Ricorso Inammissibile: Quando un Motivo Nuovo Costa Caro in Cassazione
L’esito di un processo penale dipende spesso dalla corretta impostazione delle difese in ogni grado di giudizio. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci ricorda una regola cruciale: non si possono presentare motivi di doglianza per la prima volta davanti alla Suprema Corte. Ignorare questo principio può trasformare un tentativo di difesa in un ricorso inammissibile, con conseguenze economiche significative. Analizziamo insieme questa ordinanza per capire perché la strategia processuale deve essere definita fin dall’inizio.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato per un reato legato agli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990), ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello. L’unico motivo di ricorso riguardava la presunta violazione di legge e il vizio di motivazione nell’applicazione dell’art. 81 del codice penale, relativo alla continuazione tra le condotte di detenzione e cessione di sostanze illecite. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rilevato un problema fondamentale: questa specifica censura non era mai stata sollevata nell’atto di appello.
La Regola del Gioco: Perché il Ricorso è Inammissibile
La decisione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale, sancito dall’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che non possono essere dedotti in Cassazione motivi diversi da quelli enunciati nei motivi d’appello. In altre parole, il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito dove si possono sollevare nuove questioni a piacimento. La sua funzione è quella di controllare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi precedenti, ma solo sui punti che sono stati oggetto di dibattito in appello.
Le Conseguenze Economiche di un Ricorso Inammissibile
La dichiarazione di inammissibilità non è priva di conseguenze. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la legge prevede il pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. La Corte, ritenendo che non vi fosse assenza di colpa da parte del ricorrente nel determinare la causa di inammissibilità, ha stabilito una sanzione ritenuta equa di 3.000 euro.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha motivato la sua decisione in modo chiaro e lineare. In primo luogo, ha verificato che dalla sintesi dei motivi d’appello, riportata nella sentenza impugnata, la censura specifica non risultava. In secondo luogo, ha sottolineato che il ricorrente non aveva mai contestato la completezza di tale sintesi, né aveva provato di aver sollevato la questione in appello. La conseguenza logica e giuridica è stata la dichiarazione di inammissibilità del motivo, che ha travolto l’intero ricorso, essendo l’unico proposto. La condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria è scattata automaticamente, in quanto presentare un ricorso su motivi non consentiti è considerato un atto colposo che ha inutilmente impegnato il sistema giudiziario.
Conclusioni
Questa ordinanza offre una lezione pratica fondamentale per chiunque affronti un processo penale. L’atto di appello non è un documento interlocutorio, ma il perimetro entro cui si svolgerà tutta la successiva discussione, anche in sede di legittimità. Tralasciare un motivo in appello significa perderlo per sempre. La strategia difensiva deve essere completa e lungimirante fin dal secondo grado di giudizio, per evitare che il ricorso per cassazione si riveli non solo inutile, ma anche un costo significativo per l’imputato.
È possibile presentare in Cassazione un motivo di ricorso non discusso in Appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un motivo di ricorso è inammissibile se non è stato precedentemente dedotto nei motivi d’appello, come previsto dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso di 3.000 euro, a favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorrente è stato condannato a pagare una sanzione pecuniaria oltre alle spese?
Perché la Corte non ha riscontrato un’assenza di colpa nel ricorrente per aver causato l’inammissibilità. La presentazione di un ricorso con motivi non consentiti è considerata una negligenza che giustifica la sanzione, secondo l’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5942 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5942 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALERMO il 16/01/1983
avverso la sentenza del 28/10/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
La COGNOME Settimo ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R.309/1990, lamentando, con unico motivo di ricorso, violazione di legge e vizio della motivazione in ordine all’applicazione dell’art. 81 cod. pen relazione alle condotte di detenzione e di cessione.
Secondo quanto si evince dalla sintesi dei motivi d’appello di cui alla sentenza impugnata , l censura non è stata dedotta in appello. Né il ricorrente ha contestato la completezza della predetta sintesi, deducendo di avere in realtà devoluto alla cognizione del giudice di secondo grado la doglianza in disamina. Quest’ultima è pertanto inammissibile, a norma dell’art. 606 comma, 3 cod. proc. pen.
A norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20/12/2024
Il consigliere estensore
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Il Presidente