LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile per possesso di stoffe contraffatte

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per il possesso di ritagli di stoffa di note marche di lusso. I motivi del ricorso, volti a contestare la valutazione delle prove e la determinazione della pena, sono stati ritenuti infondati o non consentiti in sede di legittimità. La Corte ha confermato la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende, ribadendo come il ricorso inammissibile non possa portare a una nuova valutazione dei fatti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione e i limiti del giudizio di legittimità

Con l’ordinanza n. 4493 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce i confini del proprio giudizio, dichiarando il ricorso inammissibile presentato da un’imputata condannata per il possesso non autorizzato di ritagli di stoffa appartenenti a noti marchi del lusso. Questa decisione offre un’importante lezione sui motivi che possono essere validamente presentati in sede di legittimità e su quali, invece, rappresentano un tentativo inammissibile di rimettere in discussione il merito dei fatti, già accertato nei gradi precedenti.

I fatti di causa

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di una donna, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Napoli. L’accusa era quella di essere stata trovata in possesso di ritagli di stoffa di celebri brand di alta moda, senza alcuna legittimazione o autorizzazione. La Corte di Appello aveva ritenuto adeguatamente provata la responsabilità penale dell’imputata, basando il proprio convincimento sugli elementi raccolti durante il processo.

I motivi del ricorso e perché è un ricorso inammissibile

L’imputata ha presentato ricorso per Cassazione articolando tre principali motivi di doglianza:

1. Erronea valutazione delle prove: La difesa lamentava un’errata valutazione degli elementi probatori e la contraddittorietà della motivazione della sentenza d’appello. Sostanzialmente, si proponeva una lettura alternativa dei fatti.
2. Tesi alternativa: Il secondo motivo insisteva su una ricostruzione dei fatti diversa da quella accolta dai giudici di merito, ma priva di riscontri concreti.
3. Vizio di motivazione sulla pena: Si contestava l’illogicità della motivazione riguardante la determinazione della pena e la mancata concessione delle attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis del codice penale.

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto tutti i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito, punto per punto, perché le argomentazioni della difesa non potessero trovare accoglimento.

In primo luogo, la Cassazione ha sottolineato che contestare la valutazione delle prove e proporre una diversa lettura degli elementi fattuali non è consentito in sede di legittimità. Questo tipo di giudizio è riservato ai tribunali di merito (primo grado e appello). La Corte di Cassazione ha il solo compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, senza poter entrare nuovamente nel vivo dei fatti. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta adeguata e giuridicamente corretta.

Il secondo motivo è stato liquidato come una mera tesi alternativa, non supportata da elementi concreti e quindi irrilevante in questa sede. Proporre una diversa ricostruzione dei fatti non è sufficiente per invalidare una sentenza ben motivata.

Infine, anche la doglianza sulla pena e sulla mancata applicazione delle attenuanti generiche è stata giudicata manifestamente infondata. La Corte ha rilevato che la sentenza d’appello aveva adeguatamente motivato anche su questo punto, e che la decisione rientrava nel potere discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se correttamente giustificata.

Conclusioni

La decisione si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questo provvedimento riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio nel quale si possono ridiscutere i fatti. Il suo ruolo è quello di garante della legge. Un ricorso che mira a una rivalutazione delle prove, senza denunciare reali vizi di legittimità, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguenze economiche per chi lo propone.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non erano consentiti in sede di legittimità. Essi miravano a una nuova valutazione dei fatti e delle prove, proponevano tesi alternative senza riscontri e contestavano in modo infondato la motivazione sulla pena, tutti aspetti che esulano dal controllo della Corte di Cassazione.

È possibile contestare la valutazione delle prove davanti alla Corte di Cassazione?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, il che significa che valuta solo la corretta applicazione delle norme di diritto e la logicità della motivazione, ma non può riesaminare i fatti del processo o la valutazione delle prove, compiti che spettano ai giudici di primo e secondo grado.

Quali sono state le conseguenze per la ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La sua condanna penale, stabilita dalla Corte d’Appello, è diventata definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati