Ricorso Inammissibile: Quando la Provocazione Non Giustifica la Reazione Violenta
La recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui limiti dell’attenuante della provocazione e sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi. Il caso analizzato si conclude con la dichiarazione di ricorso inammissibile, sottolineando un principio fondamentale: una reazione violenta e sproporzionata non può essere giustificata da un presunto fatto ingiusto subito. Questa decisione ribadisce la necessità di un nesso causale e di proporzionalità tra l’azione provocatoria e la conseguente condotta illecita.
I Fatti del Caso: Dall’Aggressione al Ricorso in Cassazione
Un individuo, dopo essere stato condannato in primo grado dal Giudice di Pace per percosse (art. 581 c.p.) e minaccia (art. 612 c.p.), vedeva confermata la sua condanna anche dal Tribunale in funzione di giudice d’appello. La vicenda traeva origine da un’aggressione fisica ai danni di un’altra persona. L’imputato decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: la mancata applicazione della circostanza attenuante della provocazione, prevista dall’art. 62 n. 2 del codice penale.
I Motivi del Ricorso Inammissibile in Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile per una serie di ragioni precise e tecnicamente fondate. L’analisi dei giudici si è concentrata su due aspetti cruciali: la genericità del motivo di ricorso e l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione della provocazione.
La Genericità del Motivo d’Appello
In primo luogo, il ricorso è stato ritenuto generico. Secondo la Corte, l’imputato non ha indicato in modo specifico gli elementi a sostegno della sua tesi, limitandosi a contestare la valutazione del giudice di merito senza fornire argomenti concreti. La legge processuale (art. 581, comma 1, lett. c, c.p.p.) richiede che i motivi di impugnazione siano specifici, per consentire al giudice di comprendere esattamente quali punti della decisione vengono contestati. Un motivo generico, che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, rende il ricorso inammissibile.
L’Insussistenza della Provocazione per Sproporzione
Nel merito, la Corte ha escluso che nel caso di specie potesse essere applicata l’attenuante della provocazione. Dalle prove raccolte, in particolare dalle immagini video e dalle testimonianze, era emerso chiaramente che la condotta dell’imputato era stata una vera e propria aggressione. La persona offesa, al momento di essere colpita, non stava compiendo alcuna azione aggressiva che potesse legittimare una reazione. I giudici hanno sottolineato che l’attenuante della provocazione non è configurabile quando esiste un’evidente sproporzione tra il fatto ingiusto altrui e il reato commesso. Tale sproporzione interrompe il nesso causale tra la presunta provocazione e lo stato d’ira, rendendo la reazione una scelta autonoma e non una conseguenza diretta dell’offesa.
Limiti al Ricorso per le Sentenze del Giudice di Pace
Un ulteriore e decisivo punto evidenziato dalla Corte riguarda i limiti del ricorso in Cassazione avverso le sentenze d’appello emesse per reati di competenza del Giudice di Pace. In questi casi specifici, il ricorso è ammesso solo per ‘violazione di legge’ e non per ‘vizio di motivazione’. L’imputato, lamentando una errata valutazione delle prove sulla provocazione, stava di fatto criticando il ragionamento del giudice (vizio di motivazione), un tipo di censura non permessa in questa sede di legittimità.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità evidenziando la duplice carenza del ricorso. Da un lato, la genericità del motivo non permetteva un esame nel merito. Dall’altro, e in via assorbente, la natura stessa della censura (vizio di motivazione) era preclusa dalla legge per questa tipologia di sentenze. La Corte ha inoltre rafforzato il principio secondo cui l’attenuante della provocazione richiede un rapporto di proporzionalità tra l’azione che ha scatenato l’ira e la reazione illecita. L’assenza di tale proporzionalità, come accertato nel caso di specie, esclude a priori l’applicabilità dell’attenuante.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, serve da monito sulla necessità di formulare ricorsi specifici e pertinenti, evitando censure generiche. In secondo luogo, ribadisce che la reazione ad un presunto torto deve essere proporzionata, altrimenti si configura un nuovo e autonomo illecito non scusabile. Infine, cristallizza i limiti del sindacato di legittimità sulle sentenze del Giudice di Pace, confermando che la valutazione dei fatti e la logicità della motivazione non possono essere messe in discussione davanti alla Cassazione, se non nei ristretti limiti della violazione di legge. La condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende sigilla l’esito negativo del suo tentativo di impugnazione.
Quando la provocazione può essere considerata una circostanza attenuante?
La circostanza attenuante della provocazione non è applicabile quando esiste un’evidente sproporzione tra il fatto ingiusto altrui e il reato commesso in reazione, poiché tale sproporzione esclude il nesso causale tra l’offesa e lo stato d’ira.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni principali: era generico, non specificando gli elementi a sostegno della censura, e denunciava un vizio di motivazione, motivo non consentito dalla legge per impugnare in Cassazione le sentenze d’appello relative a reati di competenza del Giudice di Pace.
Quali sono i limiti per ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa in appello per un reato di competenza del Giudice di Pace?
Avverso le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del Giudice di Pace, il ricorso per Cassazione può essere proposto esclusivamente per ‘violazione di legge’ e non per ‘vizio di motivazione’, cioè per contestare la logicità o completezza del ragionamento del giudice.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12874 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12874 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/05/2023 del TRIBUNALE di MODENA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza del 15 maggio 2023 con cui il Tribunale di Modena, in qualità di giudice di secondo grado, ha confermato la pronunzia di condanna del Giudice di Pace cittadino in ordine al reato di cui al capo 1) di lesioni personali ex art.582 cod. pen., derubricato poi in percosse, ex art. 581 cod. pen. e di cui al capo 2) di minaccia, ex art.612 cod. pen.
Ritenuto che il primo ed unico motivo – con cui il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata applicazione della circostanza attenuante della provocazione – è generico perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (pag. 2 e 3: dalla visione delle immagini acquisite agli atti del fascicolo de dibattimento e riconosciute in aula dai testimoni escussi, emerge in maniera inequivocabile che quella del ricorrente è stata una vera e propria aggressione ai danni della persona offesa che quando è stata picchiata dall’imputato non stava ponendo in essere alcuna condotta di aggressione a terze persone, in virtù della quale l’imputato poteva in alcun modo ritenersi legittimato ad agire ai sensi dell’art. 52 o 55 cod. pen. La circostanza attenuante della provocazione di cui al n.2 dell’art.62 cod. pen. non è configurabile laddove vi sia – come nel caso di specie – un’evidente sproporzione fra il fatto ingiusto altrui ed il reato commesso, tale da escludere la sussistenza di un nesso causale fra il fatto ingiusto e l’ira).
Inoltre, denuncia vizio motivazionale non consentito dalla legge in sede di legittimità perché avverso le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace può essere proposto ricorso per cassazione solo per violazione di legge.
Rilevato pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento delle somme di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 13/03/2024