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Ricorso inammissibile per rifiuto alcoltest

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per rifiuto di sottoporsi all’alcoltest. L’ordinanza chiarisce che la riproposizione di censure già vagliate e la mancanza di una critica specifica alla sentenza d’appello rendono l’impugnazione non accoglibile. Viene inoltre confermata la discrezionalità del giudice nel negare la sospensione condizionale della pena basandosi sulla prognosi di recidivanza dell’imputato.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione e il Rifiuto dell’Alcoltest

L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi affronta un caso di rifiuto di sottoporsi all’alcoltest e chiarisce i requisiti fondamentali per un’impugnazione efficace. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti precisazioni sui limiti del giudizio di legittimità e sulla discrezionalità del giudice di merito nel concedere benefici come la sospensione condizionale della pena. Questa decisione ribadisce un principio cardine: un ricorso non può essere una mera ripetizione delle argomentazioni già presentate e respinte nei precedenti gradi di giudizio.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine con la condanna di un automobilista da parte del Tribunale di Parma per il reato previsto dall’art. 186, comma 7, del Codice della Strada, ovvero il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti per la verifica dello stato di ebbrezza. La sentenza di primo grado è stata successivamente confermata dalla Corte di Appello di Bologna.

Non rassegnato, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando due principali vizi della sentenza d’appello: un difetto di motivazione sulla prova della sua responsabilità penale e, in subordine, la violazione di legge e il vizio di motivazione per il mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena o della sua conversione in una sanzione pecuniaria.

Le Motivazioni della Corte sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un punto cruciale della procedura penale: i motivi di ricorso devono essere specifici e critici nei confronti della decisione impugnata, non una semplice riproposizione delle stesse doglianze già esaminate e disattese dal giudice di merito.

Secondo gli Ermellini, l’appellante non ha adeguatamente contestato la motivazione della Corte d’Appello, che è stata giudicata logica, congrua e corretta dal punto di vista giuridico. Il ricorso si è limitato a reiterare questioni di fatto, come l’identificazione dell’autore del reato, che esulano dal sindacato della Corte di Cassazione, il cui compito non è rivalutare le prove, ma verificare la corretta applicazione della legge.

La Suprema Corte ha richiamato consolidati principi giurisprudenziali, secondo cui l’atto di impugnazione deve contenere una critica argomentata delle ragioni della decisione che si contesta, non potendosi limitare a una generica lamentela. In assenza di tale confronto critico, il ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile.

La Valutazione Discrezionale del Giudice sui Benefici di Legge

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancata concessione dei benefici di legge, è stato ritenuto infondato. La Cassazione ha stabilito che la decisione della Corte d’Appello di negare la sospensione condizionale e la conversione della pena è immune da vizi.

Il giudice di merito ha esercitato correttamente la propria discrezionalità, formulando un giudizio prognostico negativo sulla futura condotta dell’imputato. Sebbene le precedenti condanne non precludessero di per sé l’accesso ai benefici, sono state considerate come un sintomo di una tendenza all’inosservanza della legge, in particolare in materia di circolazione stradale. Di fronte a tale quadro, la Corte d’Appello ha ritenuto che solo una pena detentiva potesse avere un’efficacia dissuasiva e special-preventiva, una valutazione che rientra pienamente nelle prerogative del giudice di merito e che, se logicamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni. La prima è di carattere processuale: un ricorso per Cassazione deve essere un’analisi puntuale e critica della sentenza impugnata, non un’inutile ripetizione di argomenti già sconfessati. La seconda è di natura sostanziale: la concessione dei benefici di legge non è automatica. Il giudice ha il potere-dovere di valutare la personalità del condannato e la sua propensione a delinquere, potendo negare i benefici quando ritenga, con motivazione adeguata, che non siano idonei a prevenire la commissione di futuri reati.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando non soddisfa i requisiti di legge, ad esempio perché si limita a riproporre le stesse censure già adeguatamente esaminate e respinte dal giudice precedente, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti e le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la logicità della motivazione, ma non può riesaminare i fatti del caso o valutare nuovamente le prove, attività che spettano ai giudici dei primi due gradi di giudizio.

Per quale motivo è stata negata la sospensione condizionale della pena all’imputato?
La sospensione condizionale è stata negata perché il giudice di merito, esercitando la propria discrezionalità, ha ritenuto che l’imputato mostrasse una tendenza alla recidivanza e all’inosservanza della legge, in particolare in materia di circolazione stradale. Di conseguenza, ha concluso che solo una pena detentiva potesse avere un’efficace funzione dissuasiva e preventiva nel caso specifico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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