Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26072 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26072 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SAN SEVERO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/01/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che nell’interesse di NOME COGNOME è stato proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Torino, che ne ha confermato la condanna per i reati di cui agli artt. 56, 624, 625, primo comma, n. 2, cod. pen. (capo a), e 385, primo e terzo comma, cod. pen. (capo b);
Rilevato che con due motivi di ricorso- congiuntamente esaminabili data la loro stretta connessione logica- si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata esclusione della recidiva, al mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sull’aggravante contestata e, infine, alla mancata sostituzione della pena nella sanzione della detenzione domiciliare sostitutiva;
Considerato che, in riferimento alla mancata esclusione della recidiva, il giudice dell’appello ha evidenziato, con motivazione esente dal dedotto vizio, l’accentuata volontà criminale dell’imputato, quale traspare non soltanto dal “copiosissimo e grave curriculum penale (p. 3 dell’impugnata sentenza), ma anche dall’intervallo temporale -assai ridotto- dei due reati di evasione ascritti e dalla funzionalizzazione degli stessi alla commissione di furti, oltre che l’insensibilità dell’imputato alla misura cautelare in atto. Pertanto, diversamente da quanto contestato dalla difesa, la Corte territoriale ha operato corretta applicazione dei principi della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai fini della rilevazione della recidiva, intesa quale sintomo di un’accentuata pericolosità sociale dell’imputato e non come mera descrizione dell’esistenza a suo carico di precedenti penali per delitto, la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale della loro realizzazione, dovendo egli esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se e in qual misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto, che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice” (cfr. ex multis, Sez. 2, n. 10988 del 07/12/2022, dep. 2023, Antignano, Rv. 284425 – 01).
Considerato che la parte del motivo di ricorso che contesta il giudizio di comparazione fra opposte circostanze è manifestamente infondato, implicando, detto giudizio, una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, che sfugge al sindacato di legittimità qualora -come nel caso in esame- non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione,
tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931);
Considerato che anche la censura incentrata sulla mancata sostituzione della pena nella sanzione della detenzione domiciliare sostitutiva è inammissibile, in quanto generica e priva di confronto, effettivo e critico, con l’adeguata motivazione resa dalla Corte d’appello (si vedano le pagg. 3 e 4 dell’impugnata sentenza, in cui la Corte esplicitamente sottolinea la negativa incidenza che l’invocata misura sostitutiva avrebbe sull’adempimento delle prescrizioni ad essa inerenti); considerato, inoltre, che la motivazione resa dalla Corte d’appello è del tutto coerente con l’elaborazione di questa Corte sul tema in oggetto (v., ad es., Sez. 6, n. 40433 del 19/09/2023 Rv. 285295 – 01, secondo cui, in tema di sostituzione di pene detentive brevi, ai fini della prognosi negativa di cui all’art. 58, legge 24 novembre 1981, n. 689, è necessario che il giudice di merito non si limiti ad indicare il fattore cui abbia attribuito valenza ostativa alla sostituzione, ma correli tale elemento al contenuto della specifica sanzione sostitutiva invocata o, comunque, presa in considerazione in sentenza, fornendo adeguata motivazione in ordine alla sua negativa incidenza sull’adempimento delle prescrizioni che ad essa ineriscono).
Considerato, infine, che il dedotto vizio di motivazione è inammissibile, in quanto prospetta deduzioni del tutto generiche; inoltre, quanto ai contestati rinvii, da parte della Corte d’appello, alla motivazione del giudice di primo grado, si ricorda che, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la strutt giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice -come avvenuto nel caso di specie- ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (ex multis, cfr. Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 – 01).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/06/2024