Ricorso Inammissibile per Genericità: Analisi di un’Ordinanza della Cassazione
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: la necessità di specificità nei motivi di impugnazione. La Suprema Corte ha dichiarato un ricorso inammissibile perché basato su contestazioni generiche, confermando la condanna dell’imputato e aggiungendo sanzioni pecuniarie. Questa decisione offre spunti importanti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi e sulle conseguenze del loro mancato rispetto.
I Fatti Processuali
Il caso trae origine da una condanna per il reato di furto aggravato, emessa in primo grado e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Milano. L’imputato, ritenendo ingiusta la conferma della sua condanna, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo di impugnazione.
L’Analisi della Cassazione e il Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha liquidato rapidamente, dichiarandolo inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella valutazione dell’unico motivo presentato, giudicato affetto da “evidente aspecificità intrinseca”.
L’imputato, infatti, si era limitato a contestare in modo generico la sentenza d’appello, lamentando una presunta mancata esposizione delle ragioni di fatto e di diritto che avevano portato alla conferma della condanna. La Cassazione ha respinto tale doglianza, evidenziando come la Corte territoriale avesse, al contrario, adeguatamente motivato la propria decisione. È stato inoltre sottolineato che la Corte d’Appello aveva legittimamente fatto ricorso alla motivazione per relationem, ossia richiamando il contenuto della sentenza di primo grado, una pratica pienamente consentita quando le ragioni sono esposte in modo completo e logico.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Cassazione si fonda su un principio cardine del diritto processuale: il ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio sul merito dei fatti. Il suo scopo è controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Per questo, i motivi di ricorso devono essere specifici, indicando con precisione quali parti della sentenza si contestano e per quali ragioni giuridiche.
Una critica vaga e generica, come quella mossa nel caso di specie, non permette alla Corte di svolgere il proprio ruolo di giudice di legittimità. Di fronte a un motivo così formulato, il ricorso non supera il vaglio preliminare di ammissibilità. La condanna del ricorrente al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende, prevista dall’art. 616 del codice di procedura penale, agisce come sanzione per aver adito la Suprema Corte con un’impugnazione priva dei requisiti minimi di legge, scoraggiando la presentazione di ricorsi meramente dilatori o esplorativi.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza riafferma con forza che la redazione di un ricorso per cassazione richiede rigore e precisione. Per i professionisti legali, ciò si traduce nella necessità di formulare censure dettagliate, che identifichino chiaramente i vizi della sentenza impugnata, siano essi violazioni di legge o difetti manifesti di motivazione.
Per l’imputato, le conseguenze di un ricorso inammissibile sono severe. Non solo la condanna diventa definitiva, ma si aggiunge un onere economico significativo: il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro. La decisione serve quindi da monito: l’accesso alla giustizia, specialmente ai suoi gradi più alti, deve essere esercitato con responsabilità e sulla base di argomentazioni giuridiche solide e specifiche.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile a causa della sua “evidente aspecificità intrinseca”. L’imputato aveva contestato la sentenza d’appello in modo generico, senza indicare specifiche critiche o errori di diritto, rendendo il motivo di impugnazione non idoneo a superare il vaglio di ammissibilità.
È legittimo che una Corte d’Appello motivi la propria decisione richiamando la sentenza di primo grado?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la motivazione per relationem (per riferimento) è una pratica consentita, a condizione che le ragioni richiamate dalla sentenza di primo grado siano adeguate, logiche e puntualmente esposte.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
Oltre alla condanna al pagamento delle spese processuali, il ricorrente è stato condannato a versare una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione pecuniaria per aver presentato un’impugnazione priva dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37039 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37039 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/05/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe e con la quale è stato condannato per il reato previsto dagli artt. 624 e 625, n.6, cod.pen..
L’unico motivo di ricorso è inammissibile in quanto affetto da evidente aspecificità intrinseca.
Difatti, il ricorrente ha genericamente contestato la sentenza di appello sulla base della dedotta mancata esposizione delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della conferma della condanna; ragioni invece adeguatamente esposte dalla Corte territoriale anche mediante consentito richiamo per relationem al contenuto della sentenza di primo grado
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28 ottobre 2025
Il Consigliere estensore
La Psidente