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Ricorso inammissibile per motivi generici e prova DNA

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un individuo condannato per furto aggravato in abitazione. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi di appello, che non contestavano specificamente le prove schiaccianti (DNA e video), e sulla corretta motivazione della pena da parte dei giudici di merito, i quali avevano considerato la recidiva e l’alta pericolosità sociale del soggetto.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile in Cassazione: quando i motivi sono troppo generici

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un chiaro esempio di come un’impugnazione possa naufragare se non adeguatamente strutturata. Il caso riguarda un ricorso inammissibile contro una condanna per furto aggravato, dove la difesa non è riuscita a scalfire un impianto probatorio solido, basato su prove scientifiche come il DNA. Analizziamo la vicenda e i principi di diritto affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti alla Base della Condanna

L’imputato era stato condannato sia in primo grado dal Tribunale di Trapani sia in appello dalla Corte di Palermo per un furto aggravato commesso in un’abitazione nel 2016. A suo carico pesava anche la contestazione della recidiva qualificata, un’aggravante che scatta quando si commette un reato della stessa natura di uno per cui si è già stati condannati.

Le prove che hanno portato alla condanna erano particolarmente solide: non solo le immagini di un sistema di videosorveglianza, ma soprattutto l’esame del DNA, che aveva inchiodato l’imputato alle sue responsabilità.

Il Ricorso in Cassazione e le Ragioni della sua Inammissibilità

La difesa ha tentato l’ultima carta presentando ricorso alla Corte di Cassazione. Tuttavia, i motivi addotti sono stati giudicati del tutto inadeguati per ottenere una revisione della sentenza. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni principali.

Genericità del Primo Motivo

Il primo motivo di ricorso è stato definito “del tutto generico”. La difesa, infatti, non ha mosso critiche specifiche e argomentate contro la dettagliata disamina degli elementi probatori (DNA e video) effettuata dai giudici di merito. La Cassazione, in linea con la sua giurisprudenza costante, ha ribadito che un atto di impugnazione non può limitarsi a una critica vaga, ma deve contenere contestazioni puntuali e precise, capaci di mettere in discussione il ragionamento logico-giuridico della sentenza impugnata. Limitarsi a un dissenso generico, senza confrontarsi con le prove, rende il motivo di ricorso nullo.

Infondatezza dei Motivi sulla Pena

Gli altri motivi di ricorso riguardavano il trattamento sanzionatorio, in particolare l’aumento di pena per la recidiva e la sua quantificazione (la cosiddetta dosimetria). Anche su questo punto, la Corte ha ritenuto il ricorso infondato. I giudici di merito avevano ampiamente e congruamente motivato la loro decisione, valorizzando elementi previsti dalla legge, come la maggiore pericolosità sociale dell’imputato, dimostrata sia dalla condotta tenuta sia dai suoi numerosi e gravi precedenti penali per reati specifici.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha spiegato che il suo ruolo, in sede di legittimità, non è quello di riesaminare i fatti o di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Nel caso di specie, la sentenza d’appello era inattaccabile sotto entrambi i profili. I motivi di ricorso erano o troppo generici per essere presi in considerazione, o miravano a una rivalutazione del merito della pena, inammissibile in Cassazione quando la decisione è, come in questo caso, giustificata in modo logico e coerente con i parametri legali (art. 133 c.p.). Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso.

Conclusioni

La decisione conferma un principio fondamentale del processo penale: un ricorso in Cassazione, per avere successo, deve essere specifico, pertinente e tecnicamente ben formulato. Non è sufficiente esprimere un generico disaccordo con la sentenza di condanna. La declaratoria di ricorso inammissibile ha comportato per l’imputato la condanna definitiva, oltre all’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione che affrontino criticamente e in punto di diritto le motivazioni della sentenza, unico modo per superare il vaglio di legittimità della Suprema Corte.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché i motivi erano troppo generici e non contestavano in modo specifico le prove a carico, come il DNA e i video. Inoltre, le critiche relative alla pena erano infondate, poiché la sentenza aveva adeguatamente motivato la sanzione sulla base della pericolosità e dei precedenti dell’imputato.

Quali principi si applicano ai motivi di ricorso in Cassazione?
I motivi di ricorso in Cassazione non possono essere generici, ma devono contenere una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata. La Corte di Cassazione non riesamina i fatti, ma valuta solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione (controllo di legittimità).

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna definitiva del ricorrente. Inoltre, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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