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Ricorso inammissibile per furto: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto. La decisione si fonda sul fatto che l’unico motivo di appello, relativo alla presunta mancanza di offensività della condotta, era una semplice riproposizione di argomenti già correttamente respinti dalla Corte d’Appello. Questo caso evidenzia come un ricorso inammissibile porti alla condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione Conferma la Condanna per Furto

L’ordinanza n. 7827/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi. Nel caso specifico, è stato dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato contro una condanna per furto, poiché i motivi addotti erano una semplice ripetizione di argomentazioni già esaminate e respinte in appello. Questa decisione sottolinea un principio cardine della procedura penale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da una condanna per il reato di furto, confermata dalla Corte di Appello di Firenze. In sede di appello, i giudici avevano già operato una riduzione della pena, escludendo l’aggravante della recidiva e riconoscendo la prevalenza delle attenuanti. Nonostante ciò, l’imputato ha deciso di proseguire l’iter giudiziario, presentando ricorso alla Suprema Corte di Cassazione.

L’Unico Motivo di Ricorso: La Contestazione dell’Offensività

L’imputato ha basato il suo ricorso su un unico motivo: la contestazione dell’offensività della sua condotta. In pratica, sosteneva che il suo gesto non fosse stato sufficientemente grave da ledere concretamente il bene giuridico protetto dalla norma sul furto e, pertanto, non avrebbe dovuto essere punito. Tuttavia, questa stessa argomentazione era già stata presentata e vagliata dalla Corte di Appello.

La Decisione della Cassazione sul ricorso inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte non è entrata nel merito della questione dell’offensività, ma si è fermata a un vaglio preliminare, rilevando un vizio procedurale insuperabile. La decisione ha comportato non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è stata netta e concisa. I giudici hanno stabilito che il motivo di ricorso era “meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito”. In altre parole, l’imputato non ha sollevato un vizio di legittimità della sentenza d’appello (come un’errata applicazione della legge o un vizio di motivazione), ma ha semplicemente riproposto la stessa linea difensiva già sconfitta. Il ricorso per cassazione non serve a ottenere una nuova valutazione dei fatti, ma a controllare la corretta applicazione del diritto da parte dei giudici dei gradi precedenti. Un ricorso che non rispetta questa funzione è, per definizione, inammissibile.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione di merito; è necessario individuare e argomentare specifici errori di diritto commessi dal giudice precedente. Presentare un ricorso che si limita a ripetere le stesse doglianze già respinte non solo è inutile ai fini di un possibile annullamento della sentenza, ma espone anche a significative conseguenze economiche, come la condanna al pagamento di una sanzione a favore della Cassa delle ammende. La decisione funge da monito contro la presentazione di appelli dilatori o palesemente infondati.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato era una mera ripetizione di argomentazioni già valutate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuove questioni di diritto.

Qual era l’argomento principale del ricorrente?
Il ricorrente sosteneva che la sua condotta mancasse di ‘offensività’, ovvero che non fosse abbastanza grave da costituire un reato penalmente rilevante.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma aggiuntiva di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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