Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17022 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17022 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a NAPOLI il 09/05/1966
avverso la sentenza del 17/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile; lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione, conclusioni ribadite con memoria del 28/03/2025.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 17/10/2024, per quanto qui di interesse, ha confermato la sentenza del Tribunale di Napoli del 01/03/2023 con la quale NOME è stata condannata alla pena di giustizia per i delitti alla stessa ascritti ai capi a, b, c, e d della rubrica (artt. 61 n. 2, 110, 617-quater, 617sexies, 61 n. 7, 116, 640-ter, comma primo e terzo, cod. pen).
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOMECOGNOME per mezzo del proprio difensore, articolando motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 110 cod. pen.; la Corte di appello ha erroneamente ricostruito la vicenda delittuosa ritenendo sussistente il concorso nei reati contestati; la sentenza è illegittima e va annullata.
2.2. GLYPH Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’art. 192 e 546, comma 1, lett. e), 533 cod. proc. pen. per insussistenza dei reati ritenuti in sentenza; le prove acquisite sono state erroneamente valutate, manca una effettiva risposta ai motivi di appello, non essendo stata provata la condotta di intromissione nel sistema informatico intercettato; ricorre una motivazione del tutto acritica e ripetitiva della sentenza di primo grado; la ricorrente è stata condannata solo ed esclusivamente perché titolare dei conti correnti sui quali confluivano le somme sottratte alla persona offesa.
2.3. Violazione di legge e vizio della motivazione quanto alla determinazione della pena e al giudizio di comparazione in relazione agli artt. 132, 133, 69 e 62-bis cod. pen., nonché quanto alla omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
La difesa ha depositato memoria e conclusioni in data 28/03/2025, con le quali ha ribadito le argomentazioni proposte in ricorso chiedendone l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi non consentiti, generici, oltre che manifestamente infondati.
Il primo motivo di ricorso non è consentito. In tal senso, occorre rilevare come nell’ambito dei motivi di appello non fosse stata proposta alcuna specifica censura in tema di configurazione della condotta di concorso a carico della ricorrente. Difatti, la difesa aveva sollevato censure solo in ordine alla sussistenza del fatto, contestandone la qualificazione giuridica e sostenendo l’insufficienza della piattaforma probatoria, senza alcuna considerazione in ordine alla condotta concorsuale della ricorrente, essendosi limitata la critica difensiva a sostenere come unico elemento a carico della ricorrente fosse da ritenere la confluenza delle somme di denaro sul conto corrente alla stessa intestato.
Deve conseguentemente essere rilevata l’interruzione della catena devolutiva sul punto.
Gli argomenti difensivi proposti in questa sede non risultano neanche riportati nel riepilogo dei motivi della sentenza.
Sul punto si deve anche rilevare la aspecificità dei motivi per come proposti, atteso che questa Corte ha affermato, con principio che qui si intende ribadire, che deve ritenersi privo di specificità il motivo di ricorso per cassazione che lamenti omessa motivazione in ordine ad un motivo di gravame, senza contestare specificamente la correttezza del riepilogo dei motivi di appello contenuto nella sentenza impugnata, che non abbia dato conto della formulazione del motivo asseritamente rimasto non valutato (Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270627-01; Sez. 2, n. 9028 del 05/11/2013, dep. 2014, n.m., in senso conforme di recente Sez. 2, n. 14405 del 06/03/2025, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 15882 del 20/02/2025, COGNOME n.m.; Sez. 3, n. 11830 del 13/03/2024, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 8657 del 15/02/2024, Immobile, n. m.).
Il secondo motivo non è consentito. In tal senso e in via preliminare occorre rilevare come la ricorrente abbia eccepito il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 192 cod. proc. pen.
In tal senso si deve richiamare e ribadire l’orientamento di questa Corte secondo il quale le doglianze relative alla violazione del suddetto articolo, riguardanti la valutazione delle risultanze probatorie, non
possono essere dedotte con il motivo di violazione di legge (Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, M., Rv. 274191-01; Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 271294-01; Sez. 3, n. 44901 del 17/10/2012, F., Rv. 253567-01; Sez. 6, n. 7336 del 08/01/2004, Meta, Rv. 229159-01). Di recente anche le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito detto principio, affermando che non è «consentito il motivo di ricorso con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui all’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ed in difetto di una espressa sanzione di inutilizzabilità, nullità, inammissibilità, decadenza» (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, NOME, Rv. 280027-04, in motivazione, nello stesso senso anche quanto alla lett. b) dell’art. 606 cod. proc. pen. Sez.6, n. 4119 del 30/04/2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 278196-02).
