LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile per motivi ripetitivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un uomo condannato per truffa contrattuale. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso erano una semplice ripetizione di argomentazioni già respinte in appello, senza criticare specificamente la sentenza impugnata. La decisione ribadisce i principi sul dolo iniziale nella truffa, sull’onere della prova per la continuazione tra reati e sulla valutazione delle attenuanti generiche, confermando la condanna e le spese a carico del ricorrente.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile per motivi ripetitivi: La Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione

Quando si presenta un ricorso in Cassazione, non è sufficiente ripetere le stesse lamentele sollevate nei gradi di giudizio precedenti. È necessario formulare una critica precisa e argomentata contro la decisione che si intende impugnare. In caso contrario, il rischio è quello di vedersi dichiarare il ricorso inammissibile. È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Penale, con l’ordinanza n. 5978/2025, offrendo importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi di legittimità.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per truffa contrattuale emessa dalla Corte d’Appello di Venezia. L’imputato era stato ritenuto responsabile di aver stipulato un contratto per la vendita di un’autovettura senza averne l’effettiva disponibilità, inducendo in errore l’acquirente. Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su tre motivi principali: un presunto errore nella valutazione della sua responsabilità, il mancato riconoscimento della continuazione con un altro reato e la negata concessione delle attenuanti generiche.

L’Analisi della Corte e il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato i tre motivi di ricorso, dichiarandoli tutti inammissibili o manifestamente infondati. L’analisi della Corte evidenzia un errore comune e fatale nella strategia difensiva: la mera riproposizione di argomenti già esaminati e rigettati dalla Corte d’Appello.

Il Primo Motivo: La Reiterazione delle Argomentazioni sulla Truffa

Il ricorrente contestava la correttezza della motivazione che lo riteneva colpevole. Tuttavia, la Cassazione ha osservato che le sue argomentazioni non erano altro che una “pedissequa reiterazione” di quanto già sostenuto in appello. La Corte ha ribadito che, nella truffa contrattuale, l’elemento distintivo del reato è il dolo iniziale: l’intenzione di ingannare la controparte sin dal momento della stipulazione del contratto. Nel caso di specie, l’imputato non aveva mai fornito prova di avere la disponibilità del veicolo, consolidando l’idea di un raggiro premeditato.

Il Secondo Motivo: L’Onere della Prova nella Continuazione

L’imputato chiedeva il riconoscimento della continuazione tra la condanna in esame e un’altra precedente. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ricordato un principio fondamentale: spetta a chi richiede il riconoscimento della continuazione fornire gli elementi specifici (come, ad esempio, la sentenza precedente) da cui si possa desumere l’esistenza di un unico disegno criminoso. Il ricorrente si era limitato a richiedere l’acquisizione della pronuncia, senza articolare alcuna argomentazione a sostegno della sua tesi.

Il Terzo Motivo: La Valutazione delle Attenuanti Generiche

Infine, la richiesta di concessione delle attenuanti generiche è stata ritenuta manifestamente infondata. La Cassazione ha spiegato che, quando un giudice d’appello conferma la congruità della pena inflitta in primo grado con una motivazione adeguata, dimostra implicitamente ma chiaramente di ritenere infondata la richiesta di un’ulteriore riduzione. Non è necessario che la sentenza si soffermi su ogni singola richiesta se la motivazione complessiva è logica ed esauriente.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda sul principio della specificità dei motivi di ricorso. Un’impugnazione in Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione della sentenza impugnata. Per questo, il ricorso deve contenere una critica puntuale e argomentata contro le ragioni esposte dal giudice precedente, non una semplice riproposizione delle proprie tesi. La mancanza di questa specificità rende il ricorso non funzionale al suo scopo e, di conseguenza, inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per chi intende adire la Corte di Cassazione. Evidenzia che una difesa efficace non può basarsi sulla speranza che la Suprema Corte riesamini i fatti come un giudice di merito. Al contrario, è essenziale concentrarsi sui vizi di legittimità della sentenza impugnata, formulando censure specifiche, pertinenti e non meramente ripetitive. La dichiarazione di ricorso inammissibile, oltre a precludere l’esame nel merito, comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, rendendo la strategia della mera ripetizione non solo inefficace, ma anche economicamente svantaggiosa.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile?
Un ricorso viene considerato inammissibile quando si limita a essere una ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi già presentati e respinti in appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata.

In un caso di truffa contrattuale, qual è l’elemento che caratterizza il reato?
L’elemento caratterizzante è il ‘dolo iniziale’, ossia l’intenzione fraudolenta dell’agente, presente fin dal momento della stipulazione del contratto, che influenza la volontà della controparte attraverso artifici e raggiri, inducendola a concludere l’accordo.

A chi spetta l’onere di provare l’esistenza di un ‘unico disegno criminoso’ per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati?
L’onere spetta all’interessato (l’imputato), il quale deve fornire al giudice l’indicazione e l’allegazione degli elementi specifici da cui si possa desumere l’identità del disegno criminoso. Non è sufficiente una semplice richiesta di acquisizione di atti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati