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Ricorso inammissibile per genericità: guida la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di stupefacenti. La Corte ha stabilito che il ricorso era una mera riproposizione dei motivi già respinti in appello, senza un confronto critico con la sentenza impugnata. È stata inoltre confermata la congruità della pena e il diniego delle attenuanti generiche, motivato dall’atteggiamento poco collaborativo dell’imputato.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile per genericità: la Cassazione fa chiarezza

L’ordinanza in commento offre un’importante lezione sulla corretta redazione degli atti di impugnazione. Affronta il caso di un ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano una semplice riproduzione di quelli già respinti in appello, senza un reale confronto con la decisione impugnata. Questa pronuncia della Corte di Cassazione ribadisce principi fondamentali della procedura penale, evidenziando come la funzione dell’impugnazione sia quella di una critica argomentata e non di una sterile ripetizione.

I Fatti del Caso

Un automobilista veniva condannato in primo e secondo grado per i reati di guida in stato di ebbrezza alcolica e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, previsti dagli articoli 186 e 187 del Codice della Strada. La Corte d’Appello di Brescia confermava la condanna a una pena di un anno di arresto e 3.000 euro di ammenda per ciascun reato.

Avverso questa sentenza, la difesa dell’imputato proponeva ricorso per cassazione, articolando due principali motivi:
1. Insufficienza della motivazione riguardo alla sussistenza del reato di guida sotto l’effetto di stupefacenti.
2. Eccessività della pena applicata e mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

La Decisione della Corte di Cassazione e il concetto di ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione si fonda su un principio cardine del diritto processuale: l’atto di impugnazione deve contenere una critica specifica e argomentata del provvedimento che si intende contestare. Non può limitarsi a riproporre le medesime doglianze già esaminate e respinte dal giudice del grado precedente.

Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno osservato che il primo motivo di ricorso non faceva altro che reiterare le considerazioni già presentate nell’atto di appello, senza confrontarsi con la logica e congrua motivazione fornita dalla Corte territoriale. Quest’ultima aveva chiaramente evidenziato le ragioni per cui riteneva provato lo stato di alterazione psicofisica dell’imputato, dovuto all’abuso di sostanze alcoliche.

La congruità della pena e le attenuanti generiche

Anche il secondo motivo di ricorso è stato rigettato. La Cassazione ha ricordato che il giudice di merito non è tenuto a fornire una motivazione dettagliata sulla determinazione della pena quando questa si attesta su valori medi o prossimi al minimo edittale, come nel caso di specie. La scelta rientra nella sua discrezionalità e non è sindacabile in sede di legittimità se non manifestamente illogica.

Per quanto riguarda il diniego delle circostanze attenuanti generiche (ex art. 62-bis c.p.), la Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello coerente e priva di vizi logici. Il giudice di secondo grado aveva infatti valorizzato l’atteggiamento inizialmente poco collaborativo dell’imputato e la specifica struttura del reato contestato, elementi sufficienti a giustificare la mancata concessione del beneficio.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Cassazione si articola su due pilastri fondamentali.

Il primo è la funzione stessa dell’impugnazione. La Corte ribadisce, citando copiosa giurisprudenza, che l’appello e il ricorso per cassazione non sono un’occasione per un nuovo giudizio sul fatto, ma strumenti per criticare le decisioni precedenti. Se il ricorso si limita a ripetere argomenti già vagliati, senza indicare perché la motivazione del giudice precedente sia errata, perde la sua funzione e diventa ricorso inammissibile.

Il secondo pilastro riguarda l’ambito del sindacato di legittimità. La Cassazione non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Il suo compito è verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia logicamente coerente, completa e non contraddittoria. Nel caso esaminato, sia la valutazione sulla responsabilità penale sia quella sulla determinazione della pena e sulla concessione delle attenuanti sono state giudicate immuni da vizi logico-giuridici, e quindi non censurabili.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito per gli operatori del diritto sull’importanza di redigere atti di impugnazione specifici e puntuali. Un ricorso efficace deve dialogare criticamente con la sentenza impugnata, smontandone le argomentazioni punto per punto, e non limitarsi a una sterile riproposizione di tesi già sconfessate. In assenza di questo confronto critico, la conseguenza processuale è netta: l’inammissibilità del ricorso, con la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per genericità dei motivi?
Quando si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nel grado precedente, senza confrontarsi criticamente e specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata, venendo meno alla funzione tipica dell’impugnazione.

Il giudice deve sempre motivare in modo dettagliato la quantità della pena inflitta?
No, secondo la giurisprudenza costante, una motivazione specifica e dettagliata è richiesta solo quando la sanzione è quantificata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media. Per pene vicine al minimo, la scelta del giudice è considerata insindacabile se basata implicitamente sui criteri dell’art. 133 c.p.

Quali elementi possono giustificare il diniego delle circostanze attenuanti generiche?
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto legittimo il diniego basandosi su elementi concreti emersi dal processo, quali l’atteggiamento inizialmente poco collaborativo dell’imputato e la specifica struttura del reato contestato, ritenendo la motivazione del giudice di merito logica e coerente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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