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Ricorso inammissibile per furto: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un individuo condannato in appello per furto in abitazione. La Corte ha ritenuto i motivi di ricorso troppo generici, in quanto non individuavano vizi specifici nella motivazione della sentenza impugnata, la quale si basava su prove come filmati di videosorveglianza e tatuaggi. La decisione sottolinea l’importanza di formulare ricorsi specifici e non limitarsi a una rilettura alternativa delle prove.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi di Appello sono Troppo Generici

L’esito di un processo non si decide solo nel merito, ma anche attraverso il rigoroso rispetto delle regole procedurali. Un caso recente esaminato dalla Corte di Cassazione illustra perfettamente questo principio, concludendosi con la dichiarazione di ricorso inammissibile per un imputato condannato per furto in abitazione. Questa ordinanza evidenzia come la genericità dei motivi di impugnazione possa precludere un’ulteriore valutazione della vicenda processuale.

I Fatti del Processo

Un uomo, già condannato dalla Corte d’Appello per il reato di furto in abitazione (art. 624 bis c.p.), decideva di presentare ricorso per cassazione. La sua difesa si basava su due punti principali: una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo all’affermazione della sua responsabilità penale, e una critica analoga per la mancata concessione delle attenuanti generiche in regime di prevalenza.

La Valutazione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha rapidamente liquidato le doglianze del ricorrente, etichettandole come generiche e, di conseguenza, manifestamente infondate. Secondo i giudici, il ricorso non rispettava i requisiti di specificità richiesti dall’articolo 581, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale. In pratica, l’atto di impugnazione, di fronte a una motivazione della sentenza d’appello ritenuta logicamente corretta e coerente, non indicava gli elementi specifici su cui si fondava la censura.

L’impostazione del ricorso non consentiva al giudice di legittimità di individuare i rilievi mossi e di esercitare il proprio sindacato, trasformandosi in una richiesta di rivalutazione delle prove, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.

Le Prove e la Coerenza Logica della Sentenza Impugnata

Il giudice di merito aveva costruito il suo convincimento su una serie di elementi probatori solidi e ben argomentati. La Corte ha sottolineato come la sentenza d’appello avesse correttamente valorizzato:

* La perfetta coincidenza tra la capigliatura dell’imputato e quella dell’uomo ripreso dai filmati di videosorveglianza.
* La scelta di un abbigliamento strategico, volto a coprire tatuaggi molto personali e riconoscibili, lasciando scoperto solo un tatuaggio più comune e diffuso.
* Il tentativo, giudicato maldestro, di sviare le indagini indicando un’altra persona con un tatuaggio simile.
* La mancanza di un alibi credibile in grado di scagionarlo.

Di fronte a questo quadro, la Corte d’Appello aveva ritenuto provata la responsabilità dell’imputato e congrua la pena inflitta, considerando la gravità del fatto, la spregiudicatezza dimostrata e i numerosi precedenti penali.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha ribadito che le censure relative a vizi della motivazione sono ammissibili solo se denunciano una sua totale mancanza, una manifesta illogicità o una contraddittorietà intrinseca o rispetto ad atti processuali specifici. Il ricorso, al contrario, si limitava a sollecitare una diversa comparazione dei significati delle prove, proponendo una lettura alternativa dei fatti. Questo approccio è inammissibile in sede di legittimità. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata esente da vizi logici, basata su argomenti giuridici corretti e completa nell’analisi degli elementi a carico.

Conclusioni

La dichiarazione di ricorso inammissibile ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza serve da monito: un’impugnazione, per avere successo, deve attaccare specificamente i punti deboli del ragionamento del giudice precedente, evidenziando vizi concreti e non limitandosi a una generica contestazione. La mancata specificità trasforma il ricorso in un esercizio sterile, destinato a un’inevitabile declaratoria di inammissibilità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e non conformi ai requisiti di specificità previsti dall’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale. In sostanza, non contestavano specifici vizi logici o giuridici della sentenza impugnata.

Quali prove sono state considerate decisive per la condanna nei gradi di merito?
La condanna si è basata su diversi elementi, tra cui la corrispondenza della capigliatura con le immagini di videosorveglianza, la scelta di abiti per nascondere tatuaggi identificativi, il tentativo di depistaggio e l’assenza di un alibi valido.

Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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