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Ricorso inammissibile per misure di prevenzione

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile avverso un decreto che applicava la sorveglianza speciale e la confisca dei beni. La sentenza chiarisce che, nei procedimenti di prevenzione, l’appello in Cassazione è consentito solo per violazione di legge e non per contestare la logicità della motivazione del giudice di merito, a meno che questa non sia totalmente assente o meramente apparente.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Limita l’Appello sulle Misure di Prevenzione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25950/2025, affronta un tema cruciale nell’ambito delle misure di prevenzione: i limiti del sindacato di legittimità. Il caso analizzato porta a una pronuncia di ricorso inammissibile, rafforzando un principio consolidato: l’appello alla Suprema Corte in questa materia è circoscritto alla sola “violazione di legge”, escludendo la possibilità di contestare la coerenza logica della motivazione del giudice di merito. Analizziamo la vicenda e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso: Pericolosità Sociale e Confisca dei Beni

La vicenda ha origine da un decreto della Corte di Appello di Ancona, che confermava una misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a carico di un individuo. Oltre alla restrizione della libertà personale, il decreto disponeva la confisca dei suoi beni mobili e immobili. La decisione si fondava sulla ritenuta pericolosità sociale del soggetto, desunta da una serie di precedenti penali e procedimenti pendenti per reati come furto, ricettazione, traffico di stupefacenti e resistenza a pubblico ufficiale, commessi a partire dal 2008.

La Corte di merito aveva inoltre rilevato una notevole sproporzione tra il patrimonio accumulato dall’uomo e la sua assenza di redditi leciti comprovati, giustificando la confisca con la presunzione che tali beni fossero il provento di attività illecite.

I Motivi del ricorso inammissibile: una difesa a quattro punte

L’interessato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali, tutti volti a contestare la valutazione della Corte d’Appello:

1. Errata valutazione della pericolosità: La difesa sosteneva che i precedenti penali fossero di modesta rilevanza e non sufficienti a fondare un giudizio di pericolosità sociale.
2. Mancanza di attualità della pericolosità: Si contestava che la pericolosità non fosse attuale, poiché i fatti erano stati individuati in modo generico e riferiti a un arco temporale non specificato.
3. Eterogeneità dei reati: L’eterogeneità dei crimini contestati rendeva, secondo la difesa, l’apparato argomentativo della Corte d’Appello incoerente.
4. Vizio sulla confisca: Si criticava la Corte per non aver correttamente individuato gli elementi da cui desumere la provenienza illecita dei fondi e per aver immotivatamente escluso la provenienza lecita di alcune somme.

In sostanza, tutti i motivi miravano a censurare la tenuta logica e la completezza della motivazione della sentenza impugnata.

La Decisione della Corte di Cassazione: Il Principio della “Violazione di Legge”

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito delle doglianze. La decisione si fonda su un principio procedurale consolidato, di fondamentale importanza nei procedimenti di prevenzione.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha innanzitutto osservato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione “ampia ed esaustiva”, sia sul profilo della pericolosità sociale sia su quello della confisca. I giudici di merito avevano analiticamente vagliato gli elementi a carico del ricorrente, desumendo la sua stabile dedizione alla commissione di reati e la sua incapacità di produrre redditi leciti, a fronte di una significativa capacità di spesa.

Il punto centrale della sentenza, tuttavia, risiede nell’interpretazione dei limiti del ricorso in Cassazione in materia di prevenzione. La legge (art. 10, comma 3, D.Lgs. 159/2011) stabilisce che il ricorso avverso i decreti delle Corti d’Appello in questi procedimenti è ammesso solo per violazione di legge. Come chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza Repaci, 2014), ciò esclude la possibilità di denunciare il vizio di motivazione, come l’illogicità manifesta, previsto dall’art. 606, lett. e), del codice di procedura penale.

L’unico caso in cui un difetto di motivazione può essere fatto valere è quando essa sia completamente assente o meramente apparente, cioè quando si limiti a formule di stile senza un reale esame del caso concreto. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la motivazione fosse puntuale e specifica, rispondendo a tutti i motivi sollevati in appello. Di conseguenza, le contestazioni del ricorrente, essendo tutte incentrate sulla presunta insufficienza o illogicità del ragionamento del giudice, si sono scontrate con il muro dell’inammissibilità.

le conclusioni

La sentenza ribadisce con forza che la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito delle vicende, ma un giudice di legittimità. Nei procedimenti di prevenzione, il suo ruolo è limitato a verificare che la legge sia stata applicata correttamente, non a rivalutare la coerenza delle argomentazioni fattuali della Corte d’Appello. Questa pronuncia serve come monito: le strategie difensive in Cassazione devono concentrarsi su effettive violazioni di norme giuridiche, poiché una critica alla tenuta logica della motivazione, seppur articolata, è destinata a essere dichiarata inammissibile.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, nei procedimenti di prevenzione, l’appello alla Corte di Cassazione è consentito solo per “violazione di legge”. I motivi presentati dal ricorrente contestavano invece la logicità e la completezza della motivazione della Corte d’Appello, un vizio che non può essere fatto valere in questa sede, a meno che la motivazione non sia del tutto assente o meramente apparente.

Qual è la differenza tra “violazione di legge” e “vizio di motivazione” in questo contesto?
La “violazione di legge” si verifica quando un giudice interpreta o applica erroneamente una norma giuridica. Il “vizio di motivazione” riguarda invece un difetto nel ragionamento del giudice (es. illogicità, contraddittorietà). La sentenza chiarisce che solo il primo tipo di errore può essere contestato in Cassazione in materia di misure di prevenzione.

È possibile confiscare i beni di una persona se non è stata condannata per i reati che li avrebbero generati?
Sì. La sentenza conferma che, nell’ambito delle misure di prevenzione, la confisca si basa su un giudizio di pericolosità sociale e sulla sproporzione tra i beni posseduti e i redditi leciti dichiarati. Non è necessaria una condanna penale per un reato specifico, ma è sufficiente dimostrare che il patrimonio è presumibilmente frutto di attività illecite, data l’assenza di fonti di reddito legali che possano giustificarlo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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