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Ricorso inammissibile per motivazione: i limiti della Cassazione

Due imputati condannati per truffa in concorso ricorrono in Cassazione, contestando l’illogicità della motivazione sulla loro responsabilità e l’eccessività della pena. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo di non poter riesaminare i fatti del processo, ma solo verificare la coerenza logica della sentenza impugnata. Anche la determinazione della pena è ritenuta insindacabile se correttamente motivata dal giudice di merito.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio dove si riesaminano le prove, ma quello di garante della corretta applicazione della legge. Quando un ricorso si limita a proporre una lettura alternativa dei fatti già valutati dai giudici di merito, è destinato a essere dichiarato ricorso inammissibile. Questa pronuncia offre un chiaro esempio dei limiti entro cui può muoversi la difesa di fronte alla Suprema Corte.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un ricorso presentato da due persone condannate dalla Corte d’Appello per il reato di truffa in concorso, previsto dagli articoli 110 e 640 del codice penale. Gli imputati hanno deciso di impugnare la sentenza di condanna davanti alla Corte di Cassazione, sollevando due principali questioni: la prima relativa alla presunta illogicità della motivazione che ha portato alla loro condanna, la seconda riguardante l’eccessività della pena inflitta.

I Motivi del Ricorso e i Limiti del Giudizio di Legittimità

I ricorrenti hanno basato la loro difesa su due pilastri, entrambi respinti dalla Suprema Corte perché esulavano dalle sue competenze.

La Critica alla Motivazione come Tentativo di Riesame del Merito

Il primo motivo di ricorso contestava la correttezza logica del ragionamento seguito dalla Corte d’Appello per affermare la responsabilità penale. Secondo la difesa, una diversa lettura dei dati processuali avrebbe dovuto portare a una conclusione differente. La Cassazione ha prontamente qualificato questa doglianza come un tentativo mascherato di ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La Corte non può sovrapporre la propria valutazione a quella dei giudici di merito, né saggiare la tenuta logica di una sentenza confrontandola con “modelli di ragionamento mutuati dall’esterno”. Il controllo della Cassazione si limita a verificare se la motivazione sia esistente, non contraddittoria e non manifestamente illogica, sulla base di quanto emerge dal provvedimento stesso.

La Graduazione della Pena e la Discrezionalità del Giudice

Il secondo motivo, comune a entrambi i ricorrenti, lamentava una pena eccessiva. Anche in questo caso, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e manifestamente infondato. La determinazione della pena, infatti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che la stabilisce seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, etc.). Il controllo della Cassazione è limitato alla verifica che il giudice abbia adempiuto al suo onere di motivazione, spiegando le ragioni della sua decisione, cosa che nel caso di specie era avvenuta in modo adeguato.

le motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione di inammissibilità basandosi su principi consolidati. In primo luogo, ha chiarito che la violazione dell’articolo 192 del codice di procedura penale, relativo alla valutazione della prova, non può essere dedotta come errore di legge, ma solo come vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 606, lettera e). Questo significa che l’appellante non può semplicemente affermare che le prove sono state valutate male, ma deve dimostrare che il ragionamento del giudice è inesistente, contraddittorio o palesemente illogico. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano costruito un “chiaro e coerente quadro probatorio” per fondare il loro convincimento, rendendo la motivazione immune da censure di legittimità. In secondo luogo, per quanto riguarda la pena, la discrezionalità del giudice di merito è sovrana, a condizione che sia esercitata con una motivazione congrua che dia conto degli elementi ritenuti decisivi, come avvenuto nel caso in esame.

le conclusioni

L’ordinanza ribadisce la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Un ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un appello mascherato, dove si chiede ai giudici supremi di riconsiderare le prove. Per avere successo, un ricorso deve concentrarsi sui vizi strettamente giuridici della sentenza impugnata: la violazione di legge o un difetto di motivazione che sia palese e decisivo. Tentare di contestare l’interpretazione dei fatti o la quantificazione della pena senza dimostrare un vizio logico grave porta inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quando un ricorso per motivazione illogica viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso basato su un presunto vizio di motivazione è dichiarato inammissibile quando, invece di evidenziare una reale contraddizione o illogicità nel ragionamento del giudice, si limita a proporre una diversa interpretazione delle prove e dei fatti, chiedendo di fatto alla Corte di Cassazione un nuovo giudizio sul merito della causa, cosa che le è preclusa.

È possibile contestare l’eccessività di una pena in Cassazione?
No, non è possibile contestare l’entità della pena in sé, poiché la sua determinazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. In Cassazione si può censurare solo la motivazione con cui il giudice ha giustificato la sua decisione, ma unicamente se tale motivazione è mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, non se è semplicemente non condivisa dal ricorrente.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta il rigetto del ricorso senza che la Corte ne esamini il merito. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria da versare alla Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al pagamento di tremila euro per ciascun ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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