Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44713 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44713 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a COSENZA il 10/10/1975 avverso l’ordinanza del 02/07/2024 del TRIBUNALE di CATANZARO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; ricorso trattato ex art. 611 cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento il Tribunale di Catanzaro, quale giudice dell’appello cautelare, ha re5r;nro il gravame proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Cosenza il 25 marzo 2024 che aveva rigettato l’istanza formulata dall’imputato per la sostituzione della misura cautelare della custodia cautelare in carcere applicata nei suoi confronti con quella degli arresti domiciliari.
Presentando ricorso per Cassazione, l’imputato deduce innanzitutto violazione di legge (art.606 lett. b, c.p.p.) e vizio di motivazione in relazione a elementi sopravvenuti sulla sussistenza del reato associativo.
L’ordinanza impugnata, si legge nel ricorso, non ha correttamente valutato gli elementi sopravvenuti al giudicato cautelare, costituiti dalle dichiarazioni del vertice della cosca ‘ndranghetista, divenuto collaboratore di giustizia (Porcaro), da
quelle dell’Ispettore COGNOME nonché da quelle di un altro collaboratore di giustizi tal NOME COGNOME, nonché della moglie di costui. Il quadro che ne emerge è nel senso dell’estraneità del COGNOME dalla compagine malavitosa. Ciò nonostante, l’ordinanza impugnata, con motivazione apodittica ed illogica, non spiega le ragioni per le quali le citate dichiarazioni, reciprocamente riscontrate, non siano idonee a sconfessare l’assunto dell’ordinanza genetica, considerato che si tratta di dichiarazioni intervenute in epoca successiva ed in fase dibattimentale.
Il secondo motivo di ricorso si muove sul piano delle esigenze cautelari, lamentando contraddittorietà e carenza motivazionale (art. 606 lett. e, c.p.p.), poiché la rivalutazione del quadro indiziario, ricusata dal Tribunale, avrebbe consentito il diverso inquadramento del ricorrente e della sua posizione cautelare, anche rispetto all’idoneità di misure diverse dalla custodia in carcere, precluse invece dalla meccanica applicazione della doppia presunzione conseguente ai reati contestati.
La difesa dell’imputato, rappresentata dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Cosenza, con memoria, ha ribadito la richiesta di annullamento del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi reiterativi, e quindi affetti da aspecificità.
Va innanzi tutto considerato che si è in presenza di una c.d. “doppia conforme” in punto di affermazione della inesistenza di elementi di novità idonei ad incidere sulla ricostruzione della gravità indiziaria, già in precedenza affermata definitivamente a seguito del giudicato cautelare formatosi sulla ordinanza genetica a carico di NOME COGNOME con la conseguenza che i due provvedimenti di merito possono essere letti congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stati rispettati i parametri del richiamo della pronuncia del Tribunale del riesame a quella del Tribunale di Cosenza e dell’adozione – da parte di entrambe le ordinanze – dei medesimi criteri nella valutazione degli indizi (cfr., Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
Ciò premesso, è del tutto evidente che a fronte di una ordinanza d’appello che ha fornito, in conformità al provvedimenti di primo grado, una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa riproduzione di essi come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato
dal Tribunale di Catanzaro: in questa ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente privi dei requisiti di cui all’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. d), ch impone la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta. Ed è quindi inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi ripetitivi dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso l’ordinanza oggetto di ricorso. (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838 – 01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 COGNOME Rv. 255568 – 01; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425 -01).
E, a ben vedere, né il ricorso, né la memoria inviata in limine dall’Avv.COGNOME affrontano la circostanza, dedotta con apposito passaggio del provvedimento oggi impugnato (pg.2, sottolineato nell’originale), che il programma di collaborazione, inizialmente avviato nei confronti del COGNOME (la cui deposizione dibattimentale è valorizzata dalla difesa sia nel ricorso che nella memoria a sostegno della tesi difensiva) sia stato revocato, a dimostrazione della dubbia attendibilità del dichiarato ed ancor più della persona del dichiarante. Né d’altro canto si affronta adeguatamente l’osservazione che segue, per quanto centrale ai fini della valutazione della deposizione del vertice dell’associazione, che questi escluda la formale affiliazione del COGNOME ma “non il coinvolgimento del ricorrente nelle dinamiche associative”.
Depotenziata, quindi, la portata mitigatrice del narrato di COGNOME, e circoscritta anche la valenza attenuatrice delle dichiarazioni di COGNOME, appare congrua ed adeguata l’osservazione del Tribunale di Catanzaro secondo cui rimangono ‘vive’ e ed, anzi, valorizzate a seguito dell’esperimento dibattimentale, l’emergenze investigative desumibili dalle captazioni intercettive e video nonché le dichiarazioni degli ulteriori collaboratori di giustizia che consentono di affermare l disponibilità del COGNOME a favore del sodalizio associativo in termini di incondizionata ‘messa a disposizione’.
Si tratta di un complesso argomentativo, opina questo Collegio, che resiste e sopravvive alle critiche che in questa sede possono essere formulate avverso una decisione di merito, poiché esse critiche non evidenziano, tantomeno al livello richiesto ai fini del giudizio di legittimità (“manifestamente”), quella frattura d conseguenzialità del ragionamento cioè della relazione causa-effetto che sostanzia la illogicità denunciabile ex art. 606 lett. e), cod. proc. pen.. Va infa ribadito che, anche in materia di misure cautelari, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione al peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verific delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della
logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (cos), Sez. 2, n.27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv.276976-01; conf. Sez. U, n.110 del 22/03/2000, COGNOME, Rv.215828-01)
Manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso che, partendo da una premessa non concessa, quella della rilettura del compendio indiziario, richiede l’esclusione della presunzione custodiale massima dell’ari. 275, comma 3, seconda parte, cod. proc. pen., eventualmente sotto il profilo del tempo silente (tema introdotto nella memoria inviata per l’udienza).
In particolare, si è escluso anche di recente in giurisprudenza (cfr. Sez. 2, n. 24553 del 22/03/2024, COGNOME, Rv. 286698 – 01) che il tema possa essere affrontato in base ad automatismi valutativi, dovendosi piuttosto dare rilievo, ai fin del superamento della presunzione, all’apprezzamento di elementi, evidenziati dalla parte o direttamente enucleati dagli atti, significativi ed afferenti, in spe alla tipologia del delitto in contestazione, alle concrete modalità del fatto e alla s risalenza.
Nel caso di specie, l’opzione ermeneutica proposta non può sortire l’effetto richiesto poiché, anche a prescindere dall’esclusione di ogni attenuazione del quadro indiziario, non viene fornita alcun plausibile elemento idoneo a risolvere o moderare, in senso favorevole all’istante, la forza cogente della presunzione di legge.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, rawisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle re zc i a spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle Lij a . c n J 0 ammende.
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Così deci o 1110 ottobre 2024
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