Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30791 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30791 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SALERNO il 23/11/1971
avverso la sentenza del 08/11/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOMECOGNOME condannato dalla Corte di appello di Salerno – in riforma della sentenza assolutoria di primo grado del Tribunale di Salerno – alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione per il reato di cui all’art. 7, comma 1, in relazione all’art. 3, del d.lgs. n. 4 del 1019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2019, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo: 1) vizi della motivazione e violazione di legge in ordine alla riconosciuta colpevolezza dell’imputato; 2) vizi della motivazione e violazione dell’art. 507 cod. proc. pen., relativamente all’assenza dell’elemento psicologico richiesto dalla fattispecie di reato e all’intervenuta abrogazione del reato contestato; 3) vizi della motivazione e violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. in ordine all’omesso esame delle argomentazioni difensive; 4) vizi della motivazione e violazione dell’art. 133 cod. pen. in riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della prevalenza di queste ultime sulle aggravanti.
Considerato che il ricorso è inammissibile, perché generico e diretto a sollecitare una rivalutazione del quadro istruttorio, sulla base di una rilettura dei fatti preclusa al sindacato di questa Corte, non confrontandosi in modo puntuale con le argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata;
che il primo ed il terzo motivo di doglianza, relativi alla penale responsabilità dell’imputato, possono essere, per contenuto, trattati congiuntamente;
che la Corte di merito ha fornito un’ampia e articolata motivazione, illustrando con chiarezza l’iter logico-argomentativo seguito per pervenire alla certezza della responsabilità dell’imputato, valorizzando il certificato datato 11.5.2021 e quello datato 14.07.2021, attestatanti che in INDIRIZZO del Comune di Giffoni di Valle Piana, a quelle date risultassero residenti COGNOME NOME, il nipote NOME, la di lui compagna NOME ed i pronipoti NOME NOME e COGNOME NOME;
che l’ufficiale di stato incaricato ha riferito che, qualora COGNOME NOME avesse comunicato di essersi trasferito dal civico 48 al civico INDIRIZZO di INDIRIZZO, una simile comunicazione doveva necessariamente essere presente negli atti del comune, circostanza, quest’ultima, non dimostrata dalla difesa;
che le allegazioni difensive relative alla presunta mancata valutazione dei certificati di stato di famiglia del 3 maggio 2023 e di residenza storica del 20 aprile 2023 dell’imputato risultano del tutto irrilevanti, trattandosi di documenti formatisi a distanza di almeno tre anni dal momento di commissione del fatto oggetto di contestazione;
che il secondo motivo di doglianza, in parte sovrapponibile al primo e inerente alla circostanza che il fatto contestato non sarebbe più previsto dalla legge come reato è manifestamente infondato, in quanto, sebbene la legge n. 197 del 2022
sia entrata in vigore già alla data del 1° gennaio 2023, la concreta efficacia dell’effetto abrogativo previsto dalla disposizione in esame deve intendersi sospesa
sino alla diversa data del 1° gennaio 2024, con la conseguente perdurante applicazione sino a quel momento, trattandosi di disposizione ancora in vigore,
Sez. 3, n. 39205 del dell’art. 7 e degli effetti penali da esso previsti
(ex multis,
20/06/2023);
che sul punto anche le Sezioni Unite hanno osservato che il legislatore ha previsto che al reddito di cittadinanza continuino ad applicarsi le disposizioni di cui
all’art. 7 del d.lgs. n. 4 del 2019, vigenti alla data in cui il beneficio è sta concesso, per i fatti commessi sino al 31 dicembre 2023 (Sez. U, n. 49686 del 13
luglio 2023, Rv. 285435);
che il quarto motivo di doglianza, relativo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed al trattamento sanzionatorio, è inammissibile,
omettendo di confrontarsi con la motivazione fornita sul punto dalla Corte di appello (pag. 9 del provvedimento);
che, secondo la corretta valutazione della sentenza impugnata, non sono emersi elementi di segno positivo atti a giustificare la concessione delle circostanze attenuanti generiche e la pena è stata fissata in misura lievemente maggiore rispetto al minimo edittale, tenendo conto dei precedenti penali per favoreggiamento, minaccia a pubblico ufficiale, detenzione illegale di armi e furto, da cui è gravato l’imputato;
che, tenuto conto della sentenza del 13 giugno 2000, n. 86, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 30 maggio 2025.