LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile per motivi ripetitivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro l’ordinanza che confermava la sua detenzione in carcere. Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi presentati erano una mera ripetizione di quelli già respinti in appello. La Corte ha sottolineato che le nuove prove, come le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, non erano sufficienti a indebolire il solido quadro indiziario esistente, basato su intercettazioni e altre testimonianze, che confermava la disponibilità dell’imputato verso l’associazione criminale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi Ripetitivi Bloccano l’Appello

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44713/2024, ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: un appello basato sulla semplice riproposizione di argomenti già respinti è destinato a essere dichiarato ricorso inammissibile. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere i requisiti di specificità delle impugnazioni e la solidità del cosiddetto “giudicato cautelare” di fronte a nuovi elementi di prova.

I Fatti del Caso

Un imputato, sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per gravi reati di tipo associativo, aveva richiesto la sostituzione della misura con gli arresti domiciliari. La sua richiesta era stata respinta sia dal Tribunale di Cosenza in primo grado sia, in seguito, dal Tribunale di Catanzaro in sede di appello cautelare. L’imputato ha quindi presentato ricorso per Cassazione, basando le sue argomentazioni su due punti principali:

1. Elementi sopravvenuti: La difesa sosteneva che nuove prove, in particolare le dichiarazioni di un ex vertice del clan divenuto collaboratore di giustizia e di altri testimoni, avrebbero dovuto portare a una riconsiderazione del quadro indiziario, dimostrando la sua estraneità all’associazione criminale.
2. Vizio di motivazione: L’imputato lamentava che i giudici di merito non avessero adeguatamente valutato questi nuovi elementi, respingendo la sua istanza con una motivazione illogica e insufficiente.

La Decisione della Cassazione: il ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. La decisione si fonda sul principio secondo cui un ricorso per Cassazione non può limitarsi a ripetere le stesse doglianze già formulate e respinte nel precedente grado di giudizio. In assenza di una critica specifica e argomentata contro la logica della decisione impugnata, l’appello perde la sua funzione e diventa un mero tentativo di ottenere un terzo giudizio di merito, non consentito in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha articolato la sua decisione su diversi punti chiave che chiariscono la logica dietro la declaratoria di inammissibilità.

In primo luogo, i giudici hanno evidenziato la presenza di una “doppia conforme cautelare“. Sia il Tribunale di Cosenza che quello di Catanzaro avevano concluso, con motivazioni convergenti, che gli elementi sopravvenuti non fossero idonei a scalfire la gravità del quadro indiziario originario. Di fronte a una simile concordanza, il ricorso in Cassazione deve essere particolarmente incisivo nel dimostrare una manifesta illogicità nel ragionamento dei giudici di merito, cosa che in questo caso non è avvenuta.

In secondo luogo, la Corte ha smontato la valenza probatoria delle nuove dichiarazioni. La difesa non aveva affrontato un punto cruciale sollevato dal Tribunale d’appello: il programma di collaborazione del principale dichiarante era stato revocato, minandone l’attendibilità. Inoltre, anche ammettendo la veridicità delle sue parole, egli escludeva una “formale affiliazione” ma non il “coinvolgimento del ricorrente nelle dinamiche associative”. Questo, secondo la Corte, non indeboliva, ma anzi rafforzava, il quadro accusatorio esistente, basato su intercettazioni e altre testimonianze che provavano una “incondizionata messa a disposizione” dell’imputato al sodalizio criminale.

Infine, è stato respinto anche il secondo motivo di ricorso, ritenuto manifestamente infondato. La richiesta di escludere la presunzione di massima pericolosità (art. 275, comma 3, c.p.p.) si basava sulla premessa, non accolta, di una rivalutazione del quadro indiziario. In assenza di elementi concreti e specifici idonei a moderare la presunzione di legge, la sua applicazione è stata ritenuta corretta e non automatica.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi in Cassazione. Non è sufficiente presentare nuovi elementi di prova; è necessario dimostrare in modo specifico e argomentato perché la valutazione fatta dai giudici di merito sia manifestamente illogica o viziata da errori di diritto. La mera riproposizione dei motivi di appello rende il ricorso inammissibile, con la conseguenza non solo della conferma del provvedimento impugnato, ma anche della condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso per Cassazione viene considerato inammissibile per motivi ripetitivi?
Un ricorso è considerato inammissibile quando si limita a riproporre le stesse argomentazioni e motivi già presentati e respinti nel precedente grado di giudizio, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata. In pratica, non offre nuovi spunti di diritto o vizi logici da esaminare.

Cosa significa “doppia conforme” in un procedimento cautelare?
Si ha una “doppia conforme” quando due organi giudiziari consecutivi (in questo caso, il Tribunale che ha emesso la misura e il Tribunale del riesame/appello) arrivano alla stessa conclusione sulla base di motivazioni simili o convergenti. Questa circostanza rafforza la decisione e rende più difficile impugnarla in Cassazione.

Le dichiarazioni di un nuovo collaboratore di giustizia sono sufficienti a modificare una misura cautelare già decisa?
Non automaticamente. Secondo la sentenza, tali dichiarazioni devono essere valutate nel contesto di tutto il quadro probatorio. Se non sono idonee a scalfire la gravità degli indizi già esistenti (come intercettazioni, altre testimonianze, ecc.) e se la loro attendibilità è dubbia (ad esempio, a causa della revoca del programma di collaborazione), i giudici possono legittimamente ritenerle insufficienti per giustificare una modifica della misura cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati