Ricorso inammissibile per genericità: il dovere di specificità nell’impugnazione
Quando si impugna una sentenza, non è sufficiente lamentare genericamente un’ingiustizia. È fondamentale articolare motivi specifici, chiari e autosufficienti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile proprio a causa della indeterminatezza del motivo presentato. Questo caso offre uno spunto essenziale sull’importanza della tecnica redazionale negli atti processuali, specialmente quando si contesta la misura della pena.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una condanna per bancarotta. Inizialmente, all’imputato era stato contestato il più grave reato di bancarotta fraudolenta documentale. La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha riqualificato il fatto, derubricandolo a bancarotta documentale semplice, un’ipotesi di reato meno grave prevista dall’art. 217, secondo comma, della Legge Fallimentare. Nonostante la riqualificazione più favorevole, l’imputato decideva di ricorrere per Cassazione, lamentando un unico aspetto della decisione: la determinazione della pena.
Il motivo del ricorso e la decisione della Cassazione
L’unico motivo di doglianza sollevato davanti alla Suprema Corte riguardava un presunto vizio di motivazione nella quantificazione della pena. In particolare, il ricorrente contestava il fatto che la Corte d’Appello si fosse discostata dal minimo edittale, fissando la reclusione in sei mesi. Tuttavia, secondo i giudici di legittimità, il modo in cui tale censura è stata formulata ha reso il ricorso inammissibile.
La Genericità come Causa di Inammissibilità
Il ricorrente si è limitato a lamentare la severità della pena in modo astratto, senza fornire al giudice dell’impugnazione gli strumenti per una reale valutazione. Non sono stati indicati gli errori specifici nel ragionamento della Corte d’Appello, né sono stati presentati elementi concreti o fatti favorevoli che, se considerati, avrebbero potuto condurre a un trattamento sanzionatorio più mite. Questa mancanza di specificità ha impedito alla Cassazione di esercitare il proprio sindacato sulla decisione impugnata.
Le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione, nel dichiarare l’inammissibilità, ha sottolineato come il motivo d’appello fosse ‘generico per indeterminatezza’. La motivazione della sentenza di secondo grado, sebbene sintetica, era stata ritenuta logicamente corretta. A fronte di ciò, il ricorrente avrebbe dovuto:
1. Individuare i passaggi illogici: Specificare quali parti della motivazione della Corte d’Appello fossero carenti, contraddittorie o manifestamente illogiche.
2. Indicare gli elementi trascurati: Evidenziare fatti o circostanze favorevoli (ad esempio, l’incensuratezza, il comportamento processuale, il grado del dolo) che i giudici di merito avrebbero ignorato o sottovalutato.
In assenza di tali indicazioni, il ricorso si è risolto in una mera e sterile protesta contro la pena inflitta, non consentendo alla Corte di comprendere le ragioni concrete della censura. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa pronuncia riafferma un principio cardine del diritto processuale penale: un’impugnazione, per essere efficace, deve essere specifica. Non basta esprimere un dissenso, ma è necessario ‘dialogare’ con la sentenza impugnata, smontandone il ragionamento punto per punto e offrendo elementi concreti a supporto delle proprie tesi. La genericità e la vaghezza, come dimostra questo caso, conducono inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, precludendo ogni possibilità di revisione della decisione nel merito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché il motivo presentato era generico e indeterminato. Il ricorrente non ha specificato gli elementi concreti a base della sua censura né ha indicato le ragioni o i fatti favorevoli che la Corte d’Appello avrebbe trascurato nel determinare la pena.
Qual era il reato per cui l’imputato è stato condannato in appello?
L’imputato è stato condannato per il reato di bancarotta documentale semplice, ai sensi dell’art. 217, secondo comma, della legge 267 del 1942, a seguito di una riqualificazione del fatto originariamente contestato come bancarotta fraudolenta documentale.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione della Cassazione?
A seguito della declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1389 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1389 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 06/12/2023
-Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma dell’Il aprile 2023 che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale cittadino del 7 aprile 2022, ha riqualificato i fatto, contestato originariamente quale bancarotta fraudolenta documentale, nel reato di bancarotta documentale semplice di cui all’art 217 comma secondo legge 267 del 1942.
-Considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta vizio di motivazione nella determinazione della pena e il discostarnento dal minimo edittale, pari a mesi sei di reclusione, è generico per indeterminatezza in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, il motivo non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato; né indica le ragioni concrete o gli elementi in fatto favorevoli eventualmente trascurati dalla sentenza impugnata che avrebbero dovuto condurre, ad un più mite trattamento sanzionatorio.
-Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 6 dicembre 2023 Il c si liere estensore GLYPH Il Presidente ,)