Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21700 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21700 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/05/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a PERUGIA il 01/08/1976
NOME nato a ROMA il 26/06/1977
avverso la sentenza del 18/07/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, per il tramite del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna che ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale erano stati ritenuti responsabili del delitto di spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate;
Considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale i ricorrenti denunziano l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della loro responsabilità penale, non è deducibile in sede di legittimità, in quanto fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito; le censure proposte sono aspecifiche, omettendo di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 243838). Deve considerarsi, in particolare, che, per quanto riguarda la posizione del COGNOME, la Corte di Appello, con motivazione logica e affatto esente dalle dedotte censure, evidenzia come egli abbia realizzato il sopralluogo preliminare sul luogo della successiva spendita delle banconote false, ivi accompagnando in auto le coimputate; in relazione alla Di Guglielmo, si sottolinea la correttezza della ricostruzione operata anche dal giudice di primo grado, in nessun modo scalfita dalle censure difensive;
Considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui i ricorrenti denunziano l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza di un’ipotesi di falso grossolano, è manifestamente infondato, perché, anche in tal caso, i ricorrenti eludono il confronto con la motivazione, in cui si sono adeguatamente esposte le ragioni (segnatamente, contestualizzando quanto riferito dal teste COGNOME) per cui si è esclusa l’ipotesi del falso grossolano. E, posto che l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074), deve osservarsi che la motivazione della sentenza impugnata (cfr. pag. 3) non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 2, lett. e) cod. proc. pen;
Considerato che il terzo ed ultimo motivo di ricorso, con cui i ricorrenti si dolgono dell’eccessività del trattamento sanzionatorio, con particolare riferimento alla omessa
concessione delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 3 e 4 della
sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che
il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti
dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli riten decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale
valutazione (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826 – 01; Sez. 3, n. 28535 del
19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, COGNOME e altri, Rv.
248244);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 14 maggio 2025.