Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello è una Semplice Ripetizione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa essere definito tale quando si limita a riproporre argomenti già vagliati. Questo principio è fondamentale per comprendere i limiti del diritto di impugnazione e la funzione nomofilattica della Suprema Corte. Il caso analizzato riguarda una condanna per il reato di minaccia a pubblico ufficiale, ma le conclusioni tratte hanno una valenza generale nel diritto processuale penale.
I Fatti di Causa
Il procedimento nasce da una condanna inflitta a un individuo per il reato previsto dall’art. 336 del codice penale, ovvero violenza o minaccia a un pubblico ufficiale. La sentenza di condanna, emessa in primo grado, era stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello. Non rassegnato, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, cercando di ottenere l’annullamento della decisione di secondo grado.
La Decisione sul ricorso inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza del ricorrente, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. La Corte ha stabilito che l’atto di impugnazione non possedeva i requisiti necessari per essere esaminato, chiudendo di fatto la vicenda processuale e rendendo definitiva la condanna.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella motivazione con cui ha rigettato il ricorso. La Corte ha osservato che i motivi di appello non erano altro che una pedissequa ripetizione delle doglianze difensive già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. I giudici di merito, secondo la Suprema Corte, avevano già fornito una risposta adeguata, con argomentazioni “giuridicamente corrette, puntuali e coerenti”.
In sostanza, il ricorso non introduceva nuovi e specifici vizi di legittimità della sentenza impugnata, ma si limitava a contestare l’interpretazione dei fatti già consolidata nei gradi precedenti. La Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un “terzo grado di giudizio” dove rivalutare le prove, ma quello di verificare la corretta applicazione della legge e l’assenza di vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza. Poiché il ricorso si limitava a replicare censure già disattese e non evidenziava manifeste incongruenze logiche, è stato ritenuto privo della specificità richiesta dalla legge, configurandosi come un ricorso inammissibile.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità è la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia sottolinea un’importante lezione pratica: un ricorso per Cassazione deve essere fondato su precise critiche di diritto alla sentenza impugnata e non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni fattuali già esaminate. In assenza di tali elementi, non solo il ricorso verrà respinto, ma comporterà anche un ulteriore onere economico per il proponente. Questo meccanismo funge da deterrente contro impugnazioni meramente dilatorie o pretestuose, garantendo l’efficienza del sistema giudiziario.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché si limitava a replicare censure e argomentazioni che erano già state adeguatamente esaminate e respinte dai giudici nei precedenti gradi di giudizio, senza presentare nuovi e specifici motivi di diritto.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende.
Qual era il reato contestato nel procedimento?
Il reato per cui il ricorrente era stato condannato era quello di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 336 del codice penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37295 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37295 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 24/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SASSARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/12/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché replica profili di censura già adeguatamen vagliati e disattesi dai giudici del merito con argomenti giuridicamente corretti, puntuali ri al portato delle .doglianze difensive, coerenti con riguardo alle emergenze acquisite oltre immuni da manifeste incongruenze logiche in relazione ai costituti tipici del reato di cui a 336 cp ascritto al ricorrente, avuto riguardo, in particolare alla idoneità minatoria della co riscontrata e alla sua correlazione funzionale con l’atto d’ufficio del soggetto qualificato rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al,pagamento delle spes processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle mmende. Così deciso in data 24 ottobre 2025.