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Ricorso inammissibile per furto tentato: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputate condannate per furto tentato. La Suprema Corte ha stabilito che i motivi di appello, relativi alla quantificazione della pena e alla mancata concessione di un’attenuante, erano generici e infondati. Questa decisione sottolinea l’importanza di presentare un ricorso inammissibile con argomentazioni specifiche e non meramente ripetitive, confermando la condanna e le sanzioni pecuniarie a carico delle ricorrenti.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Analisi di una Decisione della Cassazione su Furto Tentato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27084/2024, ha fornito importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, dichiarando un ricorso inammissibile presentato da due imputate condannate per furto tentato. Questa decisione evidenzia come la genericità e la manifesta infondatezza dei motivi portino inevitabilmente al rigetto dell’impugnazione, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da una condanna per il reato di furto tentato emessa dal Tribunale di Treviso a carico di due donne. La sentenza è stata successivamente confermata dalla Corte di Appello di Venezia. Le imputate, non rassegnate alla decisione, hanno deciso di presentare ricorso per cassazione, contestando principalmente due aspetti della sentenza di secondo grado: la quantificazione della pena e la mancata concessione di una circostanza attenuante.

I Motivi del Ricorso: Perché è un ricorso inammissibile?

Le ricorrenti hanno basato la loro impugnazione su un unico motivo, lamentando una presunta “mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione” da parte della Corte di Appello. Nello specifico, le doglianze si concentravano su:

1. Quantificazione della pena: Le imputate ritenevano che la pena non fosse stata calcolata correttamente e che la riduzione per il tentativo fosse inadeguata.
2. Mancata concessione dell’attenuante: Sostenevano di aver diritto all’applicazione della circostanza attenuante del danno di particolare tenuità, prevista dall’art. 62, n. 4 del codice penale.

Questi argomenti, tuttavia, sono stati giudicati dalla Cassazione come insufficienti a superare il vaglio di ammissibilità, portando a una dichiarazione di ricorso inammissibile.

Genericità e Infondatezza del Motivo sulla Pena

La Suprema Corte ha definito il motivo relativo alla quantificazione della pena come “manifestamente infondato e generico”. I giudici hanno osservato che la Corte di Appello aveva, in realtà, agito correttamente. Aveva integrato la sentenza di primo grado, precisando il calcolo della pena e spiegando in modo logico e coerente le ragioni che giustificavano l’entità della riduzione concessa per il tentativo. Inoltre, le ricorrenti non avevano specificato nel loro ricorso i motivi concreti per cui avrebbero meritato un trattamento sanzionatorio più favorevole, limitandosi a una critica generica.

La Questione della Circostanza Attenuante

Anche la doglianza sulla mancata concessione dell’attenuante è stata respinta. La Cassazione l’ha definita “aspecifica”, in quanto non teneva conto della motivazione già fornita dalla Corte territoriale. Quest’ultima aveva escluso l’applicazione dell’attenuante in ragione del valore della merce sottratta. Secondo la Suprema Corte, tale valutazione non era “manifestamente illogica” e, pertanto, non poteva essere sindacata in sede di legittimità.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda sul principio consolidato secondo cui il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. I motivi devono essere specifici e devono evidenziare vizi logici o giuridici palesi nella sentenza impugnata. Nel caso di specie, le ricorrenti si sono limitate a riproporre le loro lamentele senza attaccare in modo pertinente e puntuale il ragionamento dei giudici di appello. La Corte ha ribadito che, quando una motivazione è priva di vizi logici, la decisione del giudice di merito è insindacabile. Pertanto, i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un monito fondamentale per chi intende impugnare una sentenza penale. Per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, non è sufficiente lamentare un’ingiustizia percepita. È necessario articolare motivi di ricorso specifici, che individuino con precisione le contraddizioni, le illogicità manifeste o le violazioni di legge presenti nella decisione impugnata. In assenza di tali elementi, il ricorso è destinato al fallimento, con l’ulteriore conseguenza della condanna al pagamento delle spese e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

Perché il ricorso delle imputate è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici, manifestamente infondati e aspecifici. Le ricorrenti non hanno adeguatamente contestato la logicità della motivazione della Corte d’Appello né hanno chiarito perché avrebbero meritato un trattamento sanzionatorio migliore.

La Corte di Cassazione può ricalcolare la pena decisa nei gradi precedenti?
No, la Corte di Cassazione non è un giudice del merito e non può ricalcolare la pena. Il suo compito è verificare che la motivazione con cui i giudici precedenti hanno quantificato la pena sia logica e non presenti vizi di legge. In questo caso, la motivazione è stata ritenuta immune da vizi.

Per quale motivo non è stata concessa l’attenuante del danno di particolare tenuità?
La Corte di Appello ha escluso l’applicazione di questa attenuante in base al valore della merce che si è tentato di sottrarre. La Corte di Cassazione ha confermato che questa valutazione non era manifestamente illogica e, quindi, rientrava nel potere discrezionale del giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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