Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi Generici non Bastano
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 4058/2024 offre un’importante lezione sulla necessità di specificità e rigore nella presentazione delle impugnazioni. Un caso di ricorso inammissibile avverso una condanna per detenzione di stupefacenti diventa l’occasione per ribadire principi fondamentali della procedura penale, in particolare riguardo alla formulazione dei motivi e all’impatto della recidiva sulla determinazione della pena. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.
I Fatti del Caso
Un individuo, già condannato in primo grado dal Tribunale e in secondo grado dalla Corte d’Appello per detenzione di sostanze stupefacenti (cocaina), decideva di presentare ricorso per Cassazione. L’imputato contestava la decisione dei giudici di merito, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione in relazione alla misura della pena che gli era stata inflitta.
Il ricorrente, in sostanza, riteneva che la sanzione fosse eccessivamente aspra e che la sua determinazione non fosse stata adeguatamente giustificata dai giudici dei precedenti gradi di giudizio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito delle questioni sollevate (cioè, non ha valutato se la pena fosse giusta o meno), ma si è fermata a un livello precedente, quello procedurale. La Corte ha stabilito che il ricorso non possedeva i requisiti minimi per poter essere esaminato. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Le Motivazioni: la genericità che porta a un ricorso inammissibile
La Corte ha basato la sua decisione su argomentazioni nette e consolidate. I motivi del ricorso sono stati definiti “manifestamente infondati” per diverse ragioni.
In primo luogo, essi erano generici. L’imputato non aveva sviluppato una critica puntuale e specifica contro le argomentazioni della sentenza d’appello. Invece di contestare passaggi precisi della motivazione, si era limitato a lamentele astratte, senza un vero confronto con la decisione impugnata. La giurisprudenza, richiamata anche nell’ordinanza, è costante nel richiedere che i motivi di ricorso siano specifici e non si risolvano in una mera riproposizione di doglianze già esaminate e respinte.
In secondo luogo, e questo è un punto cruciale, la Corte ha evidenziato un dato di fatto inoppugnabile: la presenza di una recidiva qualificata ai sensi dell’art. 99, quarto comma, del codice penale. Questa particolare condizione giuridica impedisce al giudice di considerare le circostanze attenuanti generiche come prevalenti rispetto alle aggravanti. La Corte d’Appello aveva correttamente applicato questo principio. Pertanto, le censure del ricorrente sulla mancata concessione di un trattamento sanzionatorio più mite erano prive di fondamento giuridico, poiché la legge stessa poneva un limite invalicabile alla discrezionalità del giudice in presenza di tale recidiva.
Infine, la pena era stata determinata sulla base dei criteri del minimo edittale, ovvero la sanzione più bassa prevista dalla legge per quel reato, rendendo le critiche sul punto ulteriormente generiche e inconsistenti.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chiunque intenda impugnare una sentenza: la necessità di un’argomentazione tecnica, specifica e pertinente. Non è sufficiente esprimere un generico dissenso con la decisione del giudice; è indispensabile individuare i vizi logici o giuridici specifici della motivazione e sviluppare una critica argomentata. In mancanza di ciò, il rischio è quello di incappare in una declaratoria di ricorso inammissibile.
Le conseguenze non sono solo la conferma della condanna, ma anche l’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, che può essere anche significativa. La decisione sottolinea inoltre come lo status di recidivo, specialmente nelle sue forme più gravi, abbia un impatto determinante sul trattamento sanzionatorio, limitando notevolmente i margini per ottenere una riduzione della pena attraverso il riconoscimento delle attenuanti generiche.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano manifestamente infondati e generici. Mancavano di un confronto critico con la decisione impugnata e non contenevano un’analisi specifica delle argomentazioni poste a fondamento della sentenza di condanna.
Qual è stato l’effetto della recidiva sulla determinazione della pena?
La presenza di una recidiva qualificata (ai sensi dell’art. 99, comma 4, c.p.) ha impedito al giudice di concedere la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche. Questo significa che, per legge, non era possibile ridurre la pena al di sotto di una certa soglia, nonostante il riconoscimento di tali attenuanti.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile senza che vi sia una colpa scusabile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4058 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4058 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a VIESTE il DATA_NASCITA
NOME la sentenza del 07/12/2022 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.COGNOME NOME NOME la sentenza in epigrafe la quale ha confermato la decisione del Tribunale di Foggia in data 11/04/2022 che lo aveva condannato alla pena di giustizia in relazione alla detenzione di sostanze stupel’acenti del tipo cocaina.
Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla misura del trattamento sanzionatorio.
Ebbene, ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano manifestamente infondati, in quanto generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME) e privi di analisi censoria degli argomenti posti a fondamento del giudizio di responsabilità del ricorrente.
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale risulta coerente con le risultanze processuali e parte dal dato, inoppugnalbile, che in presenza di recidiva riconducibile a ipotesi di cui all’art.99 comma 4 cod.pen., non è consentito un giudizio di prevalenza, delle pure riconosciute, circostanze attenuanti generiche. La pena risulta poi determinata sulla base di criteri riconducibili al minimo edittale e le censure sul punto risultano generiche e prive di analisi censoria.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 14 Dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente