Ricorso Inammissibile per Genericità: La Cassazione e il Divieto di Rivalutare le Prove
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità, ribadendo un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti. Con questa pronuncia, i giudici chiariscono le ragioni che portano a dichiarare un ricorso inammissibile per genericità, specialmente quando mira a una non consentita rivalutazione delle prove già esaminate dai giudici di merito.
I Fatti del Processo: Dall’Assoluzione al Ricorso
Il caso trae origine da un procedimento per il reato di diffamazione. L’imputato era stato assolto sia in primo grado sia in appello con la formula “per non aver commesso il fatto”. La Corte d’Appello aveva confermato la decisione, ritenendo che non vi fossero prove sufficienti per attribuire con certezza la condotta diffamatoria all’imputato. In particolare, mancava la prova dell’indirizzo IP dal quale erano partite le offese, e le argomentazioni della parte civile per identificare l’autore erano state giudicate come “suggestive supposizioni prive di qualsivoglia elemento di certezza”.
Contro questa sentenza, la parte civile ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione delle norme sulla valutazione della prova.
L’Analisi della Corte: Perché il Ricorso è Inammissibile per Genericità
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il motivo centrale della decisione risiede nella natura stessa del motivo di ricorso presentato. I giudici hanno osservato che, dietro la formale denuncia di violazione di legge, il ricorrente cercava in realtà di ottenere una nuova valutazione delle prove, un’operazione preclusa in sede di legittimità.
Il ricorso è stato definito generico perché:
1. Mancava un confronto critico: Non si confrontava specificamente con tutte le ragioni logico-giuridiche esposte nella sentenza impugnata, limitandosi a riproporre una diversa lettura dei fatti.
2. Era versato in fatto: Mirava a sollecitare una riconsiderazione del materiale probatorio, compito esclusivo dei giudici di primo e secondo grado.
3. Non evidenziava vizi logici macroscopici: Non indicava “inopinabili e decisivi fraintendimenti delle prove” che potessero, ictu oculi (a colpo d’occhio), scardinare l’impianto motivazionale della sentenza d’appello.
La Corte ha sottolineato che la motivazione della Corte territoriale era solida e non presentava illogicità evidenti.
Lo Standard Probatorio e i Limiti del Giudizio
La decisione si fonda anche sull’elevato standard probatorio richiesto nel processo penale per giungere a una condanna (art. 533 c.p.p.), ovvero la prova “al di là di ogni ragionevole dubbio”. I giudici di merito avevano correttamente ritenuto non raggiunto tale standard, e la Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella, logicamente coerente, espressa nei gradi precedenti.
L’inammissibilità del ricorso deriva quindi dal tentativo di superare i confini del giudizio di legittimità, che è un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla coerenza logica della motivazione, non un’ulteriore analisi dei fatti di causa.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che il ricorso della parte civile non era consentito in quella sede. Tramite argomentazioni generiche e interamente basate sui fatti, si mirava a una rivalutazione delle prove che avevano già portato a una doppia assoluzione. I giudici di merito avevano concluso, in modo conforme e senza illogicità manifeste, che le prove raccolte non erano sufficienti a soddisfare l’elevato standard probatorio richiesto per una condanna penale. Il ricorso non ha saputo individuare specifici e decisivi fraintendimenti probatori, limitandosi a proporre una tesi alternativa già scartata nei precedenti gradi di giudizio.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza rappresenta un monito importante: il ricorso per cassazione deve essere redatto con estrema perizia tecnica, concentrandosi esclusivamente sui vizi di legittimità (errori di diritto) o su difetti motivazionali di macroscopica evidenza. Proporre un ricorso che si limiti a contestare la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito espone non solo a una declaratoria di inammissibilità, ma anche alla condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché era generico e mirava a una nuova valutazione delle prove e dei fatti, attività non consentita in sede di legittimità. Il ricorso non ha evidenziato errori di diritto o vizi logici manifesti nella sentenza impugnata, ma si è limitato a proporre una diversa interpretazione del materiale probatorio.
Qual era il motivo principale dell’assoluzione dell’imputato nei gradi di merito?
L’imputato era stato assolto perché non era stato raggiunto lo standard probatorio necessario per una condanna. In particolare, mancava la prova certa dell’identificazione dell’autore della condotta diffamatoria, poiché non era stato possibile risalire all’indirizzo IP e le argomentazioni della parte civile erano state considerate “suggestive supposizioni prive di qualsivoglia elemento di certezza”.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per il ricorrente?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, oltre al rigetto definitivo delle proprie istanze, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in Euro 3.000,00.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12946 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12946 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: dalla parte civile COGNOME NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a ORVIETO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/06/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
– che, con l’impugnata sentenza, la Corte di Appello di Firenze ha confermato la sentenza di assoluzione, per non aver commesso il fatto, pronunciata nei confronti di COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 595, commi 1, 2 e 3, cod. pen. (fatto commesso in luogo imprecisato il 9 luglio 2015);
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la parte civile NOME COGNOME, a mezzo del difensore, articolando un solo motivo;
– che, con memoria in data 7 marzo 2024, il difensore dell’imputato ha sviluppato articolate deduzioni, al termine delle quali ha chiesto che il ricorso della parte civile sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il proposto motivo, che denuncia la violazione degli artt. 192, comma 2, e 533 cod. proc. pen., non è consentito in questa sede, giacché, tramite argomentazioni generiche – perché prive di effettivo confronto critico con tutte le ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata – ed interamente versate fatto, mira a sollecitare una rivalutazione delle prove poste a fondamento del giudizio di assoluzione dell’imputato, siccome formulato da entrambi i giudici di merito nelle loro conformi decisioni, in assenza di specifica allegazione di individuati, inopinabili e decisivi fraintendimenti delle prove medesime, capaci, cioè, ictu °cui/ di scardinare la tenuta dell’impianto motivazionale della sentenza impugnata, che non risulta inficiato da illogicità di macroscopica evidenza (vedasi pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale riteneva non soddisfatto l’elevato standard probatorio richiesto dal codice di rito all’art. 533, comma 1, sia in ragione della mancanza della prova dell’indirizzo IP, che avrebbe consentito la sicura individuazione dell’autore del reato, sia in ragione delle «suggestive supposizioni prive di qualsivoglia elemento di certezza» avanzate dalla parte civile impugnante quanto all’identificazione dell’imputato quale autore della condotta diffamatoria posta in essere ai suoi danni);
– rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 marzo 2024
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Il consigliere estensore
Il Presidente