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Ricorso inammissibile per motivi generici e pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per furto. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi di appello, che si limitavano a riproporre argomenti già respinti senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata. La Corte ha inoltre ribadito che la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Motivi Generici d’Appello

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma per accedervi è necessario rispettare requisiti di forma e sostanza molto stringenti. Un ricorso inammissibile è un’impugnazione che non supera questo vaglio preliminare, venendo respinta senza nemmeno un’analisi nel merito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la genericità dei motivi possa portare a questa conclusione, con conseguenze significative per l’imputato.

I Fatti del Caso: La Condanna per Furto

Il caso trae origine da una condanna per il reato di furto, aggravato dalla recidiva, confermata dalla Corte d’Appello di Firenze. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a due principali motivi di doglianza.

Il primo motivo contestava la ricostruzione della sua responsabilità penale, mentre il secondo lamentava un’eccessiva severità nel trattamento sanzionatorio, ovvero nella determinazione della pena inflitta.

L’Analisi della Corte sul ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una declaratoria di inammissibilità per ragioni distinte ma complementari, che evidenziano l’importanza della specificità e della pertinenza degli argomenti difensivi in sede di legittimità.

Il Primo Motivo: La Genericità e Mancanza di Specificità

Il primo motivo è stato giudicato generico. La Corte ha osservato che la difesa si era limitata a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. Questo approccio è stato considerato non specifico, poiché mancava una correlazione diretta tra le ragioni esposte nel ricorso e la motivazione della sentenza impugnata. In altre parole, l’imputato non ha spiegato perché il ragionamento dei giudici d’appello fosse errato, ma ha semplicemente ripetuto la sua versione. Questa mancanza di specificità, ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale, è una causa diretta di inammissibilità.

Il Secondo Motivo: La Discrezionalità del Giudice sulla Pena

Anche il secondo motivo, relativo alla quantificazione della pena, è stato respinto. La Cassazione ha ricordato un principio consolidato: la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, ecc.). In sede di legittimità, la Corte non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma può solo verificare che la motivazione sia logica e non contraddittoria. Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse adeguatamente giustificato la propria decisione, rendendo la doglianza manifestamente infondata.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni alla base della decisione della Suprema Corte sono chiare e didattiche. Un ricorso, per essere ammissibile, non può essere una mera ripetizione di argomenti già vagliati. Deve, invece, ingaggiare un dialogo critico con la sentenza che si intende impugnare, evidenziandone specifici vizi logici o giuridici. Allo stesso modo, la censura sulla misura della pena è consentita solo in casi eccezionali di palese illogicità o assenza di motivazione, non potendo trasformarsi in una richiesta di nuova valutazione nel merito.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche per la Difesa

La pronuncia ribadisce una lezione fondamentale per ogni difensore: la preparazione di un ricorso per Cassazione richiede un’analisi meticolosa e mirata della sentenza di secondo grado. L’esito di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma comporta anche l’addebito delle spese processuali e il pagamento di una somma alla Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro. Una strategia difensiva efficace deve quindi concentrarsi sulla ricerca di vizi specifici e non su una generica riproposizione delle proprie tesi.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando manca dei requisiti previsti dalla legge. Come nel caso esaminato, ciò può avvenire se i motivi sono generici, ossia non si confrontano specificamente con le ragioni della sentenza impugnata ma si limitano a riproporre argomenti già respinti.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice di merito?
Generalmente no. La determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione è assente, manifestamente illogica o contraddittoria, ma non può sostituire la propria valutazione per decidere una pena diversa.

Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso per un importo di tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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