Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 208 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 208 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a NAPOLI il 25/01/1964
avverso la sentenza del 13/03/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che i primi due motivi di ricorso – con cui la difesa deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in ordine, rispettivamente, all’affermazione di responsabilità per il reato di concorso nella tentata estorsione ed alla mancata applicazione dell’ipotesi contemplata art. 56, comma quarto, cod. pen. – sono articolati su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, con argomenti del tutto trascurati nel ricorso che omette di confrontarsi con le ragioni poste a base del decisum, articolandosi perciò in motivi non specifici ma soltanto apparenti, non assolvendo la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
rilevato che, infatti, i giudici di appello hanno offerto una motivazione esente da vizi di legittimità, esplicando le ragioni di fatto e di diritto ai fini della cor qualificazione del fatto ascritto all’odierno ricorrente nella fattispecie di cui ag artt. 56-629 cod. pen., non essendo ravvisabili – come contrariamente affermato nel ricorso – i presupposti per la riqualificazione del fatto nel reato di cui all’ar 393 cod. pen., chiarendo i motivi per i quali per cui non era possibile ravvisare, nella condotta del ricorrente, il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni non essendo egli titolare di un diritto azionabile in sede giudiziaria a fronte di quello che, al contrario, la persona offesa era invece legittimata a far valere nei suoi confronti;
ribadito che in tema di reati di danno a forma libera, come la rapina o l’estorsione, la desistenza volontaria, che presuppone un tentativo incompiuto, non è configurabile una volta che siano posti in essere gli atti da cui origina il meccanismo causale capace di produrre l’evento, rispetto ai quali può operare, se il soggetto agente tiene una condotta attiva che valga a scongiurare l’evento, soltanto la diminuente per il cosiddetto recesso attivo (cfr., ad esempio, Sez. 2, n. 16054 del 20/03/2018, COGNOME, Rv. 272677 – 01);
osservato che il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta l’omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza rispetto alla contestata circostanza aggravante delle più persone riunite, è formulato in termini non consentiti in sede di legittimità in quanto il giudizio di comparazione fra opposte circostanze, implica una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità, qualora, come nel caso di specie (cfr., nello specifico le pagg. 6 e 7 della impugnata sentenza) non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione
dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2024.