principali motivi di doglianza:
1. Manifesta illogicità della motivazione: secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero travisato quanto percepito dagli agenti di polizia circa l’effettiva cessione dello stupefacente, minando la prova della sua responsabilità penale.
2. Travisamento della prova: la difesa sosteneva che gli operanti non avessero riferito di un’attività specifica svolta dall’imputato, il quale si sarebbe trovato nella “piazza di spaccio” solo per acquistare la sostanza per uso personale.
In sostanza, l’imputato cercava di offrire una ricostruzione dei fatti alternativa a quella accertata nei gradi di merito.
Le Motivazioni della Corte: un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per l’assoluta genericità delle censure proposte. I giudici supremi hanno chiarito che i motivi presentati erano diretti a suffragare ricostruzioni alternative e meramente ipotetiche dei fatti, un’operazione preclusa in sede di legittimità. Il giudizio di Cassazione, infatti, non è un terzo grado di merito dove si possono rivalutare le prove, ma serve a controllare la corretta applicazione della legge.
La motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata pienamente sufficiente e logica. La Corte d’Appello aveva evidenziato in modo chiaro come la prova della responsabilità penale emergesse inequivocabilmente dagli esiti degli appostamenti della polizia giudiziaria. Questi elementi dimostravano specificamente che l’imputato svolgeva un’attività di spaccio, corroborata dal possesso di un manoscritto contabile, denaro contante, stupefacente nascosto in un pacchetto di sigarette e la collaborazione di un complice.
Le Conclusioni: Spese Processuali e Sanzione Pecuniaria
La declaratoria di inammissibilità ha comportato conseguenze economiche per il ricorrente. In base all’art. 616 del codice di procedura penale e richiamando una sentenza della Corte Costituzionale (n. 86/2000), la Cassazione ha stabilito che non vi erano elementi per ritenere che l’imputato avesse proposto il ricorso “senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”.
Di conseguenza, è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione sottolinea che l’accesso alla giustizia deve essere esercitato in modo responsabile, evitando impugnazioni palesemente infondate che hanno il solo effetto di appesantire il sistema giudiziario.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano troppo generici e miravano a una nuova valutazione dei fatti, proponendo ricostruzioni alternative e ipotetiche non ammesse nel giudizio di Cassazione, che si limita al controllo di legittimità.
Quali prove hanno sostenuto la condanna per spaccio?
La condanna si è basata su molteplici elementi, tra cui gli esiti degli appostamenti della polizia che hanno documentato l’attività di spaccio, il ritrovamento di un manoscritto con nomi e cifre, somme di denaro di ingiustificata provenienza, uno stupefacente in un pacchetto di sigarette e la presenza di un complice con droga e denaro.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma, in questo caso fissata in 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende, poiché si ritiene che abbia colpevolmente causato l’inammissibilità dell’impugnazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27212 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27212 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 05/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SAN GIORGIO A CREMANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/07/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che, con sentenza del 10 luglio 2023, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Napoli del 2 ottobre 2018, con la quale COGNOME NOME era stato condannato, per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, per detenzione, a fini di spaccio, di diverse tipologie di stupefacenti, con recidiva reiterata infraquinquennale;
che l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, denunciando: 1) la manifesta illogicità della motivazione quanto alla prova della responsabilità penale, essendosi travisato quanto percepito dagli operanti circa la cessione dello stupefacente; 2) il travisamento di quanto percepito dagli operanti, che nulla avevano riferito in relazione all’attività svolta specificamente dall’imputato, il quale si trovava nella piazza di spaccio a fini di acquisto per consumo personale.
Considerato che il ricorso è inammissibile, per l’assoluta genericità delle censure proposte, dirette a suffragare ricostruzioni alternative e meramente ipotetiche dei fatti;
che la motivazione della sentenza, in continuità con quella di primo grado, risulta pienamente sufficiente, laddove evidenzia che la prova della responsabilità penale risiede negli esiti degli appostamenti della polizia giudiziaria, dai quali è risultato specificamente che l’imputato aveva svolto attività di spaccio, oltre ad avere un manoscritto con nominativi e cifre, somme in contanti di ingiustificata provenienza, un pacchetto di sigarette contenente stupefacente, un complice anche gli in possesso di droga e denaro;
che, tenuto conto della sentenza del 13 giugno 2000, n. 86, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 aprile 2024.