Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Condanna per Peculato
Il sistema giudiziario prevede diversi gradi di giudizio per garantire il diritto alla difesa, ma l’accesso a questi strumenti è regolato da precise norme. Un ricorso inammissibile rappresenta uno di quei casi in cui l’impugnazione non supera il vaglio preliminare della Corte, non per infondatezza nel merito, ma per un vizio di forma o di sostanza. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio, confermando una condanna per peculato e delineando le conseguenze di un’impugnazione generica e non specifica.
Il Contesto del Caso Giudiziario
La vicenda trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Napoli per il reato di peculato. L’imputato, ritenuto responsabile del reato, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, cercando di ottenere l’annullamento della decisione di secondo grado. L’obiettivo del ricorso era contestare la valutazione delle prove e la motivazione addotta dai giudici d’appello a fondamento della sua colpevolezza.
La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, dopo aver esaminato gli atti, ha emesso un’ordinanza con cui ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione implica che i giudici di legittimità non sono entrati nel merito delle argomentazioni difensive, poiché hanno riscontrato un difetto fondamentale nel modo in cui l’appello è stato formulato. Di conseguenza, la sentenza di condanna della Corte d’Appello è diventata definitiva e irrevocabile.
Le Motivazioni dietro l’Inammissibilità
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nelle ragioni che hanno portato a qualificare il ricorso come inammissibile. I giudici hanno sottolineato che le censure proposte dalla difesa erano del tutto generiche e prive di concretezza. In particolare, il ricorso si limitava a lamentare un presunto ‘difetto di motivazione’ senza però confrontarsi specificamente con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata.
La Corte ha evidenziato come la sentenza d’appello avesse già smentito puntualmente la situazione di fatto prospettata dalla difesa, basandosi su una valutazione coerente e corretta delle prove acquisite. Il ricorrente, invece di contestare punto per punto tali ragionamenti, ha presentato critiche astratte, rendendo il suo giudizio di responsabilità sostanzialmente incontroverso. Per la Cassazione, non è sufficiente affermare che una motivazione è carente; è necessario dimostrare dove e perché lo sia, confrontandosi direttamente con il testo della decisione che si intende criticare. La mancanza di questa critica specifica ha reso il ricorso privo della sua funzione essenziale, portando inevitabilmente alla sua inammissibilità.
Le Conclusioni e le Conseguenze Pratiche
La dichiarazione di inammissibilità non è priva di conseguenze. Ai sensi dell’articolo 616 del Codice di Procedura Penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha imposto il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria che si aggiunge ai costi del procedimento. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’accesso alla giustizia, specialmente in sede di legittimità, richiede rigore e specificità. Un ricorso non può essere un mero lamento generico, ma deve costituire una critica argomentata e puntuale, capace di incrinare la logica giuridica della decisione impugnata.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure proposte erano generiche e non contenevano una critica specifica e concreta alle motivazioni della sentenza d’appello, le quali avevano già smentito la tesi difensiva.
Qual era il reato per cui l’imputato era stato condannato?
L’imputato era stato condannato in secondo grado per il reato di peculato.
Quali sono le conseguenze economiche per chi propone un ricorso inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la persona che ha proposto il ricorso inammissibile è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11291 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11291 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ACERRA il 14/09/1981
avverso la sentenza del 20/02/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigraf esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché le censure prospettate legate ad un asseri difetto di motivazione si fondano, riguardo all’unica ragione di critica prospe dall’impugnazione con una minima concretezza, su una situazione in fatto puntualmente smentita dall’argomentare di segno immediatamente contrario svolto sul punto dalla sentenza, non sottoposto ad alcuna critica specifica da parte del ricorso ( si veda dal secondo capovers della penultima pagina della sentenza impugnata), così da rendere in definitiva incontroverso giudizio di responsabilità dell’imputata per il reato di peculato alla stessa ascritto all’esit coerente e corretta valutazione delle emergenze acquisite;
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 2 dicembre 2024.