La deduzione, dunque, può essere esaminata sotto il profilo del vizio motivazionale che è chiaramente insussistente, alla luce delle argomentazioni dei giudici di merito – in presenza di una doppia decisione conforme – in larga parte obliterate dalla difesa, che in sostanza ha reiterato una doglianza di puro merito, sollecitando un sindacato sulle valutazioni effettuate ed invocando di fatto una inammissibile rilettura delle prove poste a fondamento della decisione impugnata (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01, Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217-01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, Battaglia, Rv. 275100-01).
La Corte di appello ha valutato in modo analitico e persuasivo la condotta posta in essere – ricostruendo anche la piena intenzionalità della stessa – ed ha inquadrato giuridicamente in modo corretto, con motivazione che non si presta a censure in questa sede, le condotte ascritte (in tal senso pag. 5 e 6 della sentenza di primo grado e pag. 4 e seg. della sentenza di appello, dove si è valorizzato il chiaro apporto concorsuale della ricorrente, la decisività del suo contributo, che ha
consentito l’effettiva appropriazione delle somme di denaro, in assenza di qualsiasi giustificazione o versione alternativa, con specifica analisi e considerazione della doglianza relativa al concreto accertamento della modalità con le quali si è giunti alla intrusione nel sistema informatico, con analisi puntuale della censura e considerazioni logiche ed incensurabili in ordine alla ininfluenza di tale dato, attesa la risolutività della circostanza, non contestata, dell’essere stata la comunicazione telematica effettivamente intercettata e deviata). Con tale motivazione, logica ed argomentata, del tutto priva di manifesta , illogicit à 0f – ricorrente non si confronta. Il motivo si deve, dunque, ritenere non solo non consentito perché reiterativo in mancanza di confronto effettivo con le esplicitazioni della Corte di appello, ma anche manifestamente infondato, attesa la ricostruzione effettuata in termini adeguati ed incensurabili delle condotte ascritte alla ricorrente.
4. Il terzo motivo di ricorso in tema di dosimetria della pena è del tutto generico ed aspecifico in mancanza di qualsiasi effettivo confronto con la motivazione resa dai giudici di merito in senso conforme tra loro; afferma la ricorrente che la sentenza impugnata è illegittima in tema di determinazione della pena e giudizio di comparazione ai sensi dell’art. 69 cod. pen. ed ancora che illegittima è la prognosi realizzata in ordine alla concedibilità delle circostanze attenuanti generiche, discostandosi in concreto dai minimi edittali senza motivare.
È evidente come le diverse censure siano poste in modo confuso, alternativo e in assenza di richiamo specifico al trattamento sanzionatorio irrogato alla ricorrente. Non ricorre infatti alcun bilanciamento per come contestato e la Corte di appello ha specificamente motivato non ritenendo concedibili le circostanze attenuanti generiche, condividendo la dosimetria della pena per come determinata dal giudice di primo grado, attesa la gravità delle condotte poste in essere. La Corte di appello, richiamando puntualmente la decisione di primo grado, precisando ed evidenziando gli elementi significativi posti a base della scelta sanzionatoria, ha ampiamente motivato sul punto in assenza di illogicità o aporie, non ricorrendo alcuna violazione di legge. Difatti, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicché è
inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non
sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione. (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, COGNOME
NOME, Rv. 281217-01, in motivazione). Il giudice, dunque, nel realizzare il giudizio di determinazione della pena “non è tenuto ad una
analitica enunciazione di tutti gli elementi presi in considerazione, ma può limitarsi alla sola enunciazione di quelli determinanti per la
soluzione adottata, la quale è insindacabile in sede di legittimità
qualora sia immune da vizi logici di ragionamento”. (Sez. 2, n. 36104
del 27/04/2017, COGNOME Rv. 271243; Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016,
S., Rv. 269196-01, Sez. 5, n.5582 del 30/09/2013, COGNOME Rv.
259142-01, Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, Cilia, Rv. 238851-01). La
Corte di appello ha motivato in modo persuasivo su ogni punto nuovamente dedotto in questa sede.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17/04/2025.