Ricorso Inammissibile: La Cassazione e il Divieto di Rivalutazione dei Fatti
Quando si arriva al terzo grado di giudizio, è fondamentale comprendere i limiti del potere della Corte di Cassazione. Un recente provvedimento ha ribadito un principio cardine del nostro sistema: la Cassazione è giudice della legge, non dei fatti. Analizziamo come un ricorso inammissibile possa derivare proprio dal tentativo di superare questo confine, chiedendo ai giudici di legittimità di fare ciò che non possono: ri-valutare le prove.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine da una condanna emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari per plurimi reati di incendio. All’imputato era stata inflitta una pena di due anni e quattro mesi di reclusione, sentenza poi confermata integralmente dalla Corte d’appello. La ricostruzione dei fatti si basava su un solido quadro probatorio, che includeva immagini di videosorveglianza, dati di localizzazione GPS, tabulati telefonici e il riconoscimento personale dell’imputato.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Nonostante la doppia pronuncia conforme nei gradi di merito, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, articolandolo su due principali motivi:
1. Sulla responsabilità penale: si lamentava la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione che aveva portato all’affermazione di colpevolezza.
2. Sul trattamento sanzionatorio: si contestava la motivazione relativa sia alla quantificazione della pena sia alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale.
In sostanza, la difesa chiedeva alla Suprema Corte di rimettere in discussione l’intera impalcatura accusatoria e la valutazione compiuta dai giudici di merito.
La Decisione della Corte: un ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, seguendo un ragionamento giuridico rigoroso e consolidato.
Il Divieto di Riesame del Merito
Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha osservato che le censure sollevate non denunciavano un vizio di legittimità (cioè un’errata applicazione della legge o un vizio logico manifesto), ma miravano a ottenere una nuova valutazione degli elementi fattuali. La difesa, infatti, contestava il peso dato alle prove come le immagini delle videocamere, i dati GPS e i tabulati telefonici. Questa attività, definita come “rivalutazione di elementi fattuali”, è di esclusiva competenza dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’appello) ed è preclusa alla Corte di Cassazione. Poiché la motivazione della Corte d’appello era stata ritenuta coerente, logica e priva di contraddizioni, non vi era spazio per un intervento della Suprema Corte.
La Discrezionalità del Giudice sulla Pena
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile per ragioni analoghe. La determinazione della pena e la concessione dei benefici di legge rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito. La Cassazione può sindacare tale valutazione solo se essa appare palesemente illogica o non correttamente motivata. Nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la decisione sulla pena fosse stata esercitata in modo congruo e logico, rendendo le critiche della difesa un mero tentativo di ottenere una nuova valutazione nel merito, non consentita in quella sede.
Le Motivazioni
La motivazione centrale dell’ordinanza si fonda sulla netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione non è un “terzo grado” del processo dove si possono ripresentare le stesse argomentazioni fattuali già esaminate. Il suo compito è assicurare l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. I ricorsi che, mascherandosi dietro la denuncia di vizi motivazionali, cercano in realtà di provocare un nuovo apprezzamento delle prove, sono destinati a essere dichiarati inammissibili. La logica del giudizio di merito, se non manifestamente viziata, non può essere messa in discussione.
Le Conclusioni
Questa pronuncia offre un’importante lezione pratica: un ricorso per cassazione deve essere calibrato su specifici vizi di diritto o su palesi illogicità della motivazione, non su un disaccordo riguardo all’interpretazione delle prove. Tentare di trasformare la Cassazione in un terzo giudice del fatto non solo è un’operazione destinata al fallimento, ma comporta anche conseguenze economiche negative. La declaratoria di inammissibilità, infatti, ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, rendendo definitiva la condanna subita.
Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti non denunciavano vizi di legge o illogicità manifeste della motivazione, ma chiedevano una nuova valutazione delle prove e dei fatti (come video, dati GPS e tabulati), attività che non rientra nei poteri della Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione può modificare la pena decisa dai giudici di merito?
La Corte di Cassazione può intervenire sulla determinazione della pena solo se la motivazione del giudice di merito è manifestamente illogica, contraddittoria o viola un principio di diritto. Non può sostituire la propria valutazione discrezionale a quella del giudice se questa è stata esercitata in modo congruo e logico.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, stabilita dal giudice, in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione non consentita.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9782 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9782 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASALE MONFERRATO il 19/02/1988 avverso la sentenza del 26/06/2024 della Corte d’appello di Torino
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vercelli del 14/07/2022, che aveva dichiarato la penale responsabilità di NOME COGNOME in ordine a plurimi reati di incendio e per l’effetto – previa unificazione di gli episodi sotto il vincolo della continuazione, nonché esclusa la contestata aggravante ex art. 61 n. 1 cod. pen. e, infine, riconosciute le circostanze attenuanti generiche – lo aveva condannato alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME tramite il proprio difensore avv. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, deducendo, con il primo motivo, mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione, in ordine alla sussistenza della pen responsabilità; con il secondo motivo, la difesa ha dedotto mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione, quanto alla richiesta di diminuzione della pena, nonché con riferimento alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Il primo motivo dell’impugnazione è inammissibile, in quanto fondato su censure non consentite, invocandosi, invero, una rivalutazione inerente a elementi fattuali, precipuamente attinenti allo svolgimento fenomenico della vicenda. La Corte territoriale, infatti, ha dato con della ricostruzione storica e oggettiva dei fatti, fondata su immagini estrapolate da videocamere di sorveglianza, sul riconoscimento personale del soggetto, sulle evidenze fornite dal sistema GPS in ordine agli spostamenti dello stesso, sulla visione dei tabulati telefonici e sulla mancanza di spiegazioni alternative fornite dall’interessato. A tali conclusioni, l’impugnata senten perviene in forza di argomentazioni dotate di ferrea coerenza logica, oltre che prive di qualsivoglia forma di contraddittorietà.
A fronte di tale motivazione, scevra da vizi logici e giuridici, non vi è chi non rilevi c i rilievi difensivi siano finalizzati unicamente a provocare una non consentita riconsiderazione d elementi fattuali, deducendosi unicamente asserite carenza motivazionali non emergenti dalla lettura della sentenza impugnata.
Quanto alla doglianza inerente al trattamento sanzionatorio, non vi è chi non rilevi come i rilievi difensivi siano finalizzati unicamente a ottenere una impropria riconsiderazione d elementi fattuali. Deve, invero, osservarsi che la valutazione attinente ad aspetti che rientran nel potere discrezionale, in tema di trattamento sanzionatorio, riservato al giudice di merito laddove questo risulti esercitato congruamente, logicamente ed anche in coerenza con il principio di diritto secondo il quale l’onere motivazionale da soddisfare non richiede necessariamente l’esame di tutti i parametri fissati dall’art. 133 cod. pen. – si sottrae alle censure che recla
una rivalutazione di elementi già oggetto di valutazione, ovvero la valorizzazione di elementi che si assumano essere stati indebitamente pretermessi nell’apprezzamento del giudice impugnato.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ravvisandosi ipotesi di esonero – al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2025.