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Ricorso inammissibile per motivi nuovi in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile in materia di stupefacenti, stabilendo un principio procedurale cruciale: non è possibile presentare per la prima volta in Cassazione motivi di ricorso non sollevati in appello. Nel caso specifico, un individuo condannato per detenzione e spaccio di droga ha tentato di far valere la tesi del reato unico anziché della continuazione solo davanti alla Suprema Corte. La Corte ha respinto il ricorso per tardività, ribadendo che la valutazione dei fatti non può essere demandata al giudice di legittimità e che le questioni non dedotte in precedenza sono precluse.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: L’Importanza di Sollevare Tutte le Eccezioni in Appello

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare un aspetto fondamentale del processo penale: la tardività delle eccezioni. La Corte ha dichiarato un ricorso inammissibile perché la difesa ha sollevato una questione giuridica per la prima volta in sede di legittimità, senza averla mai proposta nel giudizio d’appello. Questo caso, relativo a reati in materia di stupefacenti, evidenzia l’importanza di una strategia difensiva completa fin dai primi gradi di giudizio.

I Fatti del Caso

Il 13 agosto 2019, durante un servizio di controllo nel quartiere Ballarò di Palermo, i Carabinieri notavano un giovane attorniato da diverse persone. Nel corso del pomeriggio, l’individuo veniva osservato in più occasioni mentre riceveva denaro da diversi soggetti, si dirigeva verso alcune casse di birra poste su un marciapiede, prelevava delle bustine trasparenti e le consegnava agli acquirenti.

In seguito a queste osservazioni, i militari fermavano sia uno degli acquirenti, trovato in possesso di sostanza stupefacente, sia il presunto spacciatore. Quest’ultimo aveva con sé 40 euro, mentre nelle vicinanze delle casse di birra veniva rinvenuta una busta più grande contenente altre dosi di marijuana. Gli accertamenti successivi confermavano che la sostanza sequestrata era cannabis.

Il Percorso Giudiziario e le Diverse Imputazioni

L’imputato veniva condannato sia in primo grado che in appello per due distinti capi d’imputazione, unificati sotto il vincolo della continuazione:
1. Capo A: Detenzione a fine di spaccio delle tre dosi di marijuana e di un pezzo di hashish rinvenuti nel nascondiglio (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990).
2. Capo B: Cessione a terzi di due bustine di marijuana, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (art. 81 cpv. c.p. e 73, commi 1 e 4, d.P.R. 309/1990).

Nei primi due gradi di giudizio, la difesa si era concentrata sulla richiesta di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, sulla riduzione della pena e sulla concessione delle attenuanti generiche. Tutte queste richieste erano state respinte dalla Corte d’Appello.

La Questione del Ricorso Inammissibile in Cassazione

Arrivato in Cassazione, il difensore cambiava strategia, sollevando un motivo di ricorso completamente nuovo. Sosteneva che i fatti contestati non configurassero due reati distinti in continuazione, ma un unico reato. Secondo questa tesi, la detenzione della sostanza (Capo A) e le singole cessioni (Capo B) sarebbero state semplici manifestazioni del potere di disposizione sulla medesima sostanza, da assorbire in un’unica fattispecie penale. Si trattava, quindi, di un’eccezione sulla corretta qualificazione giuridica del fatto, non avanzata in precedenza.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile sulla base di una regola procedurale chiara e inequivocabile, sancita dall’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che il ricorso è inammissibile se proposto per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello.

I giudici hanno spiegato che, sebbene la giurisprudenza di legittimità abbia in passato riconosciuto che diverse condotte previste dall’art. 73 d.P.R. 309/1990 possano essere assorbite in un unico reato se rappresentano la disposizione della medesima sostanza, tale valutazione richiede un’analisi dei fatti. Questa analisi fattuale non può essere compiuta dalla Corte di Cassazione, che è giudice di legittimità e non di merito. Poiché la questione non era stata sollevata in appello, il giudice di secondo grado non aveva avuto modo di pronunciarsi su di essa. Di conseguenza, la difesa non poteva sollevare la questione per la prima volta in Cassazione, incorrendo in una preclusione processuale. La tardività del motivo ha quindi reso l’intero ricorso inammissibile.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale per chiunque affronti un processo penale: la strategia difensiva deve essere delineata in modo completo fin dal primo grado di appello. Introdurre nuovi argomenti davanti alla Corte di Cassazione è, di regola, impossibile, specialmente se questi richiedono una nuova valutazione dei fatti. La decisione di dichiarare il ricorso inammissibile non entra nel merito della questione sollevata (reato unico contro continuazione), ma si ferma a un gradino prima, sanzionando una scelta processuale tardiva. L’esito è la condanna definitiva dell’imputato e il pagamento delle spese processuali, a conferma che nel processo penale anche i tempi e i modi con cui si fanno valere le proprie ragioni sono tanto importanti quanto le ragioni stesse.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato, relativo alla configurabilità di un reato unico anziché di un reato continuato, non era stato sollevato nei motivi di appello. L’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale preclude la possibilità di dedurre in Cassazione violazioni di legge non presentate nel precedente grado di giudizio.

Qual è la differenza tra ‘reato unico’ e ‘continuazione’ in questo caso?
La difesa sosteneva che la detenzione a fine di spaccio e le cessioni effettive fossero parte di un ‘reato unico’, in quanto manifestazioni dello stesso potere di disposizione sulla medesima sostanza. I giudici di merito, invece, hanno applicato la ‘continuazione’, trattando la detenzione e le cessioni come reati separati, sebbene commessi in esecuzione di un unico disegno criminoso, con conseguenze diverse sul calcolo della pena.

È possibile presentare nuovi motivi di ricorso direttamente in Cassazione?
No, di regola non è possibile. La sentenza conferma che, ai sensi dell’art. 606, comma 3, c.p.p., le violazioni di legge devono essere specificate nei motivi di appello. Presentarle per la prima volta in Cassazione comporta una preclusione processuale che rende il ricorso inammissibile, salvo casi eccezionali non applicabili alla fattispecie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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