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Ricorso inammissibile per motivi non dedotti in appello

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile in un caso di abuso edilizio. I ricorrenti, condannati per la costruzione di un capannone difforme dalla SCIA, hanno presentato motivi in parte nuovi e in parte relativi al merito, non sindacabili in sede di legittimità. La Corte ha ribadito che non si possono introdurre nuove doglianze in Cassazione e che le valutazioni del giudice di merito, se ben motivate, non sono riesaminabili.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non entra nel Merito

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei rigorosi limiti entro cui si muove il giudizio della Corte di Cassazione, specialmente quando si tratta di un ricorso inammissibile. Il caso riguarda un abuso edilizio, ma i principi espressi dalla Corte hanno una valenza generale e fondamentale per comprendere la differenza tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Analizziamo come la Suprema Corte ha respinto le argomentazioni dei ricorrenti, consolidando paletti procedurali invalicabili.

La vicenda processuale

I protagonisti della vicenda sono la proprietaria di un terreno e il legale rappresentante di una società agricola. Entrambi sono stati condannati per il reato previsto dall’art. 44 del D.P.R. 380/2001, per aver realizzato un capannone destinato alla vendita di prodotti agricoli in modo difforme da quanto dichiarato nella Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA).

In particolare, la costruzione era stata chiusa su tutti i lati con pannelli coibentati e adibita a scopi commerciali, mentre avrebbe dovuto essere una semplice serra. Ritenendo ingiusta la condanna, i due imputati hanno proposto ricorso per cassazione.

Le argomentazioni dei ricorrenti

I motivi presentati alla Suprema Corte erano essenzialmente due:

1. Violazione di legge sulla responsabilità: Il legale rappresentante della società sosteneva di non poter essere ritenuto responsabile, in quanto non era il proprietario del fondo su cui era stato commesso l’abuso.
2. Vizio di motivazione e violazione di legge: Entrambi i ricorrenti chiedevano l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando entrambe le argomentazioni sulla base di principi procedurali consolidati. Vediamo nel dettaglio il ragionamento seguito dai giudici.

Inammissibilità del primo motivo: la novità della doglianza

La prima doglianza, relativa alla presunta assenza di responsabilità del legale rappresentante non proprietario, è stata ritenuta inammissibile perché non era mai stata sollevata nei precedenti motivi di appello. La Corte ha ribadito un principio cardine del processo: non è possibile presentare per la prima volta in Cassazione motivi che si sarebbero dovuti e potuti proporre nel giudizio di merito. Introdurre argomenti nuovi in sede di legittimità snaturerebbe la funzione della Cassazione, che è quella di controllare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici precedenti, non di esaminare per la prima volta aspetti della difesa.

Inammissibilità del secondo motivo e i limiti del giudizio di legittimità

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha spiegato che la richiesta di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto implica una valutazione di merito, cioè un’analisi concreta delle circostanze del reato. Questo tipo di valutazione è riservato esclusivamente al giudice di merito (in questo caso, la Corte d’Appello).

La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione del giudice di merito è manifestamente illogica, contraddittoria o inesistente. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua ed esauriente per negare la particolare tenuità, facendo riferimento a elementi concreti come:

* Le dimensioni significative dell’opera abusiva.
* Le caratteristiche costruttive (chiusura totale con pannelli coibentati).
* La destinazione a scopi commerciali, diversa da quella (serra) che sarebbe stata consentita.

Di fronte a una motivazione così ancorata ai fatti, la Cassazione non ha potuto fare altro che prenderne atto, senza poterla riesaminare.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando i ricorrenti non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. La decisione riafferma con forza due principi fondamentali della procedura penale: la specificità dei motivi di ricorso, che non possono essere introdotti ex novo in Cassazione, e l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente motivate da parte del giudice di legittimità. Per gli operatori del diritto, è un monito a strutturare la difesa in modo completo fin dai primi gradi di giudizio, poiché le omissioni non potranno essere sanate davanti alla Suprema Corte.

Perché il motivo di ricorso del legale rappresentante è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché la questione della sua presunta mancanza di responsabilità, in quanto non proprietario del fondo, non era stata sollevata nei motivi di appello. In Cassazione non è possibile presentare doglianze nuove che dovevano essere formulate nei gradi di merito.

Per quale ragione la Corte di Cassazione non ha valutato la richiesta di applicare la ‘particolare tenuità del fatto’?
La Corte non ha valutato tale richiesta perché si tratta di un giudizio di merito, riservato ai giudici dei gradi precedenti. La Corte d’Appello aveva già escluso la particolare tenuità del fatto con una motivazione considerata logica e completa, basata sulla dimensione, le caratteristiche e la destinazione commerciale dell’abuso edilizio. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella, ben motivata, del giudice di merito.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile in Cassazione?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, se non si ravvisa un’assenza di colpa nel proporre il ricorso, anche al pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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