Ricorso Inammissibile per Molestie: Quando la Cassazione non Riesamina i Fatti
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma quello di un giudice di legittimità. Questo caso, riguardante un reato di molestie, è un esempio emblematico di come un ricorso inammissibile venga rigettato quando mira a ottenere una nuova valutazione delle prove, un compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito.
I Fatti del Caso: La Condanna per Molestie
Un individuo veniva condannato dal Tribunale di Locri alla pena di 300 euro di ammenda, con sospensione condizionale, oltre al risarcimento dei danni in favore delle parti civili. L’accusa era quella di molestie, reato previsto dall’articolo 660 del codice penale, per condotte perpetrate fino all’agosto del 2020.
Insoddisfatto della decisione, l’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso presso la Corte di Cassazione. Le sue doglianze si concentravano su presunti vizi della motivazione della sentenza di primo grado, ritenuta illogica ed erronea sotto diversi profili.
I Motivi del Ricorso e la Questione del Ricorso Inammissibile
Il ricorrente basava il suo appello su quattro punti principali:
1. Errata valutazione testimoniale: Il Tribunale non avrebbe tenuto adeguatamente conto della deposizione di un testimone che, a dire della difesa, escludeva una delle condotte contestate.
2. Percezione soggettiva vs. oggettiva: La natura molesta delle azioni sarebbe stata valutata solo sulla base della percezione della persona offesa, anziché su un piano oggettivo.
3. Incoerenza del racconto: Il giudice avrebbe erroneamente considerato logico e coerente il racconto della vittima.
4. Motivazione apparente: La sentenza avrebbe fornito una motivazione solo apparente riguardo all’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo.
Queste critiche, tuttavia, non attaccavano la violazione di norme di diritto, ma miravano a rimettere in discussione l’interpretazione delle prove già vagliate dal Tribunale. Proprio per questo, la Suprema Corte ha qualificato il ricorso come ricorso inammissibile.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha rigettato il ricorso ritenendolo inammissibile per due ragioni fondamentali, strettamente connesse tra loro.
La Valutazione Logica del Tribunale
In primo luogo, i giudici di legittimità hanno definito le lamentele del ricorrente ‘palesemente insussistenti’. Hanno evidenziato come il Tribunale avesse, in realtà, valutato in modo approfondito, logico e non contraddittorio tutto il materiale probatorio. Questo includeva non solo le dichiarazioni della persona offesa, ma anche quelle dello stesso imputato, il quale aveva parzialmente ammesso i fatti. Inoltre, la sentenza impugnata aveva esaminato esplicitamente la sussistenza del dolo, concludendo che l’imputato aveva agito con la consapevolezza e la volontà di interferire nella sfera di libertà altrui, pur sapendo che i suoi interventi non erano graditi.
Il Limite del Giudizio di Legittimità
In secondo luogo, e in modo decisivo, la Cassazione ha sottolineato che il ricorso, di fatto, non si confrontava con la struttura logico-giuridica della sentenza, ma chiedeva alla Corte una ‘nuova e diversa valutazione di merito’. Questo tipo di richiesta è incompatibile con la funzione del giudice di legittimità. La Corte di Cassazione, come più volte affermato dalla giurisprudenza (incluse le sentenze citate nell’ordinanza), non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito se la motivazione di quest’ultimo è immune da vizi logici o giuridici. Chiedere di riconsiderare il peso di una testimonianza o la credibilità di una vittima significa invadere un campo che non le compete.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa decisione è un monito importante: il ricorso in Cassazione deve essere fondato su precise violazioni di legge o su vizi di motivazione gravi e manifesti (come l’illogicità palese o la contraddittorietà), non su un semplice disaccordo con l’interpretazione dei fatti data dal giudice di merito. Tentare di trasformare la Suprema Corte in un’ulteriore istanza di appello è una strategia destinata al fallimento e comporta conseguenze economiche per il ricorrente.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se, invece di contestare vizi di legge o di motivazione, chiede alla Corte di Cassazione di effettuare una nuova valutazione dei fatti e delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito. È inammissibile anche quando i motivi addotti sono palesemente infondati.
Qual è il ruolo della Corte di Cassazione in un processo penale?
Come chiarito in questa ordinanza, il ruolo della Corte di Cassazione è quello di ‘giudice di legittimità’. Il suo compito è assicurare la corretta applicazione e interpretazione della legge, controllando che le sentenze dei giudici di merito siano logicamente motivate e prive di errori di diritto, senza poter entrare nel merito della ricostruzione dei fatti.
Cosa significa che la valutazione del dolo è stata ritenuta corretta?
Significa che il Tribunale ha dimostrato in modo logico e sufficiente che l’imputato ha agito con la coscienza e la volontà di commettere il reato di molestie, interferendo nella sfera privata della vittima pur essendo consapevole che le sue attenzioni non erano gradite. La Cassazione ha ritenuto questa parte della motivazione immune da vizi e quindi non sindacabile in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9062 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9062 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SIDERNO il 25/01/1936
avverso la sentenza del 09/07/2024 del TRIBUNALE di Locri
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto appello, qualificato come ricorso ai sensi dell’art. 593, comma 3, cod. proc. pen., contro la sentenza emessa in data 09 luglio 2024 con cui il Tribunale di Locri lo ha condannato alla pena di 300 euro di ammenda, condizionalmente sospesa, e al risarcimento del danno in favore delle parti civili, per il reato di cui all’art. 660 cod. pen. commesso fino al 28/08/2020;
rilevato che il ricorrente deduce l’illogicità ed erroneità della motivazione, per non avere il Tribunale tenuto conto della deposizione della teste COGNOME che ha escluso la sussistenza di una delle condotte contestate, per avere valutato la natura molesta delle sue condotte non sotto un profilo oggettivo ma solo in base della percezione che ne aveva la parte offesa, per avere errato nel ritenere logico, coerente e non contraddittorio il racconto della persona offesa, e per avere reso una motivazione apparente in ordine all’elemento soggettivo del reato;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto lamenta un vizio di motivazione palesemente insussistente, avendo il Tribunale valutato in modo approfondito, logico e non contraddittorio tutte le prove raccolte, comprese le dichiarazioni dello stesso ricorrente, che avrebbe in parte ammesso le molestie contestate, ed ha valutato esplicitamente anche la sussistenza del necessario dolo, avendo egli consapevolmente e volontariamente interferito nella sfera di libertà altrui pur rendendosi conto che i suoi interventi non erano graditi;
ritenuto, inoltre, che il ricorso sia inammissibile perché, di fatto, non si confronta con il contenuto della sentenza, e chiede a questa Corte una nuova e diversa valutazione di merito dei medesimi elementi di prova, già vagliati dal Tribunale con una motivazione logica ed approfondita, valutazione non consentita al giudice di legittimità (vedi Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Rv. 284556);
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. e alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale, in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente