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Ricorso inammissibile per falso: quando è reiterato

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di falso. Il ricorso è stato giudicato un tentativo di ridiscutere i fatti e una mera ripetizione di motivi già respinti in appello. La Corte ha stabilito che non si può contestare in sede di legittimità la valutazione del giudice di merito sull’insussistenza del cosiddetto “falso grossolano”, se questa non è palesemente illogica. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile per falso: quando i motivi sono una mera ripetizione

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa derivare dalla semplice riproposizione di argomenti già valutati e respinti nei gradi di merito. Questo caso, riguardante una condanna per il reato di falso, sottolinea l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e pertinenti al giudizio di legittimità, evitando di trasformare l’appello in un terzo grado di giudizio sul fatto.

I fatti del processo

La vicenda processuale ha origine da una sentenza di primo grado, parzialmente riformata dalla Corte di Appello di Firenze. Quest’ultima aveva dichiarato estinto per prescrizione un reato contravvenzionale (guida in stato di ebbrezza), ma aveva confermato la condanna dell’imputato per il delitto di falso, previsto dall’art. 482 in relazione all’art. 477 del Codice Penale.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge penale in riferimento alla sua condanna per falso.

L’analisi del ricorso inammissibile da parte della Corte

La Suprema Corte ha esaminato l’unico motivo di ricorso e lo ha ritenuto palesemente infondato, dichiarandolo inammissibile. La decisione si basa su due principi fondamentali del processo penale di legittimità.

La distinzione tra giudizio di fatto e di legittimità

In primo luogo, i giudici hanno ribadito che la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Il ricorso dell’imputato, invece, si limitava a presentare ‘mere doglianze in punto di fatto’, cercando di ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità.

La reiterazione dei motivi di appello

In secondo luogo, il ricorso è stato giudicato ‘indeducibile’. Questo termine tecnico indica che i motivi proposti non erano ammissibili perché si risolvevano in una ‘pedissequa reiterazione’ di quelli già presentati davanti alla Corte di Appello. L’imputato non ha fatto altro che ripetere le stesse argomentazioni, che erano già state esaminate e puntualmente respinte dai giudici di secondo grado. Tra queste, la tesi del cosiddetto ‘falso grossolano’, secondo cui la falsificazione sarebbe stata talmente evidente da non poter ingannare nessuno. La Corte di Appello aveva già fornito una motivazione logica e non censurabile per escludere tale ipotesi, e il ricorrente non ha saputo indicare alcun vizio logico o giuridico in quella motivazione.

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione evidenziando che il ricorso non era consentito dalla legge. Le ragioni sono chiare: non si può chiedere alla Suprema Corte di riesaminare il merito di una vicenda. L’appello si fondava su argomenti già ampiamente discussi e disattesi dalla Corte di merito, la cui motivazione non risultava manifestamente illogica. Quando un ricorso si limita a ripetere le stesse doglianze, senza attaccare la coerenza logica della sentenza precedente, esso non supera il vaglio di ammissibilità.

Conclusioni

La pronuncia conferma un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legge o su manifeste illogicità della motivazione, non sulla speranza di ottenere una nuova e più favorevole valutazione dei fatti. Per evitare una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, è fondamentale che i motivi di ricorso siano specifici, nuovi rispetto a quelli già dedotti, e strettamente focalizzati sulla violazione di norme giuridiche o su vizi logici evidenti nel percorso argomentativo del giudice di merito.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è inammissibile quando si limita a contestare l’accertamento dei fatti (mere doglianze in punto di fatto) o quando reitera in modo pedissequo motivi già presentati e respinti in appello, senza individuare vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata.

Cosa si intende per ‘falso grossolano’ e perché è stato escluso in questo caso?
Per ‘falso grossolano’ si intende una falsificazione così evidente da non poter trarre in inganno nessuno. In questo caso, la Corte di Appello aveva già motivato le ragioni per cui la falsificazione non era da considerarsi tale, e la Cassazione ha ritenuto quella motivazione non manifestamente illogica e, quindi, non sindacabile in sede di legittimità.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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