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Ricorso inammissibile per resistenza e omissione soccorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per resistenza a pubblico ufficiale e omissione di soccorso stradale. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso erano mere doglianze di fatto, non consentite in sede di legittimità. Ha inoltre confermato la corretta identificazione dell’imputato, la sussistenza del dolo e la corretta applicazione della recidiva reiterata, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione sui limiti del giudizio di legittimità

Con l’ordinanza n. 46958/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La Corte ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una condanna per resistenza a pubblico ufficiale e omissione di soccorso, chiarendo che le censure basate su una diversa valutazione dei fatti non possono trovare accoglimento. Questo caso offre spunti importanti sulla differenza tra questioni di fatto e questioni di diritto.

I Fatti del Caso e la Condanna in Appello

Il ricorrente era stato condannato dalla Corte d’Appello di Ancona per i reati previsti dagli articoli 337 del codice penale (resistenza a pubblico ufficiale) e 189 del codice della strada (omissione di soccorso a seguito di incidente). Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, sollevando diverse questioni relative alla sua identificazione, all’elemento psicologico del reato e all’applicazione di un’aggravante.

Il ricorso inammissibile: una questione di legittimità

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso, concludendo per la loro manifesta infondatezza e inammissibilità. La decisione si fonda sulla distinzione netta tra il giudizio di merito, che si occupa di ricostruire i fatti e valutare le prove, e il giudizio di legittimità, il cui unico scopo è verificare la corretta applicazione della legge.

Le doglianze di fatto e l’identificazione dell’imputato

Il primo punto affrontato dalla Corte riguarda la natura dei motivi di ricorso. I giudici hanno qualificato le argomentazioni dell’imputato come “mere doglianze in punto di fatto”. In altre parole, il ricorrente non contestava un errore di diritto commesso dalla Corte d’Appello, ma proponeva una propria, diversa interpretazione dei fatti. Questo tipo di censura è precluso in sede di Cassazione.

In particolare, il dubbio sull’identificazione è stato ritenuto infondato, poiché la sentenza impugnata aveva dato atto dell’avvenuta identificazione da parte degli agenti di polizia giudiziaria, un elemento fattuale non sindacabile in questa sede.

La sussistenza del dolo e la recidiva reiterata

Anche i motivi relativi alla mancanza di dolo per il reato di cui all’art. 189 cod. strada e alla non applicazione della recidiva sono stati respinti.

La Corte ha ritenuto “manifestamente infondato” il motivo sull’insussistenza del dolo, sottolineando come la Corte d’Appello avesse fornito una “esaustiva motivazione” basata sulle “violente modalità dell’incidente”.

Infine, è stata respinta la censura sulla recidiva reiterata. Il ricorrente sosteneva che non potesse essere applicata in assenza di una precedente dichiarazione di recidiva semplice. La Cassazione, richiamando un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 32318/2023), ha chiarito che ciò che rileva ai fini della recidiva reiterata è la presenza di precedenti condanne, non una formale dichiarazione precedente di recidiva semplice.

Le motivazioni della decisione

Le motivazioni alla base della declaratoria di inammissibilità sono chiare e lineari. Il ricorso è stato respinto perché i motivi addotti non rientravano tra quelli consentiti dalla legge per un giudizio di legittimità. Essi consistevano in una richiesta di rivalutazione del merito della vicenda, un’operazione che esula dai poteri della Corte di Cassazione. I giudici hanno confermato la logicità e la coerenza della motivazione della sentenza d’appello sia sulla ricostruzione dei fatti, sia sull’accertamento del dolo, sia sull’applicazione delle norme relative alla recidiva, rendendo il ricorso privo di fondamento giuridico.

Le conclusioni

La pronuncia in esame conferma che la Corte di Cassazione è giudice della legge, non del fatto. Un ricorso, per avere possibilità di successo, deve basarsi su vizi di legittimità, come la violazione di legge o il vizio di motivazione, e non su una semplice rilettura delle prove. La decisione comporta la condanna definitiva dell’imputato e il suo obbligo di pagare le spese processuali e una somma a favore della Cassa delle ammende, a testimonianza delle conseguenze negative di un ricorso presentato al di fuori dei binari stabiliti dal codice di procedura.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano ‘mere doglianze in punto di fatto’, ovvero contestazioni sulla valutazione delle prove e dei fatti, che non sono ammesse nel giudizio di legittimità della Corte di Cassazione.

Come ha risposto la Corte al dubbio sull’identificazione dell’imputato?
La Corte ha respinto il dubbio, affermando che la questione era smentita dall’identificazione compiuta dagli agenti di polizia giudiziaria, come riportato nella sentenza impugnata.

Qual è il principio stabilito dalla Corte riguardo alla recidiva reiterata?
La Corte ha chiarito che, ai fini dell’applicazione della recidiva reiterata, ciò che conta è la presenza di condanne pregresse. Non è necessaria una precedente e formale dichiarazione di ‘recidiva semplice’ in una sentenza anteriore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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