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Ricorso inammissibile per narcotraffico: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato contro un’ordinanza di arresti domiciliari per narcotraffico. La Corte ribadisce che l’interpretazione delle intercettazioni è di competenza del giudice di merito e che la contestazione delle esigenze cautelari era generica, confermando la condanna alle spese e al pagamento di una somma alla Cassa delle Ammende.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione Conferma la Misura Cautelare per Narcotraffico

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9332 del 2024, ha affrontato un caso di partecipazione ad associazione dedita al narcotraffico, dichiarando il ricorso inammissibile presentato da un indagato contro la misura degli arresti domiciliari. Questa decisione ribadisce principi fondamentali in materia di valutazione delle prove, in particolare delle intercettazioni, e sui limiti del sindacato di legittimità.

I fatti del caso: associazione a delinquere e narcotraffico

Il procedimento trae origine da un’ordinanza del GIP del Tribunale di Catanzaro, che applicava la misura cautelare degli arresti domiciliari a un soggetto gravemente indiziato di far parte di un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 74 del d.P.R. 309/1990. L’ordinanza era stata successivamente confermata dal Tribunale del riesame.

Secondo la ricostruzione accusatoria, basata su intercettazioni e attività investigative, l’indagato svolgeva un ruolo esecutivo all’interno del gruppo criminale. Egli operava come pusher e come esattore dei crediti derivanti dalla vendita dello stupefacente, agendo in una posizione subordinata ma in stretta connessione con uno dei vertici dell’organizzazione.

I motivi del ricorso e il principio del ricorso inammissibile

L’indagato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo alla gravità indiziaria, alle esigenze cautelari e alla scelta della misura restrittiva. Tuttavia, la Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, portando a una dichiarazione di ricorso inammissibile.

La valutazione delle intercettazioni: una questione di merito

Uno dei punti centrali del ricorso riguardava l’interpretazione delle conversazioni intercettate. La difesa contestava il significato attribuito a tali conversazioni sia per il reato associativo sia per uno specifico episodio di detenzione. La Cassazione ha respinto questa censura, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale: l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni costituiscono una questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito. Il sindacato della Corte di legittimità è limitato al controllo della manifesta illogicità o irragionevolezza della motivazione, vizi che in questo caso non sono stati riscontrati.

La contestazione delle esigenze cautelari

Anche la critica mossa alle esigenze cautelari è stata giudicata generica e inefficace. Il Tribunale del riesame aveva ampiamente argomentato la necessità della misura basandosi sulla doppia presunzione prevista dall’art. 275 del codice di procedura penale per reati di grave allarme sociale come il narcotraffico associativo. Inoltre, era stato evidenziato il pieno e spregiudicato inserimento dell’indagato in ambienti criminali, un elemento che rafforzava la valutazione del pericolo di reiterazione del reato. Il ricorrente non è riuscito a confrontarsi adeguatamente con queste solide argomentazioni.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione evidenziando come il ricorso non superasse il vaglio di ammissibilità. Le censure mosse erano disancorate dalla giurisprudenza di legittimità e si risolvevano, di fatto, in una richiesta di rivalutazione del merito delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. Il Tribunale del riesame aveva correttamente ricostruito il quadro indiziario e motivato in modo logico e coerente sia sulla partecipazione dell’indagato all’associazione sia sulla sussistenza delle esigenze cautelari. La manifesta infondatezza dei motivi ha quindi condotto inevitabilmente alla declaratoria di inammissibilità.

Le conclusioni

La declaratoria di ricorso inammissibile comporta precise conseguenze per il ricorrente. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, egli è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000, che sanziona l’abuso dello strumento processuale, è stato condannato al versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Questa pronuncia riafferma la funzione della Corte di Cassazione come giudice di legittimità e non di terzo grado di merito, sanzionando i ricorsi che non rispettano i limiti imposti dalla legge.

Perché il ricorso contro la misura cautelare è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. Le censure proposte erano generiche, non si confrontavano adeguatamente con le motivazioni del provvedimento impugnato e chiedevano alla Corte una rivalutazione del merito delle prove (come le intercettazioni), attività preclusa in sede di legittimità.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione nella valutazione delle intercettazioni telefoniche?
La Corte di Cassazione non reinterpreta il contenuto delle conversazioni. Il suo ruolo è limitato a verificare se l’interpretazione fornita dal giudice di merito sia manifestamente illogica o irragionevole. La valutazione del significato delle conversazioni è una questione di fatto di esclusiva competenza del giudice che analizza le prove.

Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro (qui 3.000 euro) in favore della Cassa delle Ammende, come sanzione per aver presentato un ricorso senza una valida base legale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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