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Ricorso inammissibile per ricettazione: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un individuo condannato per ricettazione. La Corte ha ribadito il principio secondo cui non può riesaminare nel merito le prove, ma solo valutare la legittimità e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Il ricorso è stato respinto anche perché i motivi relativi alla sanzione erano generici e non si confrontavano con le specifiche ragioni addotte dalla Corte d’Appello, come il valore della refurtiva e la condotta complessiva dell’imputato.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non può riesaminare le prove

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità e sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi. Il caso riguarda un individuo condannato per ricettazione che ha visto il suo tentativo di contestare la sentenza di appello infrangersi contro la dichiarazione di ricorso inammissibile. Analizziamo insieme le ragioni di questa decisione e i principi giuridici che ne stanno alla base.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna per il delitto di ricettazione. Dopo la sentenza di primo grado, l’imputato ha proposto appello e, a seguito della conferma della condanna da parte della Corte d’Appello di Firenze, ha deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento.

I Motivi del Ricorso

L’imputato ha basato il suo ricorso su due principali motivi di doglianza:

1. Vizio di motivazione sulla prova: Sosteneva che la sentenza d’appello fosse errata nella valutazione delle prove che avevano portato alla sua condanna, proponendo di fatto una lettura alternativa delle risultanze processuali.
2. Violazione di legge sulla pena: Contestava la determinazione della sanzione e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ritenendo la decisione della Corte d’Appello carente di motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi e li ha giudicati entrambi infondati, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. Questa decisione comporta non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato in modo chiaro e netto le ragioni della sua decisione, ribadendo due principi fondamentali della procedura penale.

Primo Motivo: Il Divieto di Riesame del Merito

Con riferimento alla prima doglianza, la Cassazione ha ricordato che il suo ruolo non è quello di un “terzo grado di giudizio” dove si possono rivalutare i fatti e le prove. Il giudice di legittimità ha il compito di verificare che la sentenza impugnata sia immune da vizi di legge e che la sua motivazione sia logica, coerente e non contraddittoria. Non può, tuttavia, sostituire la propria valutazione delle prove a quella, adeguata e ben argomentata (“congrua”), compiuta dai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Proporre una diversa interpretazione delle fonti di prova, come ha fatto il ricorrente, equivale a chiedere un inammissibile riesame del merito.

Secondo Motivo: La Genericità della Censura

Riguardo al secondo motivo, la Corte lo ha definito “insuperabilmente generico”. L’imputato, nel criticare la pena inflitta, non si è confrontato specificamente con le ragioni addotte dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva giustificato la sua decisione sulla base di elementi precisi: l’elevato valore della refurtiva, l’abitudine dell’imputato a intestare SIM a prestanome per eludere le indagini e una nuova condanna definitiva intervenuta nel frattempo. Un ricorso efficace deve contestare punto per punto queste argomentazioni, non limitarsi a una lamentela generica. La mancanza di un confronto specifico rende il motivo inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è emblematica perché cristallizza due concetti chiave per chiunque intenda presentare un ricorso in Cassazione. Primo, è inutile tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti; il focus deve essere sui vizi di legittimità della decisione. Secondo, i motivi di ricorso devono essere specifici e puntuali, dialogando criticamente con la motivazione della sentenza che si intende impugnare. In assenza di questi requisiti, il rischio concreto è una declaratoria di ricorso inammissibile, con la conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

Perché la Cassazione ha respinto il motivo relativo alla valutazione delle prove?
Perché la Corte di Cassazione non è un giudice di merito e non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il suo compito è verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, che in questo caso è stata ritenuta adeguata.

Cosa si intende per motivo di ricorso ‘generico’?
Un motivo di ricorso è considerato ‘generico’ quando non contesta in modo specifico le argomentazioni contenute nella sentenza che si sta impugnando. Nel caso di specie, il ricorrente si è lamentato della pena senza affrontare le ragioni precise fornite dalla Corte d’Appello per giustificarla (es. valore della refurtiva, condotta dell’imputato).

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la conferma definitiva della condanna. Inoltre, come stabilito nell’ordinanza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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