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Ricorso inammissibile per ricettazione: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione. La Corte ha ribadito che non può riesaminare le prove, ma solo verificare la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Anche il motivo sulla recidiva è stato respinto, confermando la corretta valutazione del giudice di merito sulla persistente inclinazione a delinquere. Il ricorso inammissibile ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti sulla Valutazione della Prova

Con l’ordinanza n. 45440 del 2024, la Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del proprio giudizio e sui criteri di valutazione della recidiva. Il caso riguardava un appello contro una condanna per il reato di ricettazione, ex art. 648 del codice penale. Questa pronuncia ribadisce principi fondamentali del nostro sistema processuale, in particolare la netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Bari per il reato di ricettazione. L’imputato, ritenendo la sentenza ingiusta e la motivazione illogica, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza. Il primo contestava la correttezza della motivazione con cui era stata affermata la sua responsabilità penale, mentre il secondo metteva in discussione la sussistenza della recidiva.

I Motivi del Ricorso e la Dichiarazione di Ricorso Inammissibile

L’imputato ha cercato di scardinare la decisione dei giudici di merito su due fronti:

1. Valutazione della prova e logicità della motivazione: Il ricorrente ha criticato la sentenza d’appello per l’illogicità della motivazione e per aver dato una valutazione delle fonti di prova a suo dire errata. In sostanza, ha proposto una lettura alternativa delle risultanze processuali.
2. Sussistenza della recidiva: Il secondo motivo di ricorso contestava la decisione del giudice di merito di riconoscere l’aggravante della recidiva, ritenendola non adeguatamente giustificata.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto entrambi i motivi non meritevoli di accoglimento, giungendo a una declaratoria di ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità.

Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha sottolineato che il suo ruolo non è quello di un “terzo grado” di giudizio di merito. Non può sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici dei gradi precedenti, né può saggiare la tenuta logica della sentenza confrontandola con altri possibili modelli di ragionamento. Il controllo della Cassazione è limitato a verificare se la motivazione sia esente da vizi logici manifesti e se siano state applicate correttamente le norme giuridiche. Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto la motivazione della Corte d’Appello immune da tali vizi.

Anche il secondo motivo, relativo alla recidiva, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha spiegato che il giudice di merito ha applicato correttamente i principi stabiliti dall’art. 133 del codice penale. La valutazione sulla recidiva non può basarsi solo sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso, ma richiede un’analisi concreta del rapporto tra il reato per cui si procede e le condanne precedenti. È necessario verificare se la condotta passata indichi una “perdurante inclinazione al delitto” che abbia agito come fattore criminogeno per il nuovo reato. La Corte ha concluso che tale valutazione era stata compiuta in modo corretto dalla Corte d’Appello.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La decisione in commento è significativa perché riafferma con forza i confini del sindacato di legittimità. Chi intende presentare ricorso in Cassazione non può limitarsi a proporre una diversa ricostruzione dei fatti, ma deve individuare specifici vizi di legge o palesi illogicità nel ragionamento del giudice di merito. La dichiarazione di ricorso inammissibile comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al pagamento di tremila euro.

Perché la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove di un processo?
In base a quanto stabilito nell’ordinanza, il ruolo della Corte di Cassazione è quello di “giudice di legittimità”, non di merito. Ciò significa che il suo compito è verificare la corretta applicazione delle leggi e la coerenza logica della motivazione della sentenza, senza poter effettuare una nuova e autonoma valutazione delle prove, attività che spetta esclusivamente ai giudici dei primi due gradi di giudizio.

Su quali basi viene valutata la sussistenza della recidiva?
La valutazione sulla recidiva, come chiarito dalla Corte, non si fonda unicamente sulla gravità dei reati o sul tempo trascorso dalle precedenti condanne. Il giudice deve esaminare in concreto il rapporto tra il fatto per cui si procede e i precedenti penali, per accertare se la condotta passata sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito come fattore criminogeno nella commissione del nuovo reato.

Quali sono le conseguenze se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Se la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, come specificato nel provvedimento, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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