Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10869 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10869 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CALATABIANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/06/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
NOME
che ha concluso per Iiinammissibilità del ricorso,
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Messina ha confermato la decisione del Tribunale di quella stessa città – che aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole di tentato furto aggravato dalla violenza sulle cose e dalla esposizione alla pubblica fede (capo A), in ess assorbito il reato di danneggiamento contestato sub B), esclusa la recidiva contestata.
Ricorre per cassazione l’imputato, che, per il tramite del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, svolge un unico motivo, con il quale denuncia l’erronea valutazione della pro fondando la affermazione di responsabilità su mere congetture, in violazione dell’art. 192 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso risulta inammissibile sia per la genericità con cui è formulato – attraverso deduzi astratte prive di specifiche censure alla motivazione della sentenza impugnata, con la quale i ricorrente omette di confrontarsi – sia perché manifestamente infondato.
A tanto deve aggiungersi che si è in presenza di una c.d. doppia conforme, cosicchè le sentenze di primo e di secondo grado nella vicenda in esame possono essere esaminate congiuntamente perché si saldano tra loro e formano un unico complesso motivazionale; infatti, i giudici di appello hanno esaminato le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese fondamentali passaggi logico-giuridici della decisione; né i motivi di gravame hanno riguardato elementi nuovi, essendosi limitati a prospettare circostanze già esaminate e chiarite nell decisione impugnata (Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011 – dep.2012, NOME, Rv. 25261501).
Con la decisione in esame, invero, i giudici del merito hanno ricostruito con argomenti razionali la responsabilità dell’imputato, al quale hanno ricondotto le condotte contesta facendo riferimento: alla pacifica circostanza dell’appartenenza allo stesso dell’autovettura bordo della quale la persona sorpresa dal querelante a estratte i fili di rame dal trasformato era stata vista allontanarsi; alla stessa fotografia scattata nella medesima circostanza da persona offesa – argomento di per sé dotato di intrinseca persuasività; alle dichiarazioni rese quest’ultima, ritenute attendibili, logiche, lineari, nonché rafforzate dalla sua man costituzione in giudizio quale parte civile.
4.A fronte di tale quadro probatorio, oggettivamente rassicurante, e di un congruo corredo argomentativo, che non denuncia evidenti illogicità, il ricorrente si limita a richiamare principi declinati con riguardo alle regole di giudizio che governano il processo penale, e, l dall’evidenziare manifeste lacune o incongruenze capaci di disarticolare l’intero ragionamento probatorio adottato dai giudici di merito, formula censure del tutto astratte, come tali, esaminabili dalla RAGIONE_SOCIALEzione.
Peraltro, la sentenza impugnata ha anche sottolineato come, a fronte del quadro probatorio acquisito, l’imputato non abbia inteso offrire alcuna spiegazione alternativa, restando, seppu legittimamente, assente e silente nel corso del processo, non consentendo attraverso il suo contributo di pervenire ad una ricostruzione diversa del materiale probatorio acquisito. Sul punt
si rammenta l’insegnamento di codesta Corte che ha avuto modo di chiarire come, “in tema di valutazione della prova, è consentito al giudice, nella formazione del suo libero convincimento, di trarre dal comportamento dell’imputato argomenti utili per la valutazione di circostanz “aliunde” acquisite, senza che ciò possa determinare alcun sovvertimento del riparto dell’onere probatorio” (Sez. 4, sentenza n.22105 del 2.5.2023 ud. dep. 23.5.2023).
Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge ( art. 616 cod.proc.pen ) la condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, addì 02 febbraio 2024
Il Consigliere estensore