Ricorso Inammissibile: Quando le Frasi Offensive Portano alla Condanna
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: un appello, per essere valido, deve essere specifico e non un generico tentativo di rimettere in discussione i fatti. Il caso in esame riguarda un detenuto che ha visto il suo gravame dichiarato ricorso inammissibile, con conseguente condanna definitiva. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione per capire le ragioni giuridiche che l’hanno determinata.
I fatti all’origine della vicenda
La vicenda giudiziaria trae origine da un episodio avvenuto all’interno di un istituto di pena. Un detenuto, in procinto di uscire dalla sua camera di pernottamento, ha rivolto frasi offensive, quali «pezzo di merda fammi uscire da qui», presumibilmente a un agente di polizia penitenziaria. Il fatto è avvenuto alla presenza di altri detenuti, i quali si sono uniti alla protesta, creando un contesto di potenziale turbamento dell’ordine.
La Corte d’Appello aveva già valutato i fatti, confermando la responsabilità penale dell’individuo per il carattere chiaramente offensivo delle espressioni utilizzate in quel contesto specifico.
Le ragioni dell’impugnazione in Cassazione
L’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione lamentando vizi di motivazione e violazione di legge nella sentenza di secondo grado. Tuttavia, i giudici di legittimità hanno subito evidenziato una criticità fondamentale nell’atto di impugnazione: la sua genericità.
Dal testo del ricorso, infatti, non era possibile comprendere chiaramente quale fosse l’oggetto specifico della censura. L’appellante contestava la decisione senza specificare se il vizio risiedesse:
*   Nell’assenza del presupposto della presenza di più persone;
*   Nella natura del luogo in cui le frasi sono state pronunciate;
*   Nel carattere, a suo dire non offensivo, delle parole utilizzate.
Questa mancanza di specificità ha reso il ricorso non idoneo a superare il vaglio di ammissibilità.
Le motivazioni della Cassazione e il ricorso inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile sulla base di motivazioni chiare e consolidate. I giudici hanno sottolineato come l’impugnazione non fosse altro che un tentativo di ottenere una nuova e diversa ricostruzione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte di Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio sul merito, ma un organo che valuta la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione delle sentenze impugnate.
La Corte d’Appello aveva correttamente motivato la sua decisione, dando conto del carattere offensivo delle frasi nel contesto in cui erano state pronunciate: la presenza di altri detenuti che si univano alla protesta amplificava la portata lesiva delle parole. Pertanto, l’appello si configurava come una sterile contrapposizione alla valutazione già effettuata dal giudice di merito, senza individuare vizi giuridici concreti.
Le conclusioni: condanna definitiva e pagamento delle spese
L’esito inevitabile è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa decisione ha reso definitiva la condanna inflitta nei gradi di merito. Oltre a ciò, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. 
Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui l’accesso alla Corte di Cassazione è riservato a censure specifiche e puntuali contro vizi di legittimità, e non può essere utilizzato come un’ulteriore istanza per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti già compiuto dai giudici di merito.
 
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico. La Corte ha stabilito che l’appellante non ha specificato in modo chiaro i presunti vizi di legge o di motivazione della sentenza precedente, ma ha cercato di proporre una diversa ricostruzione dei fatti, attività non consentita in sede di Cassazione.
Quale condotta ha portato alla condanna dell’imputato?
L’imputato è stato condannato per aver pronunciato frasi offensive («pezzo di merda fammi uscire da qui») mentre si trovava in procinto di lasciare la sua cella, alla presenza di altri detenuti che si sono uniti alla protesta.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5024 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5024  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/04/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esamiNOME il ricorso di COGNOME NOME
OSSERVA
Ritenuto che il motivo con cui si deducono vizi di motivazione e violazione di legge penal e processuale in ordine alla ritenuta responsabilità, oltre che generico (il testo del ricor consente di comprendere se oggetto della censura sia la assenza del presupposto della presenza di più persone, la natura del luogo, il carattere offensivo o meno delle frasi), ri teso ad una diversa ricostruzione degli eventi correttamente svolta dalla decisione di appel che ha dato conto del carattere offensivo delle frasi («pezzo di merda fammi uscire da qui» mentre il detenuto era in procinto di dover uscire dalla camera di pernottamento ed al presenza degli altri detenuti presenti che si univano alla protesta;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dell Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 19/01/2024.