Ricorso inammissibile per ricettazione: la Cassazione conferma la condanna
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del giudizio di legittimità, ribadendo un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. In questo caso, il ricorso inammissibile per ricettazione presentato da due fratelli è stato respinto proprio perché basato su motivi generici e ripetitivi, già ampiamente esaminati e decisi nei precedenti gradi di giudizio.
I Fatti di Causa
Due fratelli, precedentemente condannati dalla Corte d’Appello di Bari per il reato di ricettazione ai sensi dell’art. 648 del codice penale, hanno presentato ricorso alla Suprema Corte di Cassazione. Il fulcro della loro doglianza era un presunto difetto di motivazione e la violazione della legge penale in relazione alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato. Essi contestavano la ricostruzione dei fatti e l’interpretazione del materiale probatorio che aveva portato alla loro condanna.
La Decisione della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda sulla constatazione che i motivi addotti dai ricorrenti non presentavano elementi di novità o critiche specifiche alla logicità della sentenza d’appello. Al contrario, si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni già espresse e rigettate dalla Corte territoriale.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha evidenziato come il motivo di doglianza fosse contemporaneamente aspecifico e non consentito. Era reiterativo di questioni già affrontate in modo preciso e concludente dai giudici d’appello.
I giudici di legittimità hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, richiamando anche le argomentazioni del giudice di primo grado, come è prassi consolidata in caso di “doppia conforme”. La ricostruzione dei fatti, secondo la Cassazione, era fondata su apprezzamenti fattuali logici e coerenti, non qualificabili come contraddittori o manifestamente illogici. Di conseguenza, tali apprezzamenti sono “insindacabili” in sede di legittimità, poiché la Cassazione non può riesaminare il merito delle prove, ma solo verificare la corretta applicazione del diritto.
Poiché i ricorsi non sollevavano questioni di diritto ma miravano a una rivalutazione dei fatti, sono stati dichiarati inammissibili.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità della sentenza impugnata (come l’errata applicazione di una norma di legge o un vizio logico grave nella motivazione) e non può essere utilizzato per tentare di ottenere una nuova valutazione del materiale probatorio. Un ricorso inammissibile per ricettazione o per qualsiasi altro reato, che si limiti a ripetere le argomentazioni di merito già respinte, è destinato al fallimento. La conseguenza diretta per i ricorrenti è stata la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende, sancendo la definitività della loro condanna.
Perché il ricorso per ricettazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano generici, non specifici e si limitavano a ripetere le stesse argomentazioni di merito già esaminate e respinte in modo esauriente dalla Corte d’Appello.
Cosa significa che i motivi del ricorso erano ‘insindacabili in questa sede’?
Significa che le critiche sollevate dai ricorrenti riguardavano la valutazione dei fatti e delle prove, un’attività che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. La Corte di Cassazione può giudicare solo sulla corretta applicazione della legge (questioni di legittimità), non riesaminare il merito dei fatti.
Quali sono state le conseguenze per i ricorrenti dopo la dichiarazione di inammissibilità?
I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro ciascuno a favore della Cassa delle ammende. La loro condanna per ricettazione è così diventata definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7887 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7887 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/01/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a FOGGIA il 16/06/1988
COGNOME nato a FOGGIA il 09/09/1989
avverso la sentenza del 28/09/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letti i ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME NOME e COGNOME NOME; osservato che l’unico motivo di doglianza (comune ad entrambi i ricorsi) con cui si deduce violazione dell’art. 648 cod. pen. e difetto di motivazione in ord alla sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di ricettazione, è, al con aspecifico e non consentito in quanto reiterativo di medesime doglianze inerent alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del materiale probatori espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla C territoriale. I giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme a risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grad come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato gli elementi logico-probatori idonei a dimostrare la penale responsabilità dei ricorrenti (v pagg. 8 della sentenza impugnata), tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e insindacabili in questa sede;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2025.