Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta al Furto Aggravato
L’esito di un processo penale non si conclude sempre con l’ultimo grado di giudizio. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da due soggetti condannati per furto aggravato, confermando la decisione della Corte d’Appello. Questo provvedimento offre spunti cruciali per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e i motivi per cui un ricorso può essere respinto senza nemmeno entrare nel merito.
I Fatti del Caso
Due persone venivano condannate in primo e secondo grado per il reato di furto aggravato. Non rassegnandosi alla decisione, decidevano di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a tre principali motivi di doglianza. Sostenevano, in primo luogo, che il reato dovesse essere qualificato come tentato e non consumato. In secondo luogo, lamentavano il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Infine, contestavano la sussistenza delle circostanze aggravanti ritenute dai giudici di merito.
L’Analisi della Corte e il Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha esaminato i tre motivi, ritenendoli tutti, per ragioni diverse, non meritevoli di accoglimento, giungendo a una declaratoria di inammissibilità. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza, ma si concentra sulla correttezza formale e sostanziale dei motivi di ricorso.
Primo Motivo: Furto Tentato o Consumato?
I ricorrenti sostenevano che il furto non si fosse perfezionato. La Corte ha liquidato questo motivo come inammissibile perché era una mera riproposizione di argomenti già valutati e correttamente respinti dalla Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: il furto è consumato quando il bene sottratto passa sotto il “dominio esclusivo degli agenti”, anche solo per un breve lasso di tempo. Nel caso di specie, al momento dell’intervento delle forze dell’ordine, i beni erano già nella piena disponibilità dei colpevoli.
Secondo Motivo: La Particolare Tenuità del Fatto
La richiesta di applicare la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto è stata giudicata manifestamente infondata. La Cassazione ha ricordato che il suo compito non è rivalutare i fatti, ma solo controllare la logicità della motivazione del giudice di merito. Poiché la sentenza impugnata presentava un apparato argomentativo logico e coerente nel negare la tenuità, la censura non poteva trovare spazio in sede di legittimità.
Terzo Motivo: Le Circostanze Aggravanti
Anche la contestazione sulle aggravanti è stata respinta. Per una delle aggravanti, il motivo è stato considerato manifestamente infondato. Per l’altra, invece, è stato dichiarato inammissibile perché la questione non era stata specificamente sollevata con l’atto di appello. La Corte ha precisato che non è possibile introdurre per la prima volta in Cassazione profili di censura che dovevano essere devoluti al giudice del gravame precedente.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte si fonda su principi cardine della procedura penale. Un ricorso per Cassazione non può essere una semplice ripetizione delle argomentazioni già sconfitte in appello, né può trasformare il giudice di legittimità in un terzo giudice di merito. La Corte ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non di riesaminare le prove. La genericità, la manifesta infondatezza e la novità delle censure sollevate solo in ultima istanza sono vizi che conducono inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce l’importanza di strutturare i motivi di impugnazione in modo specifico, critico e pertinente. La difesa non può limitarsi a riproporre le stesse tesi, ma deve individuare vizi specifici di violazione di legge o di motivazione nella sentenza impugnata. In assenza di tali elementi, il ricorso si espone al rischio concreto di essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie.
Quando un furto si considera “consumato” e non solo “tentato” secondo la Corte?
Il furto si considera consumato nel momento in cui il bene trafugato è già passato sotto il dominio esclusivo degli agenti (i ladri), a prescindere dal fatto che siano stati fermati subito dopo.
Perché un motivo di ricorso può essere dichiarato inammissibile se è una semplice ripetizione di quanto detto in appello?
Perché il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul fatto, ma un controllo di legittimità. Se un argomento è già stato vagliato e disatteso con corretti argomenti giuridici dal giudice precedente, riproporlo identico senza una specifica critica alla motivazione della sentenza impugnata lo rende inammissibile.
È possibile contestare per la prima volta in Cassazione una circostanza aggravante non discussa in appello?
No. La Corte ha stabilito che un motivo di ricorso è inammissibile se ha ad oggetto un profilo non devoluto con il gravame di merito. Le questioni devono essere sollevate gradualmente nei vari gradi di giudizio e non possono essere introdotte per la prima volta davanti alla Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3675 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3675 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME nato a CORIGLIANO CALABRO il 31/05/1954
NOME COGNOME nato a CASSANO ALLO IONIO il 08/05/1978
avverso la sentenza del 13/03/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Catanzaro ne ha confermato la condanna per il delitto aggravato di furto.
Ritenuto che il primo motivo, con il quale i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 624 cod. pen. in riferimento al mancato riconoscimento del reato nella forma tentata, non è deducibile in sede di legittimità in quanto riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non scanditi da specifica critica delle argomentazioni a base della sentenza impugnata, la quale ha correttamente ritenuto il reato consumato in virtù del fatto che all’arrivo degli operanti il bene trafugato era già passato sotto il dominio esclusivo degli agenti.
Ritenuto, inoltre, che il secondo motivo, con il quale i ricorrenti deducono violazione di legge e vizi di motivazione per il mancato riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, è manifestamente infondato poiché il vizio censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett e) cod. proc. pen., è quello che emerge dal contrasto dello sviluppo argomentativo della sentenza con le massime di esperienza o con le altre affermazioni contenute nel provvedimento. Invero, l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074). Nel caso di specie la motivazione della sentenza impugnata (cfr. pag. 1) non presenta alcuno dei vizi denunciati.
Rilevato, infine che il terzo motivo, con il quale i ricorrenti lamentano violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla sussistenza delle ritenute circostanze aggravanti, è manifestamente infondato in relazione alla contestata aggravante di cui all’art. 625 n.2 cod. pen., mentre non è deducibile in sede di legittimità nella parte in cui lamenta il riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 625 n.7 cod. pen., in quanto ha ad oggetto un profilo che non era stato devoluto con il gravame di merito, tale dovendosi intendere anche la generica prospettazione nelle ragioni di gravame di una censura solo successivamente illustrata in termini specifici con la proposizione del ricorso in cassazione.
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende;
P.Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 04/1 /20