Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11677 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11677 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a GIUSSANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/10/2022 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Genova ha confermato la sentenza del Tribunale di Imperia di condanna per il reato di furto aggravato delle borse di alcune clienti di uno stabilimento balneare;
Rilevato che il primo motivo del ricorso – con cui il ricorrente denunzia vizio motivazione in relazione alla mancanza degli elementi tipici della fattispecie, in particolare fine di profitto – è manifestamente infondato perché è reiterativo di una doglianz correttamente affrontata dalla Corte di appello, che ha escluso che il complessivo compendio fruttato all’imputato avesse un valore economico talmente irrisorio da fare reputare che il su impossessamento non fosse animato dal fine di profitto;
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con cui il ricorrente lamenta vizio motivazione in relazione alla mancata assoluzione per particolare tenuità del fatto – è generic per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
Considerato che il terzo motivo di ricorso GLYPH con cui il ricorrente denunzia vizio di motivazione in relazione alla mancata riqualificazione dei reati commessi a danno di NOME COGNOME e NOME COGNOME nella forma tentata – è aspecifico in quanto il ricorrente ha mancat di adeguarsi all’attuale disposto di cui all’art. 581 cod, proc. pen., perché ha seguito un pro approccio critico, omettendo, tuttavia, di esplicitare il ragionamento sulla cui base muovev censure alla decisione avversata. A questo riguardo, va altresì ricordato che Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli Rv. 268823, ha ribadito un principio già noto nell giurisprudenza di legittimità, secondo cui i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibil non solo quando risultino intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato e che le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazio risiedono nel fatto che quest’ultimo non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato. Il ricorso, inoltre, è manifestamente perché la Corte di Appello ha correttamente evidenziato che vi era stato impossessamento dei beni, usciti dalla sfera di controllo delle persone offese restituiti solo per l’intervento del bagnino e dopo l’inseguimento del reo fino all’autobus su era salito;
Circa il quarto motivo di ricorso – con cui il ricorrente denunzia l’eccessività trattamento sanzionatorio e lamenta il diniego delle circostanze attenuanti generiche e della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4), cod. pen. – si osserva quanto segue.
Manifestamente infondata è la doglianza che attiene alla commisurazione della pena, giacché la Corte di appello ha dato conto delle connotazioni fattuali e personali della vicend che sorreggono la scelta sanzionatoria. D’altronde l’obbligo di una motivazione rafforzata sussiste solo allorché la pena si discosti significativamente dal minimo edittale, mentre, n caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media, è sufficiente il richiamo al crit di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di ali all’art. 133 cod. pen. (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME e altri, Rv. 256464; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197; Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, COGNOME, Rv. 245596).
Inoltre la Corte di appello ha adeguatamente motivato circa la negazione delle circostanze attenuanti generiche, facendo riferimento agli indici di natura personale e fattual che hanno imposto di non accedere al trattamento di favore (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata). Tale interpretazione è ispirata alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il giudice, quando nega la concessione delle circostanze attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma può limitarsi a fare riferimento a quelli ritenuti comunque rilevanti (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, COGNOME e altri, Rv. 248244);
Considerato inoltre che la censura di cui allo stesso motivo di ricorso – con cui il ricorre lamenta la mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. è manifestamente infondata giacché il valore dei beni non è irrisorio, data la necessità, per l persone offese, di affrontare spese per porre rimedio alle sottrazioni (cfr. pagg. 3 e 5 de sentenza impugnata); questa soluzione è coerente con la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui la circostanza attenuante invocata ha carattere oggettivo e il Giudice, nel vagliarne l’applicabilità, deve considerare non solo il valore in sé della cosa sottratta, ma an quello complessivo del pregiudizio arrecato con l’azione criminosa, valutando i danni ulterior che la persona offesa abbia subito in conseguenza della sottrazione della res, allorché essi siano direttamente ricollegabili al reato (Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017, Sicu, Rv. 269241 01; Sez. 4, n. 8530 del 13/02/2015, Chiefari, Rv. 262450 – 01; Sez. 5, n. 7738 del 04/02/2015, NOME, Rv. 263434 – 01; cfr. anche Sez. U, n. 35535 del 12/07/2007, NOME, Rv. 236914 – 01, in tema di ricettazione).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2024.