Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello in Cassazione non Supera il Vaglio
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile e delle sue conseguenze. Spesso si crede che la Corte di Cassazione sia una sorta di “terzo grado” di giudizio dove si può ridiscutere l’intero processo. In realtà, il suo ruolo è ben diverso: è un giudice di legittimità, chiamato a verificare la corretta applicazione della legge, non a riesaminare i fatti. Questo caso, relativo a una condanna per minacce continuate, illustra perfettamente i paletti procedurali che un ricorso deve rispettare per essere anche solo preso in considerazione.
I Fatti del Caso
Un individuo, già condannato in primo grado e in appello per il reato di minacce continuate (art. 612, comma 2, c.p.), ha proposto ricorso per cassazione. I suoi motivi di doglianza erano essenzialmente due: in primo luogo, contestava la valutazione di attendibilità delle dichiarazioni che avevano fondato la sua condanna; in secondo luogo, sosteneva che il suo caso rientrasse nell’ambito della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale.
I Motivi del Ricorso Inammissibile in Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato l’appello dichiarandolo inammissibile per ragioni procedurali ben precise, che evidenziano errori comuni nella redazione di questo tipo di atti.
Primo Motivo: Il Divieto di Rivalutare i Fatti
Il ricorrente ha tentato di smontare la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello, criticando la credibilità delle prove. Tuttavia, lo ha fatto proponendo una propria, alternativa, lettura degli eventi. Questo approccio è inammissibile davanti alla Corte di Cassazione. Il giudizio di legittimità non consente di riaprire il dibattito sui fatti. L’unico modo per contestare la gestione del materiale probatorio è denunciare un “travisamento della prova”, cioè dimostrare che il giudice ha letto o interpretato in modo palesemente errato un documento o una testimonianza. Nel caso di specie, il ricorrente non ha formulato una censura di questo tipo, ma si è limitato a perorare una diversa valutazione del merito, invadendo un campo che non compete alla Cassazione.
Secondo Motivo: La Genericità sulla Lieve Entità dell’Offesa
Anche il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato e generico. La Corte d’Appello aveva già motivato perché l’offesa non poteva considerarsi “tenue”, sottolineando elementi concreti come la natura delle minacce, il loro numero e persino l’impiego di un’arma. A fronte di questa argomentazione, il ricorrente si è limitato ad affermare in modo assertivo la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., senza un reale confronto con le ragioni della sentenza impugnata. Tale genericità rende il motivo di ricorso non meritevole di accoglimento. Neppure la memoria difensiva, che richiamava la possibilità per la Corte di applicare d’ufficio tale causa di non punibilità, ha potuto sanare l’originaria genericità del motivo.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha ribadito la sua funzione di custode della legge e non dei fatti. Il primo motivo è stato rigettato perché proponeva una ricostruzione alternativa inammissibile in questa sede. Il secondo motivo è stato respinto per la sua palese genericità e infondatezza, poiché non si confrontava con le specifiche motivazioni della sentenza d’appello, la quale aveva già escluso la tenuità del fatto basandosi su elementi concreti e non opinabili (pluralità delle offese, natura delle minacce, uso di un’arma).
Le Conclusioni: Le Conseguenze di un Ricorso Inammissibile
La dichiarazione di inammissibilità ha conseguenze severe. In primo luogo, la condanna diventa definitiva. In secondo luogo, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Infine, e questo è un punto cruciale, quando il ricorso è palesemente inammissibile, si presume una “colpa” nel promuoverlo. Per questo motivo, la Corte ha condannato il ricorrente anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione ha una funzione deterrente, per scoraggiare la presentazione di appelli superficiali o meramente dilatori.
 
Cosa rende un ricorso alla Corte di Cassazione inammissibile?
Un ricorso è inammissibile se, invece di denunciare errori di diritto, tenta di ottenere una nuova valutazione dei fatti del caso. È inoltre inammissibile se i motivi sono esposti in modo generico, senza un confronto specifico con le argomentazioni della sentenza che si sta impugnando.
È possibile chiedere l’applicazione della non punibilità per tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) in Cassazione?
Sì, ma il motivo deve essere specifico e non generico. Se la Corte d’Appello ha già fornito motivazioni chiare per escluderla (come la gravità delle minacce o l’uso di un’arma), il ricorso deve contestare specificamente quelle motivazioni, non limitarsi a riproporre la richiesta in modo assertivo.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se l’inammissibilità è evidente e quindi attribuibile a colpa del ricorrente, viene anche condannato a pagare una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 3.000 euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4668 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4668  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN SECONDO PARMENSE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/01/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna che ne ha confermato la condanna per il reato continuato di cui all’art. 612, comma 2, cod. pen.;
vista la memoria difensiva presentata il 12 dicembre 2023 che ha contestato l’inammissibilità del ricorso e ha ribadito la fondatezza di quanto in esso espost rappresentando – senza alcun riferimento al caso di specie – che la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. nel testo novellato dal cligs. 10 ottobre 2022, n. 150, può ess oggetto di applicazione officiosa anche in caso di ricorso inammissibile;
ritenuto che il primo motivo di ricorso ha contestato irritualmente in questa sede d legittimità la ritenuta attendibilità delle dichiarazioni poste a fondamento dell’affermazion responsabilità dell’imputato, senza denunciare puntualmente il travisamento della prova (che non può essere prospettato per il tramite di riferimenti parcellizzati agli elementi in atti: 2, n. 46288 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268360 – 01) e finendo col perorare un’alternativa ricostruzione di quanto accaduto per il tramite dell’indicazioni di elementi – ad avviso de difesa – favorevoli all’imputato (tratti, in particolare, dal compendio dichiarativo in relativi al difetto della prova dell’impiego di strumenti atti ad offendere da parte del COGNOME e della effettiva portata intimidatoria delle sue espressioni, contrariamente a quanto affermat dalla Corte di merito);
ritenuto che il secondo motivo è manifestamente infondato e generico, in quanto la Corte di appello ha indicato espressamente gli elementi sulla scorta dei quali, ai sensi dell’art. 1 comma 1, cod. pen., ha ritenuto l’offesa non tenue (la natura delle minacce, il numero degli offesi, l’impiego di un’arma) e rispetto a tale apprezzamento, congruo e conforme al diritt (Sez. 3, n. 34151 del 18/06/2018, Foglietta, Rv. 273678 – 01), il ricorso si è limitato a addu – sulla scorta di allegazioni assertive – la sussistenza dei presupposti di applicazione de causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen. (senza che nulla possa mutare l generica prospettazione contenuta nella citata memoria difensiva, il che esime dall’immorare al riguardo);
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazion (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente