Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non riesamina i fatti
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire il concetto di ricorso inammissibile e i confini del giudizio di legittimità. In questo caso, i giudici hanno respinto l’appello di un imputato condannato per furto di energia elettrica, ribadendo un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Cassazione non è un terzo grado di merito, ma un giudice della legge.
I Fatti del Caso: Il Furto di Energia a Favore di un’Attività Commerciale
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imprenditore per il reato di furto di energia elettrica. Secondo quanto accertato dai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello), l’imputato era il titolare di un’attività commerciale che veniva alimentata attraverso un allaccio abusivo alla rete elettrica. Egli era stato quindi identificato come l’esclusivo beneficiario dell’illecito, circostanza che ha fondato la sua affermazione di responsabilità penale.
La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile
L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, tentando di contestare la ricostruzione dei fatti, la valutazione delle prove a suo carico e il trattamento sanzionatorio ricevuto, inclusa la valutazione sulla sua pericolosità sociale (recidiva). Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.
I giudici hanno chiarito che le censure mosse dal ricorrente erano inammissibili perché miravano a ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda. Questo tipo di attività è riservata in via esclusiva ai giudici di primo e secondo grado. Il compito della Corte di Cassazione, nel cosiddetto ‘giudizio di legittimità’, è invece quello di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, senza poter entrare nel merito delle scelte valutative compiute.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello ‘congrua e adeguata’, nonché immune da vizi di manifesta illogicità. Secondo gli Ermellini, i giudici di merito avevano basato la loro decisione su corretti criteri di inferenza e su massime di esperienza condivisibili. Nello specifico, la Cassazione ha evidenziato come fosse stata compiutamente accertata la posizione dell’imputato quale unico beneficiario del furto di energia. Anche le valutazioni relative al riconoscimento della recidiva e al bilanciamento tra attenuanti e aggravanti sono state giudicate logiche e, pertanto, non sindacabili in sede di legittimità. La pericolosità sociale dell’imputato era stata, infatti, desunta da elementi specifici indicati nella sentenza d’appello.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda presentare un ricorso in Cassazione: non è possibile utilizzare questo strumento per contestare l’accertamento dei fatti così come ricostruito nei precedenti gradi di giudizio. Le doglianze devono concentrarsi su questioni di diritto, come la violazione di una norma o un vizio logico palese nella motivazione della sentenza. La conseguenza di un ricorso inammissibile, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure presentate dal ricorrente riguardavano la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, aspetti che rientrano nella competenza esclusiva dei giudici di merito (primo e secondo grado) e non possono essere oggetto del giudizio di legittimità della Cassazione.
Qual era l’accusa principale contro il ricorrente?
L’accusa principale era il furto di energia elettrica. I giudici hanno accertato che l’imputato era l’esclusivo beneficiario di tale furto, in quanto titolare dell’attività commerciale che veniva rifornita illecitamente di energia.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
In conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di 3.000,00 euro a titolo di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23072 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23072 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/02/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. 51)
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso sentenza recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato ascritto è inammissibile, perch contenente censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, oltre al trattamento sanzionatorio, profili del giudizio rimessi a esclusiva competenza del giudice di merito che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da censure di manifesta illogicità perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i giudici di merito hanno compiutamente accertato che il prevenuto è stato l’esclusivo beneficiario del furto di energia elettrica oggetto di contestazione, quale titolare dell’attività commercia rifornita illecitamente di energia. Quanto al riconoscimento della recidiva, l motivazione sul punto è priva di vizi logico giuridici, avendo la Corte territori specificamente indicato gli elementi da cui ha tratto l’elevata e preoccupante pericolosità sociale del prevenuto. Analogo discorso quanto alla valutazione di equivalenza delle attenuanti generiche con le plurime aggravanti contestate, secondo un giudizio non manifestamente illogico e, come tale, insindacabile in Cassazione.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 maggio 2024
Il C GLYPH iere estensor a-
Il Pnte
GLYPH