Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Specificità dei Motivi
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: i motivi di un ricorso devono essere specifici e non generici. In questo caso, un ricorso inammissibile ha portato non solo alla conferma della condanna per due imputati, ma anche a ulteriori sanzioni economiche. Analizziamo insieme la vicenda per comprendere le implicazioni pratiche di questa decisione.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna in primo grado di due individui, ritenuti responsabili del reato di tentato furto aggravato. La decisione era stata successivamente confermata anche dalla Corte d’Appello di Firenze. Non soddisfatti dell’esito, i due imputati hanno deciso di presentare ricorso per Cassazione, l’ultimo grado di giudizio previsto dal nostro ordinamento, sperando di ottenere un annullamento della condanna.
L’Appello e i Motivi del Ricorso Inammissibile
Il fulcro della decisione della Suprema Corte risiede nell’analisi del ricorso presentato. Entrambi gli imputati hanno basato il loro appello su un unico motivo: l’erronea applicazione della legge penale e l’illogicità della motivazione della sentenza di secondo grado. Tuttavia, secondo i giudici di legittimità, le argomentazioni addotte erano del tutto generiche e indeterminate.
La legge, in particolare l’articolo 581 del codice di procedura penale, stabilisce chiaramente che l’atto di impugnazione deve contenere l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. In altre parole, non è sufficiente lamentare un’ingiustizia in termini astratti; è necessario individuare con precisione i punti della sentenza che si contestano e spiegare perché la motivazione del giudice sarebbe errata o illogica. La mancanza di questa specificità rende il ricorso inammissibile.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, nell’ordinanza in esame, ha evidenziato come i ricorrenti non avessero fornito alcun elemento concreto a sostegno della loro censura. Di fronte a una motivazione della Corte d’Appello ritenuta ‘logicamente corretta’, gli imputati si sono limitati a una contestazione generica, senza consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.
Il ruolo della Cassazione non è quello di riesaminare i fatti del processo come un terzo grado di merito, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze precedenti. Se il ricorso non indica in modo chiaro e specifico dove risiedano gli errori di diritto o i vizi logici, la Corte non può fare altro che dichiararlo inammissibile. Pertanto, i ricorsi sono stati respinti senza entrare nel merito della questione.
Le Conclusioni: Conseguenze della Dichiarazione di Inammissibilità
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato due conseguenze significative per i ricorrenti. In primo luogo, la condanna per tentato furto aggravato è diventata definitiva. In secondo luogo, sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Questa decisione serve da monito: la redazione di un atto di impugnazione richiede rigore e precisione. Le contestazioni generiche o astratte, prive di riferimenti puntuali alla sentenza impugnata, sono destinate a fallire, con l’ulteriore aggravio di costi per chi le propone.
Perché il ricorso presentato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e indeterminati. I ricorrenti non hanno specificato gli elementi di fatto e le ragioni di diritto su cui si basava la loro censura, violando i requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale.
Qual era l’accusa per cui i ricorrenti erano stati condannati nei gradi precedenti?
I ricorrenti erano stati giudicati responsabili del delitto di tentato furto aggravato.
Quali sono state le conseguenze economiche per i ricorrenti dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12012 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12012 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: RAGIONE_SOCIALE nato a CIRIE’ il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a VENARIA REALE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/02/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
1.Rilevato che RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME ricorrono avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze che ha confermato nei loro confronti la pronunzia di primo grado con la quale sono stati ritenuti responsabili del delitto di tentato fur aggravato;
2.Considerato che il primo ed unico motivo di entrambi i ricorsi denunzia l’erronea applicazione della legge penale e l’illogicità della motivazione in ordine alla dichiarazione della responsabilità penale per il delitto contestato, attraverso ragioni generiche per indeterminatezza, prive dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.. Invero, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, i ricorrenti non indicano gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
3.Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07 febbraio 2024.