Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6016 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6016 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PETILIA POLICASTRO il 22/04/1975
avverso la sentenza del 24/05/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro che ha confermato la condanna dell’imputato per i reati di falsità materiale commessa dal privato di cui agli artt. 61, comma 1, n. 2 e 482 cod. pen. (capo A) e di tentata truffa di cui agli artt. 56 e 640 cod. pen. (capo B).
Lette le conclusioni scritte pervenute in data 10 gennaio 2025 a firma del difensore di fiducia avv. NOME COGNOME con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto che il primo motivo di ricorso con cui si denunzia violazione di legge in ordine alla erronea qualificazione del reato e della data di consumazione dello stesso, è manifestamente infondato perché denunzia violazione di norme smentita dagli atti processuali, atteso che dalla lettura del capo A dell’imputazione emerge che la data di commissione del fatto non è indicata nel 20/12/2016- che si specifica essere solo la data dell’inoltro alla sede Inail di Crotone dei mandati di patrocinio- bensì “in data antecedente e prossima al 20/12/2016”.
Considerato che il secondo motivo con il quale il ricorrente deduce violazione di legge e travisamento della prova quanto alla mancata configurabilità del falso innocuo, è inedito perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pagg. Da 3 a 5), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto e come si evince anche dall’esame dell’atto di appello. Non si tratta di riqualificazione del fatto, ma di una vera e propria ipotesi di esclusione del fatto reato, diversamente da come sostiene il ricorrente nella memoria difensiva.
Rilevato che il terzo motivo di ricorso con cui si lamenta violazione di legge e contestuale vizio di motivazione in relazione alla sussistenza della tentata truffa, e il quarto motivo, che contesta violazione di legge e vizio di motivazione relativamente all’elemento oggettivo e soggettivo del reato, sono manifestamente infondati in quanto non sono consentite tutte le doglianze che censurano la persuasività, l’adeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento. La Corte territoriale, con motivazione esente dai descritti vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, il paragrafo 3.7 per il terzo motivo e i paragrafi 3.4, 3.5 e 3.6 per il quarto motivo) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini dell’affermazione della responsabilità.
Ritenuto che il quinto motivo di ricorso, che denunzia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 546 cod. proc. pen. comma 1, lett. E, art. 125 cod. proc. peri., comma 3, art. 192 cod. proc. pen. e 111 Cost., e il sesto motivo, che lamenta violazione di legge e vizio di motivazione relativamente alla mancata concessione delle attenuanti generiche e alla quantificazione della pena sono costituiti da mere doglianze in punto di fatto e rivolti a rivalutare gli elementi probatori al fine di trarne proprie conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito, chiedendo alla Corte regolatrice un giudizio di fatto che non le compete, e in quanto fondati su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 243838);
Rilevato che il settimo ed ultimo motivo di ricorso, che denunzia un errore nel calcolo della prescrizione del reato di cui al capo A, è manifestamente infondato perché denunzia violazione di norme smentita dagli atti processuali considerato che, se anche si volesse retrodatare il capo A alla data del 10/10/2016, il reato risulta comunque prescritto dopo la sentenza di secondo grado (calcolando il termine prescrizionale massimo di 7 anni e mezzo dalla data di commissione del reato lo stesso cade il 10/05/2024 a cui vanno poi aggiunti 102 giorni di sospensione con scadenza alla data del 20/08/24 e quindi dopo la sentenza di secondo grado).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 11 15 gennaio 2025
